“Il nuovo Global Methane Tracker 2023 mostra che sono stati compiuti alcuni progressi, ma le emissioni sono ancora troppo elevate e non diminuiscono abbastanza velocemente, eppure la riduzione di queste emissioni di metano è tra le opzioni più economiche per limitare il riscaldamento globale a breve termine. Non ci sono scuse”, ha sostenuto Fatih Birol, direttore esecutivo dell’AIE, secondo cui “l’esplosione del gasdotto Nord Stream lo scorso anno ha rilasciato un’enorme quantità di metano nell’atmosfera. Ma le normali operazioni di petrolio e gas in tutto il mondo rilasciano ogni giorno la stessa quantità di metano dell’esplosione del Nord Stream”.
Il metano è responsabile di circa il 30% dell’aumento delle temperature globali dalla rivoluzione industriale ad oggi e riduzioni rapide e sostenute delle emissioni di metano sono fondamentali per limitare il riscaldamento globale a breve termine e per migliorare la qualità dell’aria.
Aie: tutti i dati sulle emissioni di metano, come ridurle?
L’AIE – Agenzia Internazionale dell’Energia, l’organizzazione intergovernativa che lavora per garantire energia affidabile, accessibile e pulita per i suoi paesi membri e comprende la maggior parte delle principali economie mondiali – ha aggiornato il 21 febbraio i dati di monitoraggio sull’andamento delle emissioni di metano e delle loro conseguenze.
Il settore energetico – petrolio, gas naturale, carbone e bioenergia – rappresenta quasi il 40% delle emissioni di metano derivanti dall’attività umana. Quasi 135 milioni di tonnellate di emissioni di metano nel 2022, leggermente in aumento rispetto al 2021 ed appena sotto al dato del 2019. Troppo poco. Troppo tardi. Tanto più visti i costi crescenti ed il valore strategico di queste risorse.
Secondo tutte le stime, le analisi e le evidenze scientifiche, è possibile ridurre fino al 70% delle emissioni di metano da combustibili fossili con la tecnologia esistente. Ed il 75% può essere ridotto con l’implementazione di misure ben note: il rilevamento certo ed affidabile delle perdite e l’attuazione di programmi di riparazione, nonché l’aggiornamento delle apparecchiature che presentano perdite.
Le buone notizie sono poche: le emissioni da perdite molto grandi rilevate finora via satellite sono diminuite di quasi il 10% rispetto ai livelli rilevati nel 2021 e stime preliminari indicano che c’è stata anche una riduzione del flaring di gas naturale a livello globale.
È aumentato il numero di Paesi che hanno preso l’impegno a ridurre le emissioni e quelli che hanno aderito cumulano il 55% delle emissioni. Pochi però hanno implementato misure davvero efficaci: l’UE è alla vigilia di una regolamento che non appare molto stringente, gli Stati Uniti, da Paese esportatore, hanno invece adottato misure stringenti nell’ambito dell’Inflation Reduction Act, e stanno provando ad estendere a tutti i Paesi esportatori l’impegno sui target di riduzione.
Anche la misurabilità delle emissioni è migliorata e la parte del leone la fanno la crescita di tecnologie e reti di rilevazione, sia sul campo che top-down: dall’IMEO all’AIE, possiamo poi contare su una rete di satelliti assai vasta e crescente (GHGSat , EnMAP, Carbon Mapper, SBG, CHIME ed EMIT e MethaneSAT) che mira a fornire immagini sempre più dettagliate e ad alta risoluzione per aree di alta priorità.
Sulla stessa linea dell’AIE si colloca il grande impegno di grandi Ong mondiali come Environmental Defense Fund che propone 4 passi facili: 1) rafforzare il monitoraggio e la rendicontazione, 2) tappare le perdite 3) eliminare flaring e sfiati 4) limitare le emissioni dalle importazioni.
I 5 paradossi rilevati dall’AIE
Tra i paradossi rilevati dal report dell’’AIE qualche dato esemplare:
- L’enorme rilascio di metano prodotto dalle esplosioni del gasdotto Nord Stream è pari al metano “sprecato” ogni giorno, con sfiati e combustione in torcia (“flaring”) in atmosfera non in situazioni d’emergenza.
- La dispersione di un gas con effetto climalterante più forte, ancorché meno durevole della CO2 , è pari a circa 260 miliardi di metri cubi (bcm) di metano ogni anno.
- Tre quarti di questo (200 miliardi) potrebbero essere conservati e immessi sul mercato utilizzando politiche e tecnologie collaudate.
- Il metano catturato o recuperato ammonterebbe a più delle importazioni annuali totali di gas dalla Russia dell’Unione Europea prima dell’invasione dell’Ucraina. Sicurezza energetica e riduzione risparmio delle emissioni di metano sono strettamente legate.
- Con l’attuale andamento dei prezzi dei carburanti fossili e con la corsa alla diversificazione basterebbe una frazione minima degli introiti delle compagnie del settore per raggiungere gli obiettivi globali.
Le proposte dell’Agenzia Internazionale dell’Energia
L’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) non s’è limitata a denunciare, ma ha presentato un vasto kit di proposte volontarie, politiche e tecnologiche. L’UNEP, gli accordi globali a ridosso delle verie COP, come il Global Methane Pledge, aggregano moltissimi paesi e c’è anche un vasto network volontario tra produttori (Oil and Gas Climate Initiative 2.0) che punta ai vantaggi ambientali ed economici, ambientali e di sicurezza. Eppure il metano, come problema ed opportunità, “viaggia ancora troppo al di sotto dei radar”, ed emerge appena (mentre dovrebbe essere centrale) tra gli obiettivi politici e nei nuovi accordi di approvvigionamento e produzione, nel Mediterraneo ed in Medio Oriente.
Come è stato ricordato in Algeria: “Eni e Sonatrach identificheranno opportunità per la riduzione delle emissioni di gas serra e di gas metano, definiranno iniziative di efficienza energetica, sviluppo di rinnovabili, produzione di idrogeno verde e progetti di cattura e stoccaggio di anidride carbonica, a supporto della sicurezza energetica e allo stesso tempo per una transizione energetica sostenibile”.
L’Italia può se lo vuole essere anche hub di sicurezza e stabilità nel Maditerraneo, collaborando coi suoi partner a ridurre emissioni costose e perniciose.