Giorgia Meloni non interverrà alla giornata finale del Forum Ambrosetti a Cernobbio. Una diserzione non banale e che ha più di un valore simbolico. Non solo perché la premier underdog, che l’anno scorso era stata accolta con curiosità a Villa d’Este, non vuole avvicinarsi troppo all’establishment che per anni dalle file dell’opposizione ha bersagliato di attacchi ma perché la Meloni è molto abile a fiutare l’aria. E il sentiment che circola a Cernobbio dice con chiarezza, anche senza gesti eclatanti, che la festa è finita e che tra l’elite della comunità economica e finanziaria e la prima donna premier l’idillio, se mai c’è stato, è al tramonto. Meloni 2.0, cioè la versione estiva della premier dopo una iniziale adesione alla linea Draghi sulla politica di bilancio, ha riscoperto le mai dimenticate pulsioni del passato: interventismo, statalismo, populismo e diffidenza per la mercato. La stessa che oggi il mercato ha per lei.
Meloni e la goccia che ha fatto traboccare il vaso
Il rallentamento oltre il previsto dell’economia italiana nel secondo trimestre, anche se non è interamente addebitabile al Governo, ha spento la fiducia degli imprenditori, degli uomini della finanza, dei manager, che già avevano arricciato il naso di fronte alle incertezze del Governo sul nuovo Patto di stabilità e, ancor di più, sulle lentezze e gli ondeggiamenti sul Pnrr. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso e gelato i rapporti tra Meloni e l’elite economico-finanziaria italiana è un’altra ed è la grossolana extratassa sui profitti delle banche che, al di là di una generica e molto demagogica lotta alle diseguaglianze e al di là delle critiche della Bce, rivela l’ignoranza, il miope populismo e il disprezzo dell’economia di mercato che alberga nel Governo tendenza Salvini ma anche a Palazzo Chigi. Solo l’ineffabile Nicola Fratoianni e il perfido Giuseppe Conte, per non dire dell’evanescente Elly Schlein e del suo immancabile alleato, Maurizio Landini, potevano cascare nella trappola della Meloni che, per assecondare quell’elefante in cristalleria che è Salvini, si è costruita da sola un boomerang che le costerà caro sia in Italia che all’estero.
Meloni e la picconata alla credibilità dell’Italia
Perché l’improvvida mossa sulle banche, anche se non è l’unico passo falso degli ultimi mesi, cancella in un batter d’ali l’immagine di rispettabile conservatrice che nella prima parte del suo mandato la Meloni aveva cercato di rappresentare e perché è una picconata alla credibilità dell’Italia sui mercati internazionali da cui un Paese, zavorrato dall’alto debito come il nostro, inevitabilmente dipende. Più maldestra di così la Meloni, che si è assunta la piena paternità dell’extratassa, non poteva davvero essere. E allora l’assenza da Cernobbio vale più di mille parole.