Etica ed economia costituiscono i contrassegni distintivi e qualificanti di un legame indissolubile, la cui consapevolezza si è manifestata in modo incontrovertibile, fin dal secolo decimo ottavo, attraverso i due principali esiti scientifici di colui che è considerato il padre nobile dell’economia classica: l’illuminista scozzese Adam Smith, autore della celebre opera “Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni”, temporalmente preceduta dall’altra, forse meno nota, “Teoria dei sentimenti morali”.
Un legame, che si è perpetuato, passando attraverso epoche storiche, caratterizzate da orientamenti di politica economica anche totalmente antitetici, ma che in realtà non hanno mai posto in discussione la sua solidità.
L’ennesima conferma della robustezza di questo legame è emersa nel corso di un dibattito svoltosi la scorsa settimana presso l’Università di Tor Vergata di Roma, nell’ambito del momento conclusivo della settima edizione del Master Anticorruzione di secondo livello.
Dibattito sul ruolo della mission dell’organizzazione aziendale nel contrasto alla corruzione
Chiamati a riflettere sul significato e sul valore del “Ruolo della mission dell’organizzazione aziendale nel contrasto alla corruzione”, i diversi relatori ne hanno offerto una lettura coerente con il primato di quel legame, pur partendo da specifici punti di osservazione ben distanti tra loro.
Ad esempio, Giuseppe Busia, Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, ha inserito le proprie considerazioni di Authority preposta alla lotta al fenomeno corruttivo nello scenario di un patto sociale di una società civile complessa, ricordando, tra l’altro, sia quanto la mission di un’azienda si rivela strumento essenziale per realizzarne gli obiettivi , risultandone esaltati i profili di vision aziendale, condivisione e di selezione delle priorità; sia, ove risulti governata da regole di indirizzo anticorruttivo, come vengono posti in evidenza il loro valore sociale e la funzione di potente motore di innovazione, indispensabile nell’ ambito di una crescita socio – economica virtuosa.
Anche per Gianluca Trequattrini, Responsabile per l’etica e la prevenzione della corruzione della Banca d’Italia, l’operato della nostra Banca Centrale, la cui genesi è paradossalmente avvolta in un caso eclatante di corruzione dell’ultima parte del secolo decimo nono (lo scandalo della Banca Romana) si ispira a un paradigma in cui il legame etica – economia informa di sé i diversi aspetti funzionali: dall’individuazione di eventuali criticità in chiave corruttiva, al loro contrasto e conseguente mitigazione. Tra le misure concrete adottate a tal fine dalla Banca D’Italia, che recentemente ha rinnovato un Piano Triennale Anticorruzione, spiccano, certamente, la rotazione di un’aliquota del personale (lo scorso anno ne è stata toccata una porzione pari al 6% del personale complessivo) e l’intensificazione di un processo formativo, marcatamente orientato ad accrescere la sensibilità dei propri dipendenti su questo versante.
Dal canto suo Francesca Palisi, Responsabile del Servizio Consulenza Legale e Tributaria dell’Associazione Bancaria Italiana, partendo dal principio della sana e prudente gestione ribadita nelle linee guida operative dell’Associazione, ha sottolineato come in Italia, nella cornice di una “compliance non cosmetica”, le imprese creditizie hanno sviluppato al proprio interno efficaci sistemi di rilevazione e mitigazione del rischio corruttivo, che ne testimoniano fattualmente , ormai da tempo, il loro fermo impegno su questo fronte.
Dopo le voci delle Istituzioni e dell’Associazione di Categoria Bancaria, il dibattito è stato arricchito dalle considerazioni di due esponenti imprenditoriali di rilievo nazionale ed internazionale. Il primo, Ercole Pietro Pellicanò, accanto a un passato di esperienze apicali nei settori dell’industria e dei servizi, vanta un presente che al prestigioso riconoscimento di Cavaliere del Lavoro delle Repubblica Italiana, assomma l’incarico di Presidente dell’Associazione Nazionale per lo Studio dei Problemi del Credito e la titolarità di uno studio professionale di consulenza imprenditoriale strategica. Dalla sua testimonianza, corroborata da alcuni esempi derivanti dalla poliedrica esperienza professionale maturata sul campo, è emersa la conferma, sia di come la corruzione rappresenta il granellino costantemente pronto a minacciare il regolare funzionamento della macchina aziendale, provocandone un deleterio inceppamento; sia, conseguentemente, di come il management aziendale debba essere sempre vigile nell’intervenire tempestivamente a contrastare il rischio corruttivo, evitando un suo temibile allargamento a macchia d’olio.
Quanto a Nicola Allocca, Presidente del Tavolo Anticorruzione dell’OCSE e Responsabile Risk Compliance & Quality di Autostrade per l’Italia, il suo intervento si è sviluppato su un duplice piano. Da in lato, ha ricordato il forte impegno maturato a livello internazionale per contrastare il rischio corruttivo con misure efficaci, quale il rinnovato impegno dell’OCSE formalizzato nel 2021, a fronte di un impatto sociale europeo della corruzione stimato in oltre 900 miliardi euro di risorse sottratte a impieghi virtuosi. Dall’altro, attingendo alla propria esperienza professionale diretta, ha mostrato come in due realtà italiane del panorama imprenditoriale è stato possibile istituire una “no corruption area”, coinvolgendo i dipendenti nello sfidante obiettivo aziendale della “zero corruption”.
E in questa ottica di obiettivi aziendali sfidanti giova, infine, ricordare le parole pronunciate, a conclusione del dibattito, da Emiliano Di Carlo, Direttore del Master Anticorruzione. “Una mission aziendale coerente con il principio guida dell’interesse primario dell’azienda è un modo pratico per introdurre l’etica della governance, essendo l’efficace attuazione di tali misure, una forma coerente per implementare l’etica in azienda. L’interesse primario considera l’azienda come un’entità, distinta rispetto ai suoi stakeholders e orientata al bene comune“.