Svolta nella trentennale disputa nella regione del Nagorno Karabakh (o Artsakh in lingua armena), zona del Caucaso meridionale all’interno del territorio dell’Azerbaigian. Dopo le operazioni iniziate 24 ore prima dalle forze militari di Baku, “operazione anti-terrorismo”, dichiarava il governo azero, di fatto la popolazione armena della regione sembra essersi arresa.
Rappresentanti dell’Azerbaigian e dei separatisti del Nagorno-Karabakh avvieranno negoziati domani nella città azera di Yevlakh. La notizia è stata riportata dall’agenzia russa Interfax, citando le autorità del Nagorno-Karabakh.
Gli armeni dell’Artsakh pronti a consegnare le armi
La comunità armena, che viveva nelle montagne del Caucaso, ha annunciato la resa e si è detta pronta a consegnare le armi e smantellare le istituzioni della loro repubblica di Artsakh.
“Siamo completamente sotto assedio e soli, persino la Madre Armenia ha abbandonato l’Artsakh in questa lotta. La tutela della vita umana dove essere la priorità”, scriveva sul suo profilo Facebook un rassegnato Artak Beglaryan, ex primo ministro de facto del Nagorno Karabakh, poco prima della resa.
Da capire ora quale sarà il destino della popolazione armena che vive nella regione del Nagorno-Karabakh. L’Azerbaigian ha una filosofia prevalente che tende a disumanizzare gli armeni, e il regime azero è stato criticato per il suo nazionalismo e la mancanza di democrazia. Gli armeni della regioni pensano così ad emigrare e abbandonare la regione per il timore di violenze e di un nuovo genocidio nei loro confronti come successe nei primi anni del novecento con gli armeni in Turchia.
Vittoria politica del presidente azero Aliyev
La resa (e la forse definitiva vittoria nel Negorno Karabakh) rappresenta una significativa vittoria strategica e politica per il presidente azero Ilham Aliyev, mentre per l’Armenia potrebbe essere un momento di umiliazione che rischia di alimentare i sentimenti irredentisti. L’operazione è stata una dimostrazione di forza da parte di Baku grazie alle notevoli disponibilità economiche che gli hanno permesso di ottenere armi di ultima generazione (tra cui droni) da Israele e Turchia.
Resa totale da parte dell’Armenia che non avuto la forza (e le disponibilità economiche di Baku) per difendere i separatisti del Nagorno-Karabakh. Proteste e manifestazioni sono scattate nella capitale Yerevan, culminate in scontri con le forze dell’ordine. I manifestanti hanno richiesto le dimissioni del primo ministro Nikol Pashinyan, accusandolo di mancanza di iniziativa nella gestione della situazione.
E un altro sconfitto dall’operazione azera sembra essere la Russia, tradizionale alleato dell’Armenia e garante teorico della pace nella regione. Mosca è rimasta, infatti, imponente di fronte all’operazione architettata da Baku, operazione simile all’invasione russa in Crimea. Solo dopo che l’azione era iniziata, il Cremlino ha fatto un appello urgente per fermare immediatamente gli spargimenti di sangue e porre fine alle ostilità.
Mosca sta esortando le parti coinvolte a tornare al rispetto degli accordi trilaterali stipulati tra Russia, Azerbaigian e Armenia per il Nagorno-Karabakh. “La cosa più importante ora è tornare immediatamente al rispetto degli accordi trilaterali firmati nel 2020-2022 – ribadisce il ministero degli Esteri russo – che stabiliscono tutte le misure per una soluzione pacifica alla questione del Nagorno-Karabakh”, si legge nella dichiarazione che sollecita entrambe le parti “a fermare le ostilità armate e a fare tutto il possibile per proteggere la popolazione del Nagorno-Karabakh e difenderne gli interessi”.
L’origine dello scontro in Nagorno Karabakh
La disputa per il Nagorno-Karabakh ha origini complesse che risalgono alla storia etnica e territoriale della regione. Nonostante una maggioranza di armeni nella zona, durante l’era sovietica, il Nagorno-Karabakh fu assegnato all’Azerbaigian, creando tensioni nazionali e territoriali. Quando l’Unione Sovietica si sciolse nel 1991, sia l’Armenia che l’Azerbaigian dichiararono l’indipendenza, innescando il conflitto per il controllo della regione.
Una guerra tra il 1988 e il 1994 vide l’Armenia prendere il controllo del Nagorno-Karabakh, ma il conflitto non fu risolto. Questa situazione è stata alimentata dalle differenze etniche (armeni contro azeri) e religiose (cristiani contro musulmani), che hanno creato tensioni tra le comunità. Gli armeni del Nagorno-Karabakh cercano l’indipendenza o l’unione con l’Armenia, mentre l’Azerbaigian rivendica il controllo sulla regione in base alle frontiere sovietiche.
La disputa è rimasta irrisolta per molti anni ed ha portato a periodiche violenze e tentativi di mediazione internazionale per trovare una soluzione pacifica. E forse oggi si è arrivata alla sua definitiva conclusione.