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Bond, cosa sono le obbligazioni AT1 che hanno scatenato il panico sui mercati? Il caso di Credit Suisse e la mossa di Unicredit

Vediamo nel dettaglio cosa sono esattamente i bond AT1 e perché hanno provocato tanto rumore sui mercati, e soprattutto perché adesso

Bond, cosa sono le obbligazioni AT1 che hanno scatenato il panico sui mercati? Il caso di Credit Suisse e la mossa di Unicredit

Da strumenti sconosciuti a protagonisti assoluti. Si tratta delle obbligazioni AT1, che nell’ambito del salvataggio di Credit Suisse sono stati azzerati per un valore di oltre 16 miliardi di euro. L’ordine è partito dall’autorità svizzera di regolamentazione finanziaria Finma e ha scatenato non poche polemiche da parte degli investitori, dato che ha sovvertito la regola secondo cui, in caso di fallimento, sono gli azionisti a sostenere per primi le perdite dell’azienda rispetto agli obbligazionisti. Questo ha creato un precedente e anche spaventato gli investitori per le loro partecipazioni al debito AT1 di altre banche. Ma cosa sono esattamente?

Cosa sono gli AT1 in parole semplici

Le obbligazioni AT 1 (Additional Tier-1 Bond) sono obbligazioni ibride convertibili emesse dalle banche commerciali e dagli istituti di credito privato. Tali banche utilizzano questi bond per inserirle nel bilancio come fondi propri di base: una sorta di cuscinetto per assorbire eventuali perdite. 

Sono state create dopo la crisi finanziaria globale del 2007-2009 per evitare la necessità di salvataggi di banche finanziati dal Governo. Allora il salvataggio del sistema fu a carico della collettività per evitare che molte banche come Lehman Brothers fallissero tutte insieme.

Come funzionano le obbligazioni AT1?

Non hanno scadenza (sono perpetui con possibilità di rimborso anticipato) e hanno lo scopo di assorbire le perdite senza incidere sull’operatività dell’entità. Quando non ci sono problemi nei conti il loro funzionamento è simile a quello delle obbligazioni: agli acquirenti si paga un interesse su credito e li si rimborsa alla scadenza. Quando le cose invece vanno male e vengono raggiunti punti di innesco, come il capitale di una banca che scende al di sotto di determinati livelli relativi alle attività, le obbligazioni si convertono in azioni, riducendo appunto il debito dell’emittente e assorbendo le perdite.

Che rischio presentano?

Questi bond presentano gli stessi rischi di qualsiasi emissione a reddito fisso, ossia il rischio di tasso di interesse e il rischio emittente. Ma uno dei principali rischi è, come abbiamo visto, il rischio di mancato rimborso. Sebbene tale debito subordinato offra una maggiore redditività, questa si ottiene a fronte di una perdita di capacità di riscossione in caso di estinzione e successiva liquidazione dell’ente (essendo il pagamento subordinato in ordine di priorità rispetto ai creditori ordinari).

Che rendimento offrono le obbligazioni AT1?

Le obbligazioni AT1 , offrono un rendimento più elevato, dal 4% al 10%, non tanto in funzione della qualità creditizia della banca quanto piuttosto dal livello di subordinazione di tali titoli nella struttura di capitale dell’emittente. Difatti, i bond AT1 prevedono una priorità inferiore rispetto al debito senior, il che offre spazi per una cedola più elevata rispetto a quest’ultimi.

Come funziona la dotazione di capitale di una banca?

Dato il loro ruolo centrale, le banche sono sottoposte a una forte regolamentazione che prevede anche norme sulla quantità di denaro da accantonare – essenzialmente denaro raccolto dagli azionisti e da altri investitori, oltre a qualsiasi profitto trattenuto – per fungere da ammortizzatore nei periodi di “stress”.

Secondo le regole, rafforzate dalla crisi finanziaria del 2008, le banche detengono diversi livelli di capitale suddivisi in fasce. In cima c’è il capitale Common Equity Tier 1, che è la fonte principale di finanziamento delle banche e proviene dal patrimonio netto e dagli utili non distribuiti.

Lo strato successivo è il capitale AT1. Al di sotto di queste obbligazioni si trova il capitale di secondo livello, che può includere il debito subordinato, ovvero obbligazioni che si collocano dietro al debito senior e ai depositanti ordinari.

Perché quelle del Credit Suisse sono state spazzate via?

Come menzionato sopra le autorità svizzere hanno deciso di azzerare tutti gli AT1 emessi da Credit Suisse prima di affidarla alla rivale Ubs. Allo stesso tempo hanno deciso di “salvare” gli azionisti del colosso elvetico – tra cui soprattutto i sauditi e i soci del Qatar – compensandoli con 0,72 franchi svizzeri ad azione. Tuttavia, la scelta ha creato precedente dato che sovverte le gerarchie degli strumenti finanziari europei.

Secondo la direttiva sulle risoluzioni bancarie Brrd (Banking Recovery and Resolution Directive), che regolamenta le crisi bancarie e quindi anche il cosiddetto bail-in (“salvataggio interno”), tra i prodotti “aggrediti” al primo posto ci sono le azioni. Solo se questo non basta si erode il valore degli AT1, poi dei bond Tier2 (o AT2), poi degli altri titoli subordinati e solo se tutto questo non basta si toccano i depositi dei clienti, per la parte eccedente i 100.000 euro per depositante.

Nel caso dell’acquisizione del Credit Suisse, la Finma ha dichiarato che l’operazione avrebbe innescato una “svalutazione completa” del valore di tutte le obbligazioni AT1 della banca, il che significa che gli obbligazionisti avrebbero perso comunque tutto il loro investimento.

Obbligazioni At1: la mossa di Unicredit

Un altro colpo di scena è arrivato in Germania, dove lo scorso giovedì la banca Deutsche Pfandbriefbank ha annunciato che non eserciterà l’opzione “call” prevista ad aprile su un bond AT1 da 300 milioni. Stessa strada che percorrerà Aareal Bank. Questo ha spaventato i mercati e ha scatenato una svendita di altri debiti bancari, mentre gli investitori si affannano a valutare se lo stesso potrebbe accadere per le loro partecipazioni al debito AT1 di altre banche, in un mercato che vale più di 275 miliardi di dollari con emittenti europei che rappresentano oltre l’80% del mercato totale.

Tra i prossimi alla scadenza ci sono quelli di Unicredit. Il gruppo bancario sarebbe invece intenzionato a richiamare il prestito perpetuo collocato a maggio 2017 alla prima finestra utile che scatterebbe il 3 giugno. Ma prima di muoversi il gruppo bancario guidato da Andrea Orcel ha chiesto lumi alla Bce. Una mossa che segnala l’intenzione della banca di rispettare la prassi di mercato e che trasmette un chiaro segno di fiducia ai mercati ed anche a risparmiatori e clienti.

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