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La ricetta di Pasqua: Turciniuna, l’antico piatto ragusano che celebrava la fine del digiuno con le campane del Sabato Santo

La preparazione a base di interiora di Agnello e formaggio ragusano avvolti nella retina. Un piatto che ha i sapori veraci del mondo contadino, di antichi riti e tradizioni della gente delle campagne. Al suono delle campane il segnale che si poteva “cammarare”

La ricetta di Pasqua: Turciniuna, l’antico piatto ragusano che celebrava la fine del digiuno con le campane del Sabato Santo

Secondo tradizione si mangiano il Sabato Santo a pranzo. Ma gli anziani ricordano che i loro nonni anticamente li mangiavano, il sabato sera, quando si scioglievano le campane, legate dopo la messa in Cena Domini del Giovedì Santo, di modo che non suonassero nemmeno al soffiare impetuoso del vento, per onorare la morte di Gesù, il cui suono annunciava a tutti i fedeli  la resurrezione di Cristo.

Quel suono gioioso a festa era il segnale che si poteva “cammarare”, ovvero dopo il periodo di digiuno si potevano mangiare carne o grassi. E protagonista di questo momento gastronomico che riuniva tutte le famiglie in quel di Ragusa erano i Turciniuna. Non c’è tavola in Sicilia in cui per Pasqua non sia presente l’agnello, cotto al forno, in tegame, alla brace, “abbuttunatu”, “aggrassatu” e tanti altri modi ancora, ma i Turciniuna , un piatto per stomaci forti, portano con sé i sapori veraci del mondo contadino, di antichi riti e tradizioni della gente delle campagne.  Composti dalle interiora dell’agnello (cuore, polmoni, rognoni e fegato) i “turciniuna” che letteralmente vuol dire “attorcigliati”, che ricordano nel complesso le stigghiola palermitane, anche se naturalmente si distinguono per il contenuto e il modo di cottura, richiedono una lunga preparazione. Si incomincia di giovedì quando viene macellato l’agnello. Poi gli intestini vengono puliti e si lasciano a macerare col prezzemolo, sale, cipolla, pepe e spezie. Alcuni aggiungono del vino, preferibilmente bianco. Con le interiora, avvolte nella coratella (calia o retina) si fanno degli involtini con il cacio (rigorosamente Ragusano) che in seguito di sabato vengono infornati nel forno a legna o alla brace.  Un piatto, insomma, che viene dalla storia e che oggi viene sempre più raramente sulle tavole e rischia di scomparire.

La tradizione di uccidere l’agnello a Pasqua è legata prima di tutto alla festività religiosa ebraica. Gli Ebrei erano soliti mangiare l’agnello durante il Pesach, festività che coincide con la  Pasqua cristiana per  celebrare la notte in cui Dio liberò gli Ebrei dall’Egitto uccidendo i primogeniti di tutte quelle famiglie le cui case non erano state segnate con il sangue di un agnello sacrificato.

Tutt’altre le ragioni del consumo della carne d’agnello per la tradizione cristiana. L’agnello, per la religione cristiana è il simbolo di sacrificio per eccellenza si riferisce a Gesù Cristo nel suo ruolo di vittima sacrificale per la redenzione dei peccati dell’umanità. Giovanni Battista accoglie Gesù con queste parole: “Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”, mettendo in evidenza il ruolo sacrificale per la redenzione dell’umanità. E l’agnello viene visto come simbolo di purezza, innocenza ma anche fragilità. Dunque, per i cristiani mangiare l’agnello a Pasqua era un modo per riproporre il sacrificio del figlio di Dio fatto uomo. Addirittura, secondo una antichissima credenza Gesù nell’ultima cena avrebbe consumato seguendo la tradizione ebraica carne d’agnello ma nel 2005 Benedetto XVI ha negato questa tesi facendo chiarezza e contraddicendo credenze plurisecolari. C’è da aggiungere che negli ultimi anni, si è sviluppata una crescente consapevolezza alimentare per le sofferenze cui vanno incontro i piccoli agnelli sottratti a 20 giorni dalle loro madri e le loro condizioni di trasporto e macellazione.

La ricetta dei “Turciniuna” dei monti iblei

Ingredienti:

1,5 Kg tra Fegato, Polmone, Cuore di Agnello

gr. 500 di Retina (calia) e Trippa di Agnello

Cipolle novelle

Cacio cavallo ragusano

Prezzemolo

Erbe aromatiche

Peperoncino

Vino bianco

Procedimento:

Lavare accuratamente le interiora, strofinandole con sale e limone. Tagliare la retina in quadrati di 10 cm per lato e la trippa in misura di poco inferiore.

Tagliare a pezzetti il fegato, il polmone, il cuore, e salare il tutto. Tagliare il cacio cavallo a striscioline

Procedere ora a strati sovrapponendo trippa, fegato, polmone, il cacio cavallo, la cipolla, il prezzemolo, chiudendo il tutto a mo’ di involtino con la retina.

Versare l’olio in un tegame e adagiare i turciniuni su un letto di cipolla affettata. Coprire il tutto con il resto delle cipolle. Irrorare di vino bianco

Salare e cuocere. La cottura può essere effettuata sia sul fuoco che nel forno.

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