Si raffredda in serata l’entusiasmo dei mercati finanziari per una Fed (forse) meno aggressiva a dicembre e una Cina (forse) meno repressiva nella lotta al Covid. I listini europei chiudono poco mossi la seduta odierna, frenati nel pomeriggio dall’andamento debole di Wall Street
Piazza Affari sale dello 0,31% (24.685 punti base), trovando un equilibrio tra il rimbalzo di Telecom (+3,69%) e le perdite di banche e titoli petroliferi. Sono cautamente positive anche Madrid +0,55%, Francoforte lo 0,64% e Parigi +0,23%. Brilla Amsterdam, +1,026% (grazie alla presenza di molti titoli tech), mentre Londra arretra dello 0,17%, appesantita anche dal rafforzarsi della sterlina.
In rally la carta italiana, spread a picco
I titoli di Stato chiudono una seduta in rally. In particolare la carta italiana trova linfa nella possibilità di banche centrali più caute e i rendimenti scendono. Lo spread tra Btp 10 anni e Bund di pari durata arretra a 177 punti base (-10,54%), con tassi rispettivamente a +3,7% e +1,93%.
Wall Street in rosso: si teme la recessione?
La borsa di New York, dopo i guadagni della vigilia e un cauto avvio nella giornata di oggi, si muove ora in calo. È incolore il Nasdaq, più sensibile ai tassi, mentre scendono i rendimenti dei titoli di Stato, anche se resta l’inversione della curva tra titoli a breve e a lungo, un andamento che di solito anticipa una fase recessiva.
Da un lato si guarda dunque alla probabilità che la banca centrale Usa e quella europea moderino il ritmo dei loro rialzi del costo del denaro, passando a 50 punti base nella prossima riunione, dall’altro però si teme un ottimismo eccessivo dei mercati e si fa strada il timore di una recessione incombente e questo pone interrogativi sulla durata di questa fase effervescente, dopo due mesi di guadagni.
A dar man forte a questa visione sono oggi dati macroeconomici Usa deludenti. In particolare l’Ism manifatturiero – indice che misura la performance del settore manifatturiero negli Stati Uniti – è calato a novembre a 49 punti, finendo in contrazione dopo 29 mesi consecutivi in espansione (sopra i 50 punti). Il settore delle costruzioni ha registrato un ribasso a ottobre, il quarto negli ultimi cinque mesi, e peggiore delle attese.
L’inflazione però rallenta e sembra confermare i “progressi” fatti sin qui, per usare le parole di Jerome Powell. Il dato Pce, tenuto in gran conto dalla Federal Reserve, a ottobre, è cresciuto del 6% rispetto a un anno prima, scendendo dal +6,3% di settembre (rivisto dall’iniziale +6,2%), con la componente “core” del dato, depurata dagli elementi volatili, cresciuta del 5%, in linea con le attese, dopo il +5,2% di settembre (rivisto dall’iniziale +5,1%).
Dopo l’intervento di ieri del presidente della banca centrale nordamericana ora i mercati stanno scontando tassi terminali sui fondi Fed del 4,92% alla riunione di maggio del prossimo anno. Prima del discorso di Powell, i mercati stavano scontando un picco dei tassi di interesse al 5,05%, secondo i dati di Refinitiv.
La Cina sarà il prossimo propellente della propensione al rischio?
La propensione al rischio potrebbe riaccendersi se, veramente la Cina, dopo le recenti proteste di piazza, annuncerà una modifica della sua politica zero Covid. Il vice premier Sun Chunlan ha detto che gli sforzi contro il virus stanno entrando in una “nuova fase” grazie all’indebolimento della variante Omicron e al maggior numero di vaccinazioni aprendo alla possibilità di isolamento in casa dei pazienti a partire dai contagiati di Pechino.
Dollaro in calo; petrolio e oro in rialzo
Una banca centrale Usa più colomba zavorra il dollaro, sceso nel corso della seduta ai minimi da tre mesi contro le principali valute. A rafforzarsi sono soprattutto yen e sterlina, mentre l’euro fa un po’ più fatica. La moneta unica tratta in ogni caso in frazionale progresso, con il cambio attorno a 1,048.
Un biglietto verde più debole favorisce gli acquisti sulle materie prime scambiate in dollari. Sono così in rialzo oro e petrolio. Lo spot gold guadagna circa il 2% e tratta oltre 1800 dollari l’oncia.
Il petrolio tipo Brent si apprezza del 2,36% a 89,02 dollari al barile; il greggio texano sale del 3,14% a 83,08 dollari al barile.
Diasorin regina di Piazza Affari
Da cenerentola a regina: dopo le perdite della vigilia Telecom manca d’un soffio la corona delle blue chip. Il titolo recupera in ogni caso il suo appeal speculativo che ieri era stato appannato dal fatto che esponenti del governo avevano bollato come pura fantasia l’ipotesi di un’opa totalitaria sulla società. “Molte ipotesi restano allo studio£, osserva Equita.
La blue chip migliore del giorno è Diasorin, +3,78% e sono in denaro altri titoli della salute come Amplifon +2,98% e Recordati +2,36%.
Stm +2,32% s’inserisce nel buon andamento del settore tech.
Bene nell’automotive Pirelli +2,03%, Cnh +2,46% Ferrari +1,98. Tra le utility sono in evidenza Enel +2,26% e Terna +1,97%
Le vendite hanno colpito soprattutto i titoli finanziari e i petroliferi.
Il rosso è particolarmente acceso per Unicredit -3,64%, Intesa -1,77%, Banco Bpm -2,41%, Tenaris -2,33%, Banca Mediolanum -2,21%, Eni -1,63%.