La rotta è segnata, ora il lavoro passa ai timonieri. In un mare in cui transitano 100.000 navi mercantili generando emissioni a effetto serra generate che pesano per circa il 3% occorre trovare soluzioni per contenere fino ad azzerare le emissioni di CO2.
Eni, in collaborazione con le associazioni degli Armatori Assarmatori e Confitarma, ha presentato un documento che rappresenta la rotta in questa direzione: “La rotta verso il net zero. Insieme per decarbonizzare il settore marittimo” a cui hanno contribuito tre delle più grandi aziende produttrici di motori navali (Wärtsilä, WinGD e MAN Energy Solutions), oltre a Unem, Federchimica/Assogasliquidi, Assocostieri e RINA, che ha supervisionato il lavoro di 40 esperti che dal marzo scorso hanno lavorato congiuntamente per arrivare a una strategia comune.
Il progetto ha definito un documento di orientamento strategico, a partire dall’analisi dell’evoluzione tecnologica dei motori e dalla disponibilità, anche in termini di infrastrutture, di vettori energetici a ridotta intensità carbonica.
Ci vogliono tempi diversi e diverse strategie
“Gli armatori sono in prima linea per la decarbonizzazione del trasporto marittimo, pronti a fare quanto in loro potere in quest’ottica”, hanno detto Mario Mattioli, Presidente di Confitarma, e Stefano Messina, Presidente di Assarmatori.
Il settore necessita di soluzioni di breve, medio e lungo termine, compatibili con le dinamiche economiche, per contenere fino ad azzerare le emissioni di CO2 e consentire agli armatori di rispondere adeguatamente ai target fissati dalla Commissione europea, nonché agli obblighi definiti a livello internazionale dall’IMO (International Marine Organization) e da altri ulteriori adempimenti. Il naviglio mondiale ha un’età media di poco sotto i 22 anni e, a seconda della tipologia di attività, ha tempi di sostituzione molto diversi. D’altra parte anche i vettori energetici disponibili sono molteplici: HVO, FAME, GPL, GNL e le sue soluzioni bio e rinnovabili, metanolo, ammoniaca, carburanti sintetici e idrogeno. Tuttavia essi presentano applicazioni e prospettive diverse, condizionate dalla disponibilità di materie prime e dalle infrastrutture esistenti o in via di realizzazione.
“Saranno gli sviluppi industriali e tecnologici a dire quali vettori e alimentazioni prenderanno più piede, certo è che saranno diversi e scelti in base all’utilizzo“, secondo Ugo Salerno, Ceo di Rina. “In futuro useremo diverse tecnologie sulla base degli impieghi delle navi. Ad esempio, potremo pensare ai combustibili sintetici, formati da CO2 e idrogeno, ma questo oggi in Italia è impensabile perché il costo di produzione in Italia è sette volte quello nella Penisola Araba. Abbiamo lavorato alla fattibilità di una pipeline che porterà 2 milioni e mezzo di tonnellate di idrogeno da lì all’Italia con un costo molto competitivo. Dovremo seguire lo sviluppo dell’industria dei combustibili low carbon, che permetteranno di utilizzare le navi esistenti”, ha affermato Ugo Salerno, Ceo di Rina. L’ammoniaca è il modo per portare l’energia dell’idrogeno a bordo, ma serviranno equipaggi e impianti in condizione di minimizzare i rischi, in primo luogo la tossicità”, ha aggiunto Salerno.
Le emissioni del settore marittimo pesano per il 3% del totale
Nel mondo, ogni giorno, più di 100.000 navi mercantili trasportano 12 miliardi di tonnellate di merce all’anno. Il settore marittimo è oggi la spina dorsale dell’economia globale: il 90% delle merci è trasportato via acqua e si stima che le emissioni ad effetto serra generate pesino per circa il 3% (sul totale mondiale delle emissioni climalteranti). A livello europeo il trasporto marittimo muove circa il 75% del commercio extra-europeo e il 36% dell’intra-EU.
Intanto crescono gli ordini di navi bi-fuel
Nell’incertezza tra le varie strategie da adottare gli armatori nell’ultimo anno hanno puntato sulle navi a doppia alimentazione, le bifuel, che utilizzano vettori green liquidi o gassosi, ammoniaca, idrogeno e metanolo, ammoniaca e idrogeno e che rappresenta nel breve-medio termine una soluzione già disponibile. “Gli ordini di navi bifuel stanno crescendo sia in numero sia per tonnellaggio” dice Messina. I produttori di motori sono pronti per realizzare soluzioni ad hoc per le diverse tipologie di combustibile.
Partiranno casi pilota. Tre i filoni
L’idea è di iniziare a realizzare dei casi pilota che consentirebbero di soddisfare i target europei e di garantire la competitività. “Da domani partono tre filoni” ha detto Maurizio Maugeri, Head Energy Evolution e Sustainable B2B Coordination di Eni, nel corso dell’evento. “La prima consiste in una sperimentazione HVO per crociere, traghetti e crociere. Il secondo filone riguarderà la cattura di CO2. Il terzo obiettivo è mettere in piedi un’infrastruttura logistica di metanolo”.
“Eni crede molto in questo progetto, esempio inclusivo di collaborazione tra tutti gli attori del settore, che per noi rappresenta solo un primo passo sia per promuovere soluzioni già mature come i biofuels che sperimentare soluzioni più di lungo termine” ha detto Giuseppe Ricci, Direttore Generale Energy Evolution di Eni. “Il settore marittimo è fondamentale per la competitività dell’Italia e anche per sperimentare la neutralità tecnologica attraverso l’adozione di numerose soluzioni per favorire una transizione equa, secondo le tre dimensioni: ambientale, economica e sociale.
Non solo mare: ci vuole la sinergia con i porti
“Quando si parla di combustibili alternativi è fondamentale il contributo dell’industria di terra per l’individuazione del fuel, per la sua produzione e infine per lo stoccaggio nei porti, la distribuzione e la messa a bordo della nave” hanno aggiunto Mattioli e Messina. “Su questo ci aspettiamo molto anche per rispettare le stringenti normative nazionali, comunitarie e internazionali in materia di sostenibilità ambientale”.
Mattioli: non servono tasse bensì incentivi
Tuttavia la meta è ancora lontana e il percorso accidentato. “Siamo abbastanza lontani dal traguardo della transizione del trasporto marittimo. Molti pensano che la transizione non voglia essere fatta perché costosa” ha detto ancora Mattioli. “La tassa che punisce l’utilizzo di carburanti fossili è impensabile se non esiste un’alternativa a questi combustibili. Inoltre, l’ETS europeo (il sistema di scambio delle quote di emissione, ndr) è in conflitto con quello che tutte le altre Nazioni del mondo hanno firmato. La tassa peserà 7 miliardi in tre anni sullo shipping e genererà altre tasse regionali”. Servirebbero invece meccanismi di incentivazione per favorire le tecnologie e i carburanti sostenibili, oltre a aumentare la disponibilità delle fonti energetiche, secondo Mattioli.
“La flotta attuale continuerà a navigare nei prossimi anni per un periodo medio lungo. Pensiamo che il biocombustibile sia la soluzione per abbattere le emissioni senza comportare stravolgimenti tecnici e mantenendo la capacità degli attuali componenti tecnici. Ha trovato già una collocazione nella normativa europea, ma non avviene in ambito IMO. Questo sta penalizzando particolarmente l’Italia. Paesi come Francia e Germania si sono già mossi”, ha aggiunto Messina.