Non ci sono dubbi sul fatto che l’Asia guiderà la crescita economica mondiale nei prossimi anni. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che le economie emergenti e in via di sviluppo della regione crescerano del 5,3% nel 2023: Cina e India da sole contribuiranno per più della metà alla crescita globale quest’anno.
Il settore dei servizi gioca un ruolo fondamenta per tutta l’area asiatica e le catene di produzione e fornitura globali mostrano di aver superato le criticità legate alla pandemia, anche grazie alle consistenti riconfigurazioni di cui sono state oggetto.
Sarà l’India a trainare la crescita
Se i numeri rivelano una crescita generalizzata dell’Asia, è senza dubbio l’India ad attirare l’attenzione di analisti ed imprenditori, sia per le peculiari dinamiche di innovazione interna, sia per il contesto geo-politico internazionale. La recente decisione di Apple di spostare dalla Cina all’India la produzione di iPhone per un valore di 7 miliardi di dollari è un segnale inequivocabile.
Alcuni semplici dati aiutano a comprendere bene perché sia sempre più New Delhi a suscitare l’interesse degli investitori internazionali che, nel 2023, complice la presidenza indiana del G20, possono osservarne le capacità diplomatiche e organizzative, oltre a testare la qualità delle sue innovazioni.
Il paese, che già oggi è la quinta economia la mondo, con un PIL nel 2022 pari a 2.995 miliardi di euro, diventerà la terza economia del pianeta entro il 2027, arrivando a superare Giappone e Germania.
Tutto ciò non sorprende se si considera che l’India fa registrare una fra le più importanti crescite del PIL al mondo: un tasso medio del 5,5% nell’ultimo decennio e dell’8,9% tra aprile 2021 e marzo 2022 (l’ultimo anno fiscale di cui si dispongono dati defintivi), con una previsione dell’Ufficio Statistico Nazionale vicina al 7% per l’anno fiscale ‘22-‘23.
Le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale pubblicate lo scorso gennaio stimano una crescita del PIL indiano del 6.1% nel 2023 e del 6,8% nel 2024.
Demografia e innovazioni i punti di forza dell’India
Sicuramente, parte della sua forza attuale deriva dalla popolazione: circa 1 miliardo e 400 milioni di abitanti, di cui più della metà ha oggi meno di 30 anni e solo il 6,7% più di 65, secondo i dati di Index Mundi.
Il “dividendo demografico”, che indica una combinazione di tasso di fertilità in calo e popolazione in età lavorativa in crescita, favorirà il Paese fino al 2055, rendendolo particolarmente interessante sia per la capacità di alimentare la crescita economica, sia per la costruzione di una base di consumatori sempre più ampia.
Demografia ma non solo: l’India si mostra alla frontiera dell’innovazione in molti ambiti. Dai servizi ad alto valore aggiunto all’e-commerce e ai pagamenti digitali sviluppati da numerose start up vincenti. Basti pensare che a settembre 2022 erano 107 gli “unicorni” indiani, per un valore di 340,7 miliardi di dollari. Tra i più conosciuti: Ola (nel settore mobilità), Paytm (per i pagamenti online), Flipkart, Shopclues e Bigbasket (nelle vendite on line), Zomato (per le consegne a domicilio), OYO (per l’ospitalità).
L’avanzatissima digitalizzazione dell’India ha rappresentato una spinta senza precedenti alla sua trasformazione economica e finanziaria. In particolare, l’accesso a internet ha prodotto profondi cambiamenti nella vita quotidiana delle persone e delle imprese e il paese, grazie a una popolazione giovanissima, può contare su oltre un miliardo di potenziali utilizzatori di servizi digitali.
L’abbattimento dei costi e i progressi delle infrastrutture di rete, in particolare quelle della telefonia mobile, hanno consentito la progressiva inclusione finanziaria di individui che vivono in aree scarsamente collegate con i grandi centri urbani. Secondo il Ministero dell’Elettronica e dell’Information Technology, nel 2025 l’incidenza dell’economia digitale sul Pil indiano arriverà al 18-23% (era l’8% nel 2018). Il programma governativo Digital India ha fornito a un’ampia fascia della popolazione un’identità digitale, un conto corrente bancario e l’accesso a sistemi di pagamento on-line. In questo quadro, sono stati lanciati nuovi metodi e strumenti di pagamento come l’Unified Payments Interface (UPI), oltre a portafogli elettronici e applicazioni finanziarie per telefoni cellulari, consentendo la diffusione delle finanza digitale anche nelle zone rurali e più remote del Paese. L’UPI è un sistema di pagamento in tempo reale sviluppato dal National Payments Corporation of India per facilitare le transazione bancarie, sia fra privati sia in ambito business, attraverso l’utilizzo dei telefoni cellulari, aperto all’uso del pubblico nel 2016. Il Governo indiano mira a una sua diffusione a livello internazionale, avendolo inserito fra le best practices da esportare anche nell’agenda G20.
I dati, anche in questo caso, sono molto significativi: il volume delle transazioni finanziarie digitali in India è cresciuto a un tasso medio annuo di circa il 50% negli ultimi cinque anni. Parallelamente è aumentato di circa il 160% annuo l’ultizzo di UPI, ormai imprescindibile per individui e imprese.
Le fragilità di un Paese in crescita
Non mancano ovviamente alcune fragilità di un Paese vastissimo e non ancora modernizzato in diversi suoi ambiti. Il tasso di disoccupazione è piuttosto elevato, nel post pandemia: in aumento al 7,45% a febbraio 2023 dal 7,14% di gennaio 2023, portando il totale dei disoccupati nel Paese a 33 milioni.
Permangono disuguaglianze importanti fra diverse classi sociali ed aree del paese in termini di accesso a servizi di base, istruzione, reddito procapite. Il 10% e l’1% della popolazione più ricca detengono rispettivamente il 57% e il 22% del reddito nazionale, mentre il 50% più povero meno del 13% (con un reddito procapite di 2.000 euro PPP).
Procedure amministrative a volte particolarmente complesse e infrastrutture e logistica ancora inadeguate (soprattutto in talune aree del Paese), pongono l’India al 63esimo posto della classifica della Word Bank “Ease of doing business”.
A tutto ciò, il Governo sta cercando di porre rimedio con piani ambiziosi e ingenti risorse. Lo sviluppo manifatturiero, ad esempio, viene fortemente promosso, anche per qualificare le produzioni interne e renderle maggiormente competitive sui mercati internazionali. Fra i primi provvedimenti dell’era Modi vi è stato il lancio, il 25 settembre 2014, del programma Make in India, per creare e incoraggiare le aziende a sviluppare, produrre e assemblare prodotti in India e incentivare investimenti stranieri nella produzione. Più di recente, nell’ambito del programma Samarth Udyog, il Ministero dell’industria pesante e delle imprese pubbliche, ha creato cinque centri di competenza, pubblico-privati, con l’obiettivo di favorire la digitalizzazione delle piccole e medie imprese e incrementare la competitività della manifattura indiana, in un’ottica di industria 4.0.
Investitori globali sempre più interessati all’India
Indubbiamente, gli investitori globali mostrano sempre più interesse per il paese, considerando le opportunità che si presentano in diversi settori, fra i quali quello della transizione energetica (che nel 2021 ha attratto il maggior numero di progetti internazionali) o dei servizi dalla elevata digitalizzazione ed alto tasso di innovazione (tra cui ricerca e sviluppo).
Secondo l’ultimo rapporto sugli investimenti mondiali dell’UNCTAD, l’India nel 2021 è stato il settimo paese al mondo per flussi di investimenti diretti esteri, con 45 miliardi di dollari. Nonostante un calo del 26% rispetto all’anno precedente, in India sono stati annunciati 108 nuovi progetti con finanziamenti internazionali, a fronte della media di 20 all’anno negli ultimi 10 anni. Il maggior numero di iniziative, 23, riguarda il settore delle energie rinnovabili e, fra quelli di maggiori dimensioni, vi sono la costruzione di una centrale siderurgica e cementizia per 13,5 miliardi di dollari e un nuovo impianto di produzione di automobili per 2,4 miliardi di dollari. Particolarmente importante è poi il dato sugli investimenti greenfield nel settore della ricerca e sviluppo: se questi si concentrano nelle economie avanzate, con Canada, Regno Unito e Spagna tra i principali destinatari, l’India attrae quasi metà di quelli verso i paesi in via di sviluppo.
Sul fronte del commercio internazionale, l’India è un’economia relativamente chiusa, con una quota di mercato sull’export mondiale del 3,1% nel 2022. Tuttavia, il Paese ha concluso accordi di libero scambio con Emirati Arabi Uniti e Australia, in attesa di finalizzare quelli con Gran Bretagna e Canada. Sono poi in corso ampi negoziati con l’Unione Europea per regolare un’area di grande interesse, considerando che l’Europa è il terzo partner commerciale dell’India, dopo gli Stati Uniti e la Cina, e la seconda destinazione delle esportazioni indiane dopo gli USA.
Nella cornice dei rapporti Europa-India, riferimento ideale per agire verso e con un Paese così vasto e complesso come l’India, si inseriscono poi le relazioni bilaterali con l’Italia.
L’incontro tra la Premier Meloni e il Primo Ministro Modi
L’incontro fra il Primo Ministro indiano Narendra Modi e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, avvenuto nel corso della visita ufficiale di quest’ultima a New Delhi il 2 marzo 2023, è stato l’occasione per sancire l’elevazione delle relazioni bilaterali fra i due Paesi a livello di Partenariato strategico.
Si tratta dello sbocco naturale di un percorso avviato da anni, che ha preso una prima forma con il Piano d’Azione 2020-2024 per un partenariato rafforzato, con cui si sono individuati i pilastri per l’ampliamento della cooperazione fra i due Paesi, inclusa quella industriale. A fine 2021, è seguito il lancio della Partnership strategica nel settore della Transizione Energetica, in occasione dell’incontro fra il Premier Modi e il Primo Ministro Draghi al margine del G20 di Roma.
L’Italia ha inoltre aderito alle principali iniziative internazionali guidate dall’India, tra le quali l’Indian Ocean Rim Association (IORA), l’International Solar Alliance e la Coalizione for Disaster Resilient Infrastructure (CDRI).
Il Partenariato con l’India è divenuto particolarmente ampio includendo lotta all’estremismo, contrasto al terrorismo, cooperazione nei settori dell’economia, della cultura, del turismo, del commercio e degli investimenti, collaborazione nella scienza, tecnologia e istruzione, cooperazione spaziale, sicurezza informatica.
Le 700 aziende italiane che investono in India
Attualmente, sono circa 700 le aziende italiane che investono in India, di cui più di 300 hanno stabilimenti produttivi, con un’occupazione stimata di circa 50.000 unità. Oltre ai grandi nomi dell’imprenditoria italiana, presenti in tutto il mondo, ci sono anche aziende meno conosciute al grande pubblico ma che hanno trovato in India una dimensione adatta per crescere.
Sul fronte del commercio, sono molte le opportunità da cogliere, anche perché si stima che già oggi vi sia un bacino – in crescita – di più di 100 milioni di consumatori potenzialmente pronti per beni italiani. Al momento (dati relativi a gennaio 2023), l’Italia è il 25° paese fornitore per l’India e il 14° mercato di destinazione dell’export indiano e si attesta ormai da anni come terzo/quarto partner commerciale dell’India fra i paesi europei. I principali beni del nostro export sono: macchinari, sostanze e prodotti chimici, metalli di base e prodotti in metallo, mezzi di trasporto, articoli in gomma e materie plastiche. L’interscambio ha raggiunto livelli record, raddoppiando in quasi due anni. Nel 2022, esso è stato di 14,9 mld euro, con una crescita del 42% rispetto al 2021, che già aveva fatto registrare un record di 10,5 mld euro, ben oltre i livelli pre-covid. Le importazioni italiane dall’India, pari a 10,1 miliardi di euro, rappresentano la componente principale del flusso commerciale bilaterale, con una variazione percentuale del +52,4% rispetto all’anno precedente. In crescita anche le esportazioni verso l’India (4,8 mld euro), con un +24,2% rispetto al 2021. Si è infine assistito a un incremento degli investimenti produttivi nelle due direzioni, a testimonianza di una forte complementarietà fra le economie italiana e indiana.
Si aprono, nel prossimo futuro, nuovi spazi e opportunità per le imprese italiane in India, sia per quelle più grandi e strutturate sia per le piccole e medie imprese, di cui anche da parte indiana si riconosce la grande capacità innovativa. Transizione energetica, connettività, mobilità sostenibile, difesa e manifattura avanzata appaiono gli ambiti maggiormente promettenti. Il Sistema Italia in India – Ambasciata, Consolati, ITA-Agenzia, Sace, Simest, Camera di Commercio italo indiana – è pronto a favorire questo processo.
°°° Francesca Spigarelli è professoressa ordinaria di Economia Applicata all’Università di Macerata
°°° Francesco Varriale è Capo Ufficio Economia e Innovazione dell’Ambasciata italiana a Delhi