Aumenta la stretta europea sui prodotti petroliferi russi con il rischio di ripercussioni sui prezzi di diesel e benzina. Il 5 febbraio 2023 scatterà l’embargo all’importazione dei prodotti petroliferi lavorati (come il diesel) dalla Russia. Un ulteriore embargo che fa seguito a quello alle importazioni di greggio via mare del 5 dicembre stabilito nell’ottavo pacchetto di sanzioni. Un altro colpo agli affari di Putin che rischierebbe di perdere intorno ai 160 milioni di euro di ricavi al giorno.
Embargo diesel russo: quanto se ne importa e cosa può succedere
L’Europa si appresta a sospendere l’importazione di prodotti raffinati russi, circa 1 milione di barili al giorno, metà dei quali di “petrolio dolce” ad alto potere calorifico (un tipo di petrolio chiamato così se contiene meno dello 0,5% di zolfo, rispetto a un livello più alto di zolfo nel petrolio grezzo acido).
Le conseguenze dell’embargo, però, rischiano di colpire i cittadini europei che vedono il pericolo di un nuovo aumento del prezzo del diesel.
L’Europa sta promuovendo la transizione energetica verso carburanti verdi e da tempo ha sottoposto le attività di raffinazione a vincoli ambientali stringenti. La capacità di raffinazione si è così ridotta per orientarsi verso politiche più green. Questo ha, però, portato ad una dipendenza dal gasolio estero.
Il diesel, però, è ancora un prodotto vitale per l’economia europea che serve per alimentare automobili, camion, navi, industria, agricoltura. Nell’Unione Europe la domanda di diesel si attesta intorno ai 6 e 7 milioni di barili al giorno: l’embargo ai prodotti russi porterebbe ad un calo del 7-8% dell’offerta. Un limite che rischiano di pagare i consumatori con nuovi aumenti dei prezzi del diesel con tutte le conseguenze correlate su trasporti e prezzi dei beni scambiati nell’Ue. Intanto, in Italia, il prezzo del diesel ha raggiunto 1,9 euro a litro nelle stazioni di servizio con il rischio di un balzo oltre i 2 euro a litro.
Embargo diesel russo: Italia è protetta ma rischia l’impatto della domanda europea
Dopo l’approvazione dell’ottavo pacchetto di sanzioni alla Russia, l’Europa è corsa ai ripari acquistando prodotti raffinati dall’India, dal Medio Oriente e dalla Cina ma a un costo maggiore.
L’Italia ha una posizione favorevole: ha già interrotto la sua dipendenza dalle importazioni russe con la soluzione del caso Priolo. Siamo quindi coperti dalle conseguenze dirette dell’embargo ai prodotti russi. Inoltre, L’italia ha ancora a disposizione 13 raffinerie e per la raffinazione è sufficientemente autonoma: il consumo interno di prodotti raffinati è pari a 55 milioni di tonnellate a fronte di quasi 71 tonnellate raffinate in loco (con una capacità teorica che può arrivare a 88 milioni di tonnellate).
Il rischio maggiore per il Paese potrebbe arrivare dall’estero per la maggior richiesta in arrivo da altri Paesi europei più esposti di noi. La Germania, per esempio, dipende al 30% dal gasolio russo e potrebbe orientarsi verso l’Italia per colmare il divario, aumentando la richiesta di prodotti raffinati e creando in questo modo qualche difficoltà alla disponibilità sul mercato interno.
Difficile dire come reagiranno i mercati e i Paesi Ue all’embargo dei prodotti raffinati russi: dal 5 febbraio si capirà meglio il quadro.
Oltre all’embargo anche il price cap al petrolio russo
I paesi del G7 e l’Unione europea, nei precedenti mesi, hanno anche fissato un price cap al petrolio russo importato via mare: potrà essere scambiato solo ad un prezzo inferiore a 60 dollari. Il tetto viene applicato alle vendite verso i paesi terzi. In pratica le società europee non possono fare transazioni verso paesi terzi a un prezzo superiore al tetto attraverso le compagnie di assicurazione e di servizi finanziari.
Il vantaggio economico per gli acquirenti viene stimati in un risparmio annuale di 160 miliardi di dollari per le 50 maggiori economie emergenti, dall’Africa all’Asia secondo un’analisi del Tesoro degli Stati Uniti.
Il price cap ha come obiettivo di colpire le entrate della Russia senza destabilizzare il mercato. Secondo gli accordi previsti, il tetto al petrolio russo va rivisto periodicamente e dovrà essere almeno del 5% inferiore al prezzo medio di mercato del greggio russo. Nel corso del fine settimana è previsto un nuovo round delle discussioni Ue sui nuovi tetti e embarghi proprio in vista della scadenza del 5 gennaio prossimo.