Le loro origini sono antiche, tradizionalmente e storicamente legate all’Emilia-Romagna in particolare al triangolo Cesena-Ferrara-Reggio Emilia, fa testo uno scritto del 1556 del Messisbugo, cuoco di corte estense con Alfonso I d’Este ma è una tradizione anche alle Marche. Se le origini sono circoscritte alle due regioni in realtà nel corso dei secoli hanno conquistato con la loro bontà le tavole di tutta Italia.
I cappelletti così chiamati per la forma caratteristica che ricorda un cappello sono protagonisti assoluti della cucina delle feste di fine d’anno, anche se poi se ne consumano per tutto il resto dell’anno. Da non confondersi con i tortellini che hanno maggiori dimensioni, pasta più spessa e altri tipo di ripieno i cappelletti secondo la ricetta tradizionale racchiudono nel loro minuscolo ma saporito ripieno carni di pollo, maiale, vitello o manzo (oltre a guanciale e cotechino), parmigiano, uova e noce moscata e solitamente vengono accompagnati al brodo. Quanto siano un piatto che suscita golosità ce lo spiega Leopoldo Staurenghi, prefetto di Forlì che in una relazione sugli usi e costumi dei contadini del suo territorio, datata 1811 così scrive: «L’avidità di tale minestra è così generale che da tutti, e massime dai preti, si fanno delle scommesse di chi ne mangia una maggior quantità, e si arriva da alcuni fino al numero di 400 o 500».
Un piatto che anima tanta passione ha creato anche nel tempo tanti gelosi distinguo: il conte Giovanni Manzoni, nel Cucinario di un’antica famiglia nobiliare di Lugo cita ben sette ricette diverse. Chiamati caplét in romagnolo, seguono ricette leggermente diverse nel ripieno (compenso) generalmente a base di formaggio e ricotta, speziati con noce moscata e scorza di limone grattugiata, in qualche caso con aggiunta di petto di cappone, o altra carne. Nel faentino hanno un ripieno (e’ pin o e’ batù) di formaggi morbidi, parmigiano, noce moscata e senza alcun tipo di carne e si consumano in brodo esclusivamente di pollo. Nell’imolese invece il ripieno è a base di carne. La sfoglia viene tagliata in quadrati di circa 5 cm di lato; in ciascuno di essi viene inserito un cucchiaio di ripieno. Vengono gustati in brodo di carne. È buona norma non prelevarli subito dalla pentola: vanno lasciati a bagno per qualche minuto affinché assorbano bene il brodo.
Nel ferrarese si distinguono i caplìt, con ripieno di carne e formaggi, da consumare in brodo, e i caplàz, più grandi con ripieno a base di zucca, da consumare asciutti con ragù o burro e salvia.
In previsione delle feste un tempo – ma in realtà l’usanza non è scomparsa, le donne della famiglia si riunivano nelle cucine per preparare i piccoli cappelletti in abbondanti quantità per le occasioni che si sarebbero presentate e i cappelletti diventavano così anche pretesti per scambiarsi opinioni, confessioni e fare un po’ di chiacchiericcio fra amiche e… sulle amiche.
Andrea Incerti Vezzani, chef e patron del Ristorante Cà Matilde di Rubbianino di Quattro Castella, una stella Michelin, immerso nelle terre su cui Matilde di Canossa incoronata Vicaria Imperiale e Vice Regina d’Italia, aveva esteso il suo dominio XI-XII secolo, ricorda ancora quando “da bambini si rubava, il ripieno dei nostri meravigliosi cappelletti, alle nonne mentre li facevano”. Profondamente innamorato della sua terra Andrea Vezzani si è avviato sulla via dei fornelli proprio per la voglia di elaborare quei sapori della cucina contadina che hanno fatto parte della sua gioventù per tramandarli e rivisitarli in una veste moderna e appassionata fatta di abbinamenti ed equilibrati contrasti fino a raggiungere livelli di eccellenza. Ma Vezzani ha dimostrato di saper andare anche oltre, da qualche anno a questa parte si percepisce evidente la voglia di addentrarsi e approfondire il concetto nutrizionale del cibo, riuscendo nell’alchimia si saper coniugare sapori genuini di territorio e cucina Healty, ricerca di materie prime di origine biologica e celebrazione della storia del territorio, esaltazione delle risorse e basso impatto ambientale con l’obiettivo di avvincere e convincere i suoi ospiti che un ristorante non deve essere solo soddisfacimento del gusto ma anche cura del benessere individuale e collettivo.
Se la scuola alberghiera di Salsomaggiore, e esperienze presso il Ristorante Delle Notarie di Reggio Emilia, l’Hotel President di Cattolica e Le Maeson de Soussurre a Cervinia gli hanno dato le basi, Vezzani ha costruito pressocché da autodidatta la sua crescita professionale che lo ha portato ad essere insignito di una stella Michelin.
Nel 2001 apre il suo primo ristorante “La Cantina” a Puianello di Reggio Emilia, proponendo una cucina del territorio rivisitata. Il ristorante con appena 7 tavoli viene inserito nella guida di Veronelli e nella guida Michelin ad un anno dalla sua apertura.
Nel 2006 è la volta assieme alla moglie della locanda Ca’ Matilde a Rubbianino di Quattro Catella. Tempo due anni e dopo la Guida dell’Espresso, del Touring Club, del Gambero Rosso arriva puntuale il riconoscimento della Stella Michelin con un giudizio oltremodo positivo sulla cucina dello Chef emiliano: “l’inarrestabile ricerca gastronomica – scrivono i giudici della Rossa – porta in tavola piatti al tempo stesso moderni e contadini. La cucina di Vezzani chef patron ha infatti basi nella tradizione reggiana punto di partenza per un’interpretazione rispettosa della cultura culinaria locale. I quattro percorsi di degustazione a sorpresa “Gli intramontabili” spesso proposti in accoppiata ai migliori lambruschi del territorio “Acqua in bocca”, “Con i piedi per terra”, “Cielo” sono un invito a giocare lasciandovi guidare alla scoperta di abbinamenti, profumi e stagionalità”.
Il piatto proposto ai lettori di Mondo Food Terrina di ripieno dei cappelletti, Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, zucca candita e cipolle borettane è espressione di una cucina composta da conoscenza tecnica ed estro con una personalità ben definita che si identifica con piatti che traggono da materie prime semplici, gusti decisi con grande equilibrio e leggerezza. Nel caso della sua Terrina è evidente il ricordo della sua infanzia al quