“Il Governo ha varato una legge di bilancio nel segno della stabilità e della continuità con le politiche messe in campo da Mario Draghi. Proprio per questo è stata apprezzata da Bruxelles e dai mercati tanto che il nostro spread rispetto ai Bund tedeschi si è collocato sotto i 190 punti. Questo non vuol dire che non ci siano aspetti critici che riguardano in particolare tre capitoli: pensioni, Flat tax, stanziamenti per la sanità“.
Stefano Micossi, economista formatosi in Banca d’Italia, con esperienze come direttore generale a Bruxelles, ha lasciato da poco la direzione dell’Assonime, carica che ha ricoperto per ben 23 anni. Guarda con realismo alla manovra 2023 che certo ha dovuto essere preparata in poco tempo, ma che comunque è riuscita a dare un’immagine rassicurante del paese e del nuovo Governo.
Tuttavia non sono mancate le critiche, anche molto dure, da parte dell’opposizione e qualche mugugno si è sentito anche nelle file della maggioranza.
“Gli attacchi da parte dell’opposizione mi sembrano largamente ipocriti in quanto vengono contestati proprio quegli aspetti che fino a poco fa erano nell’agenda dei partiti che facevano parte del governo Draghi. Nel complesso non si fa altro che chiedere più spese. Anche le modifiche del Reddito di cittadinanza erano auspicate dal precedente governo e anche i 5 Stelle non avevano negato questa possibilità. Anche in questo caso bisognerà aspettare la riforma complessiva per dare un giudizio. Forse sono da guardare con qualche apprensione i mugugni che vengono dalle fila della maggioranza perché non si è dato seguito a molte delle promesse fatte in campagna elettorale. C’è da augurarsi che non ci siano battaglie in Parlamento per ottenere modifiche che metterebbero a rischio l’equilibrio finanziario e farebbero saltare i tempi strettissimi entro cui la manovra dovrà essere approvata”.
I punti critici: Flat tax, pensioni, sanità
Dal punto di vista della qualità, però, ci sono aspetti che destano non poche perplessità. Sono cedimenti alle promesse elettorali anche se ad essi sono state dedicate somme contenute, un po’ come è nella tradizione delle finanziarie italiane.
“Tra i punti più critici c’è l’innalzamento della Flat tax a 85 mila Euro. Una misura che potrebbe avere effetti ben superiori a quelli previsti in quanto si rischia di minare in questo modo la base imponibile Irpef. Non dovrebbe essere difficile per i lavoratori autonomi dividere le proprie entrare tra varie persone o varie società, in modo da rientrare nel tetto previsto. Insomma potremmo avere effetti negativi per la finanza pubblica più che proporzionali rispetto all’incremento previsto del tetto. Il secondo aspetto critico riguarda la nuova quota per l’anticipo pensionistico. Come si può pensare di far lievitare ancora la spesa pensionistica già altissima e destinata a salire ulteriormente nei prossimi anni anche per effetto dell’adeguamento all’inflazione che solo per il 2023 vale oltre 8 miliardi ? Inoltre abbiamo già visto che mandare le persone in pensione anticipata non favorisce la crescita e non rende disponibili posti di lavoro per i giovani.”
C’è poi la sanità per la quale sembra siano stati reperiti circa 2 miliardi , cifra non adeguata per coprire i maggiori costi dovuti all’inflazione e a soddisfare le esigenze del settore.
“Il nostro sistema sanitario ha certamente avuto delle benemerenze per come ha affrontato il periodo della pandemia. Eppure si avverte una certa ostilità da parte di settori della maggioranza verso il potenziamento della sanità con una diversa presenza sul territorio e sul rafforzamento degli organici. Insomma capitolo aperto da studiare con attenzione.”
La maggior parte delle risorse del bilancio viene dedicata al contenimento degli effetti del caro energia su famiglie e imprese. E tuttavia la somma stanziata assicura una copertura solo per i primi tre, massimo quattro mesi. E dopo cosa si potrà fare?
“Sono fiducioso che il picco dei prezzi dell’energia è stato superato e che quelle quotazioni non si ripeteranno. Il gas c’è in giro per il mondo, si tratta di organizzare rapidamente le infrastrutture per scaricarlo nel nostro paese. Anche il petrolio è sceso verso livelli poco superiori agli 80 dollari, elevati ma che già avevamo toccato in passato. Ci auguriamo quindi che, anche al di là dell’evoluzione della situazione bellica, il mercato dell’energia possa trovare una sua maggiore stabilità.”
