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Tim, Labriola chiede nuove regole subito: “Così il settore Tlc non ha tre anni davanti e il 5G è a rischio”

Nuovo affondo dell’Ad di Tim Pietro Labriola. “In Europa troppi operatori e regole pensate vent’anni fa. Il mondo è cambiato”

Tim, Labriola chiede nuove regole subito: “Così il settore Tlc non ha tre anni davanti e il 5G è a rischio”

Meno operatori e nuove regole per il settore Tlc. Pietro Labriola, amministratore delegato di Tim, torna alla carica sulla necessità di consolidamento del settore delle Tlc e soprattutto sulla necessità di normative in grado di recepire un mondo completamente cambiato rispetto a quello di venti e più anni fa, quando furono concepite. Non è la prima volta, ma è vero che questa volte le parole di Labriola sono particolarmente incisive e arrivano come pietre: ”C’è un tema di consolidamento e c’è un tema di cambio delle regole, che deve essere rapido. Il nostro settore non ha tre anni davanti se non si interviene subito”. Ecco allora il nocciolo della questione, così come il manager lo ha inquadrato intervenendo ad un convegno in memoria di Franco Morganti organizzato dall’International Institute Of Communications italiano, dedicato alle telecomunicazioni nella trasformazione digitale.

Tlc Labriola: troppi operatori, così non abbiamo tre anni di vita e non ci sarà il 5G

Parlando del settore, Pietro Labriola ha detto: “Oggi abbiamo 5 reti mobili e se facciamo la somma degli investimenti confrontandola con i ricavi non viene fuori un soggetto profittevole. Questo ci porta a pensare che in Italia 5 reti mobili non ci stanno. E con questi limiti elettromagnetici, non avremo neanche il 5G. Sarei tentato di restituire le frequenze 5G, per cui abbiamo speso 1,7 miliardi di euro a fine anno, perché se ho difficoltà a utilizzarle a pieno, su questo prezzo mi sono dovuto finanziare sul mercato, pagando il 7% di interessi. Il che vuol dire che sono quasi 100 milioni di euro all’anno”. 

Tlc: il settore è di fronte ad una tempesta perfetta

Il settore delle telecomunicazioni “si trova di fronte a una tempesta perfetta”. Cosa vuol dire? Che “si trova sotto pressione sui costi, i prezzi e il capex”. Inoltre, opera in uno dei mercati “più regolamentati al mondo” aveva detto il manager Tim pochi giorni fa intervenendo al Mobile world congress di Barcellona, appuntamento-chiave per il settore a livello globale. In questo contesto, dove i prezzi dei servizi mobili sono scesi in Europa del 16% in 10 anni e in Italia del 32%, “il quadro regolatorio europeo prende come riferimento un mondo di 20 anni fa – che non c’è più – e quindi deve evolversi” aveva chiarito, sottolineando che “le regole devono aiutare o facilitare un consolidamento. È l’unico modo per avere un futuro”, perché in Europa ci sono 120 operatori mobili (5 in Italia), negli Stati Uniti 3, in Cina 3, in Brasile 3 e così in Europa “non si può fare economia di scala”.

Tim: “La societarizzazione, ha senso anche senza debito”

“Il delayering ha senso anche senza debito”, sostiene dunque Pietro Labriola che ha ribadito al convegno romano quanto aveva sostenuto nei giorni scorsi, in conference call con gli analisti, nel presentare i conti Tim 2022. “È anacronistico definirci ancora oggi incumbent, se pensiamo che abbiamo quote di mercato intorno al 20% in città come Torino, Bologna e Genova”, ha fatto notare l’Ad, sottolineando che”’il modello di operatore integrato verticalmente è obsoleto poiché non si adatta alle sfide attuali del mercato. La strada per la creazione del valore passa attraverso la separazione di infrastrutture e servizi. È arrivato il momento di adottare un modello coraggioso di business basato sul delayering, fin qui mai sperimentato’.

Per spiegare meglio il concetto, Labriola ha usato una metafora. “Immaginiamo di essere un’impresa manifatturiera, di volerne gestire il conto economico tenendo conto dei diversi business su cui opera: le biciclette elettriche, gli yacht di lusso e le motrici di treni ad alta velocita’. Tutte le attività – ha proseguito Labriola – confluiscono in un unico conto economico e diventa impossibile la gestione. Quello che succede con le biciclette elettriche e’ la creazione di un mercato che sta diventando sempre più una commodity, esattamente come il mercato consumer della telefonia fissa e mobile in Europa, a differenza di Stati Uniti, Sud America e Asia dove operano pochi operatori. Il segmento dei grandi clienti invece e’ molto piu’ simile alla produzione di yacht di lusso, e poi abbiamo l’infrastruttura che a che fare con modelli di business molto più simili a quelli delle costruzioni delle motrici dei treni ultraveloci. Una qualunque azienda che si occupasse di quei tre business, se li avesse all’interno dello stesso conto economico, avrebbe difficoltà nella valutazione della generazione di cassa e di quella che sia la più corretta allocazione del capitale”.

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La rete e la difficile partita della separazione da Tim

Proprio sulla preparazione della rete da Tim, tuttavia, la partita sembra essersi incagliata. Al momento l’unica offerta realmente presentata è quella del fondo Usa KKR che però non convince il Tesoro. E Cdp, in attesa di un chiarimento politico all’interno del governo, ha le mani legate. Un’offerta di CdP per la rete di Telecom Italia “non dipende solo da noi. Dobbiamo chiarire anche aspetti tecnici e quindi valuteremo e faremo il possibile per poterlo fare”. Così ha detto Francesco Mele, amministratore delegato di CdP Equity, giovedì a margine di un convegno a Milano, lasciando intendere che la Cassa nulla può se Meloni e Giorgetti non scelgono quale strada percorrere.

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