La distanza dalle mura dell’antica città è di soli 600 metri. La villa romana di Civita Giuliana è stata ritrovata in quell’autentica miniera di tesori che è Pompei. L’annuncio da ieri sta facendo il giro del mondo perché offre uno spaccato della vita e delle condizioni di lavoro nella città distrutta dall’eruzione del Vesuvio. Con la tecnica dei calchi è stato ricostruito l’arredo di una stanza assegnata agli schiavi. Si tratta dell’ennesimo ritrovamento risalente a 2 mila anni fa. La tecnica, usata ancora una volta, viene adoperata solo nell’area archeologica di Pompei. Fu impiegata per la prima volta da Giuseppe Fiorelli nel 1863 : si butta del gesso nel vuoto lasciato dalla cenere eruttiva e si ottengono le forme di ciò che è sepolto.
La stanza degli schiavi somiglia ad una fotografia che “denuncia una situazione di precarietà e subalternità”
Materiali quali mobili e tessuti e corpi di vittime dell’eruzione del 79 d.C., sono stati coperti dalla nube piroclastica, trasformatasi successivamente in terreno solido. Nel vuoto del terreno con il riempimento di gesso, si è giunti ad una ricostruzione fedele della nuova stanza. E’ stata denominata “ambiente A”, ed è diversa da quella nota come ambiente “C”, ricostruita a novembre 2021. Rispetto alla precedente, gli archeologi hanno stabilito che nella Civita Giuliana ci fosse anche una certa gerarchia tra la servitù e questo in virtù della struttura dei letti: confortevoli o meno. Un nuovo tassello di un lavoro che va avanti da tempo e con una sequenza straordinaria di ritrovamenti.
“Siamo impegnati a continuare le ricerche e progettare la fruizione di un luogo che, come nessun altro del mondo antico, racconta la quotidianità degli ultimi” ha detto Gabriel Zuchtriegel direttore del Parco Archeologico di Pompei. L’esplorazione della villa di Civita Giuliana è iniziata nel 2017 con una collaborazione tra il Parco Archeologico, la Procura della Repubblica di Torre Annunziata e i Carabinieri. Prima la zona era stata visitata da tombaroli e persone interessate al commercio clandestino di reperti. Ma nemmeno a pensarlo, anche i proprietari della villa, 2 mila anni fa si preoccupavano di tenere la proprietà sotto sorveglianza. “Sappiamo – ha aggiunto Zuchtriegel – che i proprietari usavano diversi privilegi, tra cui anche la possibilità di formare una famiglia, seppure senza alcuna tutela legale, per legare alcuni schiavi più strettamente alla villa, anche con la finalità di averli come alleati nel sorvegliare gli altri. Ma quello che emerge qui, è la struttura sociale della servitù che doveva impedire fughe e forme di resistenza“.
Oltre ai letti, nell’ambiente scavato ci sono anche due armadi, conservati parzialmente come calchi, anfore, vasi di ceramica ed attrezzi in ferro. L’ambiente e la vicinanza al mare permettevano ai proprietari delle ville di coltivare ortaggi, farine e uve.
Pompei patrimonio dell’Umanità
Gli scavi proseguono e la vigilanza dell’area esterna aumenterà ancora. Pompei è patrimonio dell’Umanità e nel giorno di Ferragosto, nonostante l’afa e i 38 gradi, è stato il secondo sito più visitato in Italia dopo il Colosseo. Anche l’amministrazione comunale che gode della presenza di turisti da tutto il mondo, sta sostenendo le prossime tappe del progetto. Pochi giorni fa è stato annunciata la realizzazione di un portale turistico del comune. Ma la “visita al sito deve essere sempre una esperienza diversa e unica” ha detto il direttore del parco il 5 agosto. Quel giorno all’interno del grande Anfiteatro c’erano il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, quello dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il titolare dell’Interno Matteo Piantedosi Presentavano il logo (in verità non bello) per la candidatura della ‘Cucina Italiana’ a patrimonio immateriale dell’umanità all’Unesco. La loro esperienza diversa all’interno parco, però, ha risentito di molta autocelebrazione e compiacimento senza che ce ne fosse bisogno, per un disegno che mescola Giuseppe Verdi con la pizza, i monumenti e i pomodorini . “È il sistema nazione” ha detto Sangiuliano. Booh ?