E’ guerra aperta tra Giappone e Cina: il teatro della nuova battaglia è il mercato ittico.
Al Giappone proprio non va giù che la Cina abbia vietato le importazioni di prodotti ittici dopo il suo annuncio del rilascio dell’acqua radioattiva trattata dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, seppur con tutti i sistemi di sicurezza del caso.
E, dopo i tentativi diplomatici, ora il Giappone ha dichiarato ufficialmente di essere pronto a fare ricorso contro la Cina davanti all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) per chiedere l’annullamento di quel divieto. Il ministro degli Esteri giapponese, Yoshimasa Hayashi, ha detto ai giornalisti che Tokio intraprenderà “le azioni necessarie in vari modi, incluso quello previsto nel quadro dell’OMC”, mentre il ministro della Sicurezza economica, Sanae Takaichi, ha affermato che la denuncia all’OMC potrebbe diventare un’opzione se dovesse fallire la via diplomatica.
La decisione del Giappone e la reazione della Cina
Il Giappone ha iniziato giovedì a scaricare nel Pacifico le acque reflue diluite di Fukushima, pari a oltre 1,3 milioni di tonnellate (più di 500 piscine olimpiche), 12 anni dopo che il sisma/tsunami uno tsunami aveva messo fuori uso tre reattori in uno dei peggiori incidenti atomici del mondo.
Tutti gli elementi radioattivi sono stati filtrati attraverso la metodologia ALPS, tranne il trizio, i cui livelli sono entro i limiti di sicurezza e inferiori a quelli rilasciati dalle centrali nucleari durante il loro normale funzionamento, anche in Cina e Corea del Sud, secondo l’operatore della centrale Tepco. I risultati dei test sui campioni di acqua di mare e di pesce vicino all’impianto dall’inizio dello scarico lo hanno confermato, secondo i dati diffusi dalle autorità giapponesi.
La Cina, subito dopo l’annuncio giapponese ha emesso un annuncio ufficiale dell’agenzia doganale: la Cina “sospenderà completamente l’importazione di prodotti acquatici originari del Giappone”, con effetto immediato, al fine di “prevenire il rischio di contaminazione radioattiva della sicurezza alimentare”.
Da allora sono partite le proteste da parte della Cina.
Cina: dalle chiamate di protesta alle pietre contro l’ambiasciata giapponese
Aziende e strutture pubbliche giapponesi continuano a ricevere chiamate di protesta da numeri di telefono con il prefisso cinese +86 in cui si lamenta il rilascio di acqua a Fukushima. L’agenzia nazionale di polizia giapponese ha fatto sapere di aver ricevuto finora 225 segnalazioni di chiamate moleste e il governo ha affermato che sta cercando aiuto da parte delle società di telecomunicazioni per bloccare le chiamate. “È estremamente deplorevole e preoccupante il gran numero di chiamate moleste che probabilmente provengono dalla Cina”, ha dichiarato il ministro del Commercio, Yasutoshi Nishimura, durante una conferenza stampa.
Il ministro ha aggiunto che il governo sta raccogliendo informazioni sulle segnalazioni di movimenti volti a boicottare i prodotti giapponesi in Cina e lavorerà con i leader aziendali per affrontare la situazione.
Il ministro degli esteri giapponese ha anche denunciato il lancio di un mattone contro l’ambasciata nipponica a Pechino, definendo “estremamente deplorevole e preoccupante” la situazione. E ancora: “Vorremmo esortare nuovamente il governo cinese ad adottare immediatamente tutte le misure adeguate, come invitare i suoi cittadini ad agire con calma per evitare che la situazione peggiori”. Denunciate anche minacce e intimidazioni, in Cina, verso due scuole giapponesi.
Il ministro nipponico ha aggiunto che la Cina dovrebbe “fornire informazioni accurate” sul rilascio dell’acqua di Fukushima “piuttosto che sollevare inutilmente le preoccupazioni della gente fornendo dati senza alcuna base scientifica”. Sulla vicenda del lancio di pietre contro l’ambasciata giapponese, il portavoce del ministero degli Esteri cinese Wang Wenbin ha detto che Pechino “protegge sempre la sicurezza, i diritti e gli interessi legittimi degli stranieri in Cina, in conformità con la legge”. Pertanto, “esortiamo fortemente la parte nipponica ad affrontare le legittime preoccupazioni di tutte le parti, a fermare immediatamente lo scarico di acqua contaminata dal nucleare in mare, a consultarsi pienamente con i suoi vicini e le altre parti interessate e a smaltire seriamente l’acqua contaminata dal nucleare in un modo responsabile”, ha aggiunto Wang.