Gli autocrati diventano più pericolosi con l’età? Verrebbe da rispondere, dipende. La domanda un senso ce l’ha. Dipende da molti fattori, il principale però è la franchigia decisionale di un autocrate. Quanto è ampia in rapporto al contesto politico, sociale e civile che l’ha espresso e in che misura la traiettoria autocratica converge con quella della volontà generale?
Sarebbero quesiti futili se non si fossero presentati sulla scena globale due casi molto concreti.
Succede che Putin e Xi Jinping hanno 70 anni e abbiamo visto nell’ultimo torno di tempo crescere la loro aggressività nel ricercare un ruolo egemonico mondiale al loro paese che si esprime anche in forme storiche ancestrali come la ricerca di un allargamento territoriale e di un’estensione della sovranità.
Sembra che alla base della loro azione vi sia una sorta di messianismo che occorra compiere entro il proprio arco esistenziale.
Per rispondere a questa domanda vogliamo condividere le riflessioni, proprio su questo tema, di Michael Beckley, scienziato politico e autore di studi sulla Cina. Beckley ha pubblicato un lungo intervento sul “New York Times” che risolve con questo titolo la domanda del nostro post: Don’t expect Xi and Putin to age gracefully.
Quel “don’t expect” suscita una certa ansia. Ma seguiamo il suo ragionamento
Xi Jinping e Vladimir Putin: non passare alla storia come figure di transizione
Xi Jinping e Vladimir Putin hanno entrambi 70 anni. Si potrebbe tirare un sospiro di sollievo. Nei prossimi dieci anni in Cina e in Russia si potrebbero verificare dei cambiamenti di leadership tali da riportare in equilibrio le relazioni di questi paesi con l’Occidente.
È una speranza plausibile, ma per il momento esiste solo una minaccia. A un asse di leader con armi nucleari e ambizioni egemoniche non rimane più tanto tempo per realizzare il loro programma di riscrittura della mappa geopolitica globale.
Come abbiamo visto con l’avventura di Putin in Ucraina, i leader autocratici non sempre escono di scena pacificamente.
I dittatori che invecchiano diventano sempre più repressivi e aggressivi e immersi, come sono, in una bolla di potere. Circondati da sicofanti e liberatisi di ogni forma di dissenso non vogliono passare alla storia come una figura di transizione. Si tratta di una combinazione di fattori esplosivi: sicurezza di sé, determinazione e mancanza di tempo.
L’esempio di Mao
Nei primi anni al potere, Mao Zedong si era dato 50 anni per portare la Cina comunista a sopravanzare le potenze capitalistiche. Però, arrivato a 65 anni, decise di dare un’accelerazione a questa agenda con il Grande balzo in avanti del 1958, che mirava a industrializzare la Cina e invece si trasformò in una rovina. Otto anni dopo, allora 73enne, Mao lanciò un’altra grande sfida volta a perpetuare il suo potere e la sua visione, la Rivoluzione culturale. In entrambe le circostanze perirono milioni di persone e si ebbe uno sconvolgimento planetario.
Si potrebbero menzionare molti altri autocrati che hanno agito in modo aggressivo nell’ultimo quindicennio della loro vita.
Kim Il-sung, nato nel 1912, dal 1978 al 1988 è stato oltremodo bellicoso e intransigente fino a spingersi ad abbattere con un missile un aereo di linea sudcoreano.
Nell’ultimo decennio della sua vita, Stalin, uscito come un leader di statura mondiale dalla guerra, intensificò le sue iniziative di dominio interno ed estero.
Un Brezhnev, malato e cadente, dopo aver portato avanti la distensione, decise di invadere l’Afghanistan nel 1979 e dispiegare nuovi missili a testata nucleare diretti verso l’Europa occidentale. Ci volle Gorbachev per riportare in equilibrio la situazione mondiale e poi sappiamo quello che è successo.
Quando si fermano?
Gli autocrati anziani in genere non cambiano rotta se non vi sono costretti. Mao cercò un riavvicinamento con gli Stati Uniti solo dopo che il conflitto di confine con l’URSS del 1969 lo convinse della necessità dell’aiuto americano per contrastare Mosca.
Il colonnello Muammar Gheddafi ha rinunciato alle armi di distruzione di massa nel 2003 perché minacciato da un’azione militare degli Stati Uniti simile a quella in Irak.
