Glisenti lascia dopo il successo della gestione della sezione italiana dell’Expo a Dubai del 2020 durante la quale era stato realizzato un Padiglione diverso da tutti gli altri, dove la nostra storia trimillenaria, l’arte, la scienza e la cultura si riversavano sulla genialità e il Made in Italy. E l’emblema di tutto veniva visivamente rappresentato dalla prima riproduzione mai fatta in 3D del David di Michelangelo, con la statua riprodotta nelle identiche dimensioni e forme d’origine. Un capolavoro dell’ingegno italiano alle radici delle nostre capacità nell’industria, nel design, nel turismo, nella moda e nella biodiversità che le autorità emiratine hanno chiesto di donare perché possa essere esposto nel grande sito di Expo destinato ad accogliere milioni di turisti e convegnisti.
A rappresentare questo successo basti un particolare: a Dubai sono comparsi a metà esposizione cartelloni pubblicitari giganteschi nelle zone più visibili dell’emirato con la riproduzione del David e la scritta “Ancora non sei andato a visitare l’Expo?”.
Una strepitosa réclame supplementare, con perenne fila di visitatori (oltre 1 milione e 600 mila) all’ingresso della scala mobile, nel piazzale antistante dove ogni giorno si esibivano complessi musicali e, soprattutto, nell’arena notturna con recital settimanali dei nostri grandi artisti. Sei mesi ininterrotti di “tutto esaurito”: 5000 eventi ai quali hanno partecipato Capi di Stato e di Governo e ministri di molti paesi, atleti olimpici medagliati e sportivi di fama, manager, tantissima gente che all’uscita teneva a ringraziare e complimentarsi – “sono orgoglioso di essere italiano!” – con le decine
di ragazzi universitari volontari che accompagnavano frotte di visitatori, spiegando ogni cosa in tutte le lingue del mondo.
Quasi inevitabile, finita l’Expo, che il presidente del Consiglio Mario Draghi nominasse Paolo Glisenti Commissario anche per l’Expo giapponese del ‘25. Il nostro rappresentante aveva già riallacciato rapporti unici e delicati, riuscendo tra l’altro a ottenere per il prossimo Padiglione Italia una posizione privilegiata, vicino all’ingresso e ai ristoranti sul mare.
Ma le cose sono precipitate in poco tempo: i nuovi governanti hanno cominciato a adottare una politica di chiusura e scarsa collaborazione col Commissariato, frenate inspiegabili e ostacoli puerili che ostacolavano pratiche e decisioni che hanno nei ritardi (mancano poco più di due anni al via della prossima esposizione universale) il nemico principale. Glisenti non se l’è sentita di prolungare le incertezze di una gestione zoppicante e, soprattutto per il bene delle istituzioni, ha preferito lasciare campo libero. E si è dimesso.
Vedremo chi prenderà il suo posto, quali esperienze, quali credenziali specifiche (oltre alla vicinanza con qualche partito della maggioranza) potrà esibire. Chiunque sia, rappresenterà un momento di caduta di questo modo di governare. Abbiamo indotto alle dimissioni l’unico manager che poteva vantare l’assegnazione a Milano dell’Expo 2015, la conduzione eccellente del Padiglione a Dubai e l’impostazione delicatissima di Osaka ‘25. Un ennesimo, brutto segnale per la candidatura di Roma all’Expo2030. Poniamo il caso che l’organizzazione venga assegnata alla Città Eterna: con quale faccia avvieremo contatti e rapporti se fosse chiaro a tutti i paesi del mondo che la regia di tutto può essere stravolta perché è cambiato il Governo?