La maggioranza era di 176 voti. Alla prima votazione utile, la fiducia a Pedro Sánchez è stata votata da 179 parlamentari. Il leader del Partito Socialista è dunque il nuovo primo ministro della Spagna per la terza volta consecutiva.
A quasi quattro mesi dalle elezioni generali, Madrid ha dunque un nuovo Governo, che per conformazione è simile al vecchio, ma con qualche novità: Sánchez sarà infatti alla guida di un esecutivo di minoranza che comprende, oltre al Psoe, anche Sumar, una coalizione di sinistra radicale che mette assieme Podemos e altri partiti. L’esecutivo godrà poi dell’appoggio di tutti i partiti nazionalisti e indipendentisti di Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Canarie. A votare Sì anche i sette parlamentari di Junts per Catalunya, partito indipendentista catalano guidato da Carles Puigdemont diventato una stampella fondamentale per tenere in piedi il nuovo Governo. Tant’è che nelle ultime settimane, allo scopo di trovare la maggioranza necessaria, Sánchez è stato costretto a negoziare un delicatissimo accordo con Junts che prevede fra le altre cose il varo di un disegno di legge che prevede la concessione dell’amnistia a tutti gli attivisti indipendentisti catalani che hanno partecipato all’organizzazione del referendum per l’indipendenza della Catalogna nel 2017, considerato illegale dallo stato spagnolo.
La cerimonia di insediamento si terrà nei prossimi giorni, quando il nuovo Governo sarà ufficialmente nominato da re Felipe IV.
Sánchez: “Necessario scegliere tra ultradestra e democrazia”
Martedì in un intervento durato quasi due ore, Pedro Sánchez si è rivolto al Congresso spagnolo chiedendo ai deputati di prendere una decisione: “Oggi, qui, ci tocca scegliere il cammino. O apriamo le porte all’ultradestra reazionaria o la freniamo erigendo un muro di democrazia, convivenza e tolleranza. Dobbiamo scommettere sulla convivenza per consolidare i progressi conquistati in questi quattro anni”. Riferendosi poi all’accordo con Junts, Sánchez ha detto di puntare sul “dialogo e il perdono” per aprire una nuova tappa nei rapporti con le forze indipendentiste catalane.
Il PP accusa Sánchez di corruzione e frode
Dopo le numerose proteste di piazza e le accuse rivolte al Psoe nel corso delle ultime settimane, il numero uno del Partito Popolare Alberto Núñez Feijóo ha rincarato la dose in Parlamento accusando Sánchez di “corruzione politica e frode elettorale” e di “vendere per un pugno di voti la dignità di tutti gli spagnoli”. Feijóo ha però ha riconosciuto la legittimità del governo che sta per insediarsi.
Durissima anche le accuse dalla presidente regionale di Madrid Isabel Díaz Ayuso (PP), che dopo aver insultato pesantemente il nuovo Premier lo ha accusato di aver riportato il Paese alla dittatura.
Il riassunto delle puntate precedenti
Sánchez si era dimesso a maggio a causa del cattivo risultato del suo partito alle elezioni locali e aveva convocato elezioni anticipate. Lo scorso 23 luglio, dalle urne è venuto fuori un risultato di sostanziale ingovernabilità. Ufficialmente il partito che ha ottenuto il maggior numero di voti è stato il Pp, ma immediatamente si è capito che la principale forza politica di centrodestra non avrebbe mai avuto i numeri per governare. Il leader del Partito Popolare Alberto Nuñez Feijóo poteva contare su 172 deputati: 137 del Pp, 22 dell’ultradestra di Vox e 2 appartenenti, rispettivamente, alla Coalición Canaria e all’Upn di Navarra. Per la maggioranza (pari a 176 seggi) ne mancavano altri 4 che Feijóo – ricevuta l’investitura da re Felipe – ha cercato di trovare in ogni modo, arrivando addirittura a proporre un accordo al Psoe, salvo poi doversi arrendere.
Sánchez aveva invece una base di 171 seggi certi: i 121 del suo partito, i 31 di Sumar, e i 19 complessivi ottenuti dai vari gruppi nazionalisti e separatisti catalani, baschi e galiziani. Con i 7 di Junts si arriva a 178.