Il generalissimo nazionalista cinese Chiang Kai-Shek ha rinunciato alla Cina continentale a causa del crescente isolamento internazionale.
L’uomo forte della Corea del Sud, Syngman Rhee, ha lasciato perdere l’idea di riconquistare l’intera penisola coreana perché abbandonato dagli americani.
Il che ci riporta al signor Xi e al signor Putin.
Invecchiare con una missione storica da ultimare
Piuttosto che rilassarsi verso il pensionamento e costruire una successione, sia Putin che Xi hanno avanzato in modo assertivo e poi aggressivo rivendicazioni territoriali, messo in atto mobilitazioni militari di massa, rafforzato i legami con regimi illiberali come la Corea del Nord e l’Iran e infine, attraverso media addomesticati, costruito il culto della loro personalità.
Dopo aver invaso l’Ucraina, Putin si è esplicitamente paragonato a Pietro il Grande, il conquistatore autoritario e modernizzatore che fondò l’Impero russo.
La propaganda comunista descrive Xi come il compimento della gloriosa trinità cinese: con Mao, la Cina si è rialzata; con Deng Xiaoping, la Cina si è arricchita; con Xi, la Cina diventerà egemone a livello mondiale.
Ridisegnare lo scacchiere internazionale
Entrambi hanno espresso chiaramente le loro ambizioni di ridisegnare la mappa dell’Eurasia. Putin sostiene che l’Ucraina non esiste come Paese indipendente e ha lasciato intendere che Mosca dovrebbe riunire il “mondo russo”, un’area che ricalca approssimativamente i vecchi confini dell’Unione Sovietica.
Le rivendicazioni della Cina includono Taiwan, la maggior parte del Mar Cinese Meridionale e del Mar Cinese Orientale e parti di territorio rivendicate anche dall’India. “Non possiamo perdere nemmeno un centimetro del territorio lasciato dai nostri antenati”, ha dichiarato Xi nel 2018.
I limiti della diplomazia
La diplomazia non ha dissuaso Putin dall’invadere l’Ucraina ed è poco probabile che modifichi i piani di Xi di ricongiungersi con Taiwan. Un esito che è visto come essenziale per realizzare “il grande ringiovanimento della nazione cinese”.
Gli autocrati revanscisti di solito non si fanno commuovere dalle belle parole. Devono essere contenuti da alleanze militari potenti e confrontati da economie solide.
La speranza di facili e rapide guerre di conquista accarezzate dagli autocrati settantenni deve mostrare il suo carattere illusorio.
Il contenimento
Durante la Guerra Fredda, il contenimento era stato concepito per ostacolare l’espansione sovietica fino a quando il declino del modello economico e politico centralista non avesse costretto Mosca a ridurre le proprie ambizioni.
Questo tipo di approccio potrebbe funzionare e potrebbe non essere necessario mezzo secolo per raggiungerlo. La Russia è già in declino, l’ascesa della Cina si è arrestata.
In entrambi i contesti i paesi confinanti e vicini hanno iniziato ad allarmarsi e a mettere da parte le rivalità per fare fronte comune contro il nuovo pericolo.
Il neocontenimento
Gli Stati Uniti e i loro alleati non hanno necessità di contenere la Russia e la Cina per sempre, ma solo fino a quando le tendenze aggressive attuali non si saranno affievolite anche con un cambio di leadership, possibile vista anche l’età degli autocrati.
I progetti egemonici dei leader attuali inizieranno ad apparire velleitari e i loro successori potrebbero voler correggere la situazione economica e strategica delle loro nazioni attraverso la moderazione geopolitica e le riforme interne.
Fino ad allora, contenere due dittatori anziani non sarà facile, ma rappresenta la migliore speranza di limitare i disagi che essi causano fino a quando non svaniranno nei libri di storia.
In questo senso la senilità aiuta. Nel 1933 Hitler aveva solo 44 anni. Nel 2023 Putin e Xi he hanno 70. Quanto potranno imperversare ancora?
. . .
Da: Michael Beckley, No One Should Want to See a Dictator Get Old, The New York Times, 15 agosto 2023
. . .
Michael Beckley è professore di scienze politiche della Tufts University, senior fellow dell’American Enterprise Institute e direttore del programma Asia del Foreign Policy Research Institute. Ha pubblicato vari volumi, l’ultimo dei quali è: Danger Zone: The Coming Conflict With China, W. W. Norton & Company, 2022.