La proposta di Bruxelles sul tetto al prezzo del gas non sembra aver soddisfatto nessuno.
“Un tetto che non morde. La UE ha proposto un intervento temporaneo destinato a scattare solo in circostanze eccezionali che però al momento non appaiono probabili”.
Pnrr: non chiedere rinvii a Bruxelles ma semplificare la burocrazia
La vera sfida per evitare la recessione il governo dovrà giocarla sul Pnrr rispetto al quale sembra che si stiano accumulando ritardi dovuti alle difficoltà burocratiche per l’apertura dei cantieri di tutti i principali progetti previsti nel piano. Non riusciamo quindi a spendere i soldi che sono già arrivati e rischiamo di non rispettare gli impegni per poter prendere le nuove rate. Un vizio antico quello di non riuscire a fare gli investimenti pubblici.
“In primo luogo mi sembra corretta la scelta di concentrare nelle mani del ministro Fitto tutte le risorse disponibili europee (lo stesso Pnrr e il Fondo di coesione) oltre al Fondo complementare italiano di 30 miliardi. In questo modo il ministro potrà riallocare i denari tra i vari fondi in modo da far andare avanti le opere pronte a partire, vincendo le difficoltà politiche che certo una operazione del genere comporta.
Man mano che ci si muove verso la concreta realizzazione dei progetti gli ostacoli, burocratici e giudiziari, saranno colossali. Per superarli occorre in primo luogo avere il coraggio di ampliare le semplificazioni coinvolgendo tutti i progetti. Bisogna impedire che una Soprintendenza blocchi le opere con pretesti a volte assurdi (a Piombino hanno detto che il colore della nave per la rigassificazione non andava bene) o che un gruppetto di così detti ecologisti si rivolga al TAR come è avvenuto a Bari, per bloccare un importante passante ferroviario.
Da ultimo, ma non certo meno importante, c’è la questione di dialogare con Bruxelles per cambiare il progetto come i partiti di governo avevano detto in campagna elettorale. Alcuni, come il ministro per il Mezzogiorno, pensano che sarebbe opportuno chiedere un allungamento dei tempi entro i quali realizzare i progetti di almeno due anni. Sarebbe un grosso errore. Mi auguro che il ministro Fitto voglia tener fermi i tempi previsti e utilizzare la flessibilità già considerata nel piano per l’uso dei fondi e per adeguarci all’aumento dei prezzi dei materiali. Se si dovesse partire con il rinvio allora vuol dire che la scommessa di attuare investimenti per ben 40 miliardi all’anno si può considerare già persa.
Invece il governo, e la premier in prima persona, dovranno mantenere fortissima la pressione su tutte le strutture per il rispetto dei tempi e magari intervenire con ulteriori decreti per semplificare le procedure e per superare gli ostacoli. D’altra parte credo sia chiaro che le nostre possibilità di mantenere un certo tasso di crescita dell’economia sono legate proprio all’attuazione di questo piano, comprese le riforme ad esse collegate. Quella della Giustizia è stata solo rinviata di due mesi. Ma non dovranno esserci ulteriori proroghe”.
La Bce ha perso credibilità: ora deve mandare segnali chiari
Da ultimo la politica monetaria e il ruolo che sta avendo la BCE per contenere l’inflazione. Molti pensano che ci vorrà cautela nello stringere i cordoni della borsa.
“Questa volta le politiche di bilancio degli Stati, Italia compresa, hanno un segno moderatamente restrittivo e quindi non stanno lasciando sola la Bce nel fronteggiare l’inflazione. In più gran parte delle risorse pubbliche sono destinate a contenere gli effetti dell’inflazione sui redditi delle persone con aiuti temporanei sui salari e sulla riduzione delle bollette dell’energia. Di conseguenza non sta partendo la rincorsa dei salari all’inflazione, cosa che attiverebbe una spirale di aumenti tra prezzi e salari che avrebbe effetti deleteri su tutta l’economia.
E tuttavia l’attuale Bce soffre di un problema di credibilità in quanto non ha finora mandato segnali chiari al mercato. Fino a giugno ha affermato che l’inflazione era temporanea e quindi non si dove intervenire. Poi ha detto che bisogna proseguire con la politica restrittiva fino alla sconfitta dell’aumento dei prezzi. Ora sta dibattendo di quanto deve essere forte la stretta per evitare un danno troppo grande alle economie superiore a quello necessario al contenimento dei prezzi. Certo l’inflazione non è facile da battere, ma questa volta la possibilità di evitare una grave recessione c’è, bisogna che governi e banca centrale si muovano con prudenza nella stessa direzione. “