Aumentano i prezzi, salgono i tassi, l’economia rallenta e si iniziano a vedere le conseguenze sui crediti deteriorati (Npl) che, da livelli storicamente bassi, sono iniziati a salire già quest’anno, ma sono visti crescere anche l’anno prossimo.
Le stime sono di Abi e Cerved che vedono nel 2023 il tasso di deterioramento del credito alle imprese (l’indicatore che esprime la percentuale dei crediti in bonis all’inizio del periodo che nel corso dell’anno diventano non performing) salire al 3,1% dal 2,2% del 2022, superando per la prima volta i valori pre-Covid che si attestavano nel 2019 a 2,9%.
Nel 2024 il picco e poi la discesa
Nel 2024 si prevede poi un ulteriore aumento che porterà l’indice a raggiungere un picco del 3,8%, il valore più alto dal 2016, mentre nel 2025 la tendenza si invertirà, con una riduzione dei nuovi crediti deteriorati che riporterà il tasso di deterioramento al 3,1%, quindi sempre su valori più alti del 2019 ma ben lontani dai massimi fatti registrare nel 2012 (7,5%).
Sono i principali risultati dell’Outlook Abi-Cerved 2023-2025, sulle stime dei flussi dei nuovi crediti deteriorati delle imprese (dati che oltre alle sofferenze includono i crediti che le banche devono classificare come inadempienze probabili o crediti scaduti).
“Inflazione elevata, orientamento restrittivo della politica monetaria e rallentamento dell’economia rischiano di portare ad una riacutizzazione dei rischi finanziari delle imprese, creando le condizioni per un aumento dei crediti deteriorati”, ha detto Giovanni Sabatini, Direttore Generale dell’Abi, aggiungendo: “Al riguardo andrebbero, ad esempio, riviste tempestivamente alcune regole europee vigenti che penalizzano la rinegoziazione dei finanziamenti bancari”.
Nel 2023 più colpito il settore industriale
Già la Banca d’Italia aveva indicato che il tasso di deterioramento dei crediti delle società non finanziarie, dopo il lieve aumento di fine 2022 (2,2% contro il 2,0% del quarto trimestre 2021), ha continuato a crescere anche nel primo trimestre del 2023 portandosi al 2,3% contro il 2,0% dello stesso periodo dello scorso anno.
Abi e Cerved stimano che nella media del 2023 gli incrementi più alti riguarderanno le micro (da 2,4% al 3,3%) e le grandi imprese (dall’1% all’1,9%), e le aziende che operano nel settore industriale (dall’1,7% al 2,8%), soprattutto di media dimensione (dallo 0,9% al 2,4%) e situate nel Sud Italia (dal 2,8% al 4,0%).
“Avevamo previsto che nel corso del 2023, a causa delle incognite derivanti dal contesto geo-politico e con la fine certa delle misure emergenziali applicate nel periodo pandemico, i crediti deteriorati delle imprese sarebbero tornati a crescere” dice Andrea Mignanelli, Amministratore Delegato di Cerved Group. “Il mercato però negli ultimi anni si è strutturato per gestire l’aumento dei volumi di Npl e sono maturate anche le politiche di gestione delle banche e degli operatori specializzat. In questa delicata fase economica, è necessario gestire gli Npl con stabilità e regole certe. Dati, algoritmi e tecnologie consentono di rendere più efficiente lo smaltimento dei crediti deteriorati, continuando a finanziare le imprese”.
I comparti che saranno più colpiti
Dopo il picco del 2024, a fine 2025 il tasso di deterioramento dei crediti si riporterà su valori simili o inferiori al 2023 in tutte le classi dimensionali di impresa. A livello settoriale la situazione è invece più eterogenea, con le costruzioni e l’agricoltura che peggioreranno la propria condizione rispetto al 2023 (rispettivamente dal 2,9% al 3,3% e dal 2,8% al 3,2%), benché le costruzioni risultino l’unico comparto a far osservare livelli più bassi del 2019 (3,3% contro il 4,0%). A livello territoriale, il Mezzogiorno è l’unica zona con un tasso di deterioramento in riduzione rispetto al 2019 (3,9% contro il 4,2% del 2019).
Le stime settoriali del tasso di deterioramento dei crediti alle imprese mostrano che tra il 2022 e il 2023 i nuovi crediti in default aumentano in tutti i comparti considerati, a partire dall’industria (dall’1,7% al 2,8%) e dall’agricoltura (dall’1,8% al 2,8%). I servizi rimangono il settore con il tasso di deterioramento più alto, pari al 3,2% (era il 2,3%), seguiti dalle costruzioni (2,9% dal 2,1%). La crescita dei tassi di default porta industria e servizi a superare i livelli pre-Covid (rispettivamente 2,3% e 2,8% nel 2019), mentre agricoltura e costruzioni rimangono al di sotto dei valori del 2019 (3,1% e 4,0% rispettivamente).
Tutte le regioni sono interessate. Al sud tasso di default più elevato
Le stime indicano per il 2023 un aumento del tasso di deterioramento del credito alle imprese in tutte le aree del Paese. Il Sud e le Isole si confermano l’area con il tasso di default più elevato, portandosi dal 2,8% del 2022 al 4%; nonostante ciò, il Mezzogiorno è l’unica zona che rimane al di sotto dei livelli pre-Covid (4,2%). Un incremento consistente dei tassi di deterioramento si registra anche nel Nord, con il Nord Est che tocca il 2,3% partendo dall’1,6% dell’anno precedente e il Nord Ovest che passa dall’1,8% al 2,6%, superando entrambi i valori del 2019 (2,4% per il Nord Ovest e 2,1% nel Nord Est). Il Centro cresce di 1 punto percentuale e passa dal 2,7% del 2022 al 3,7% del 2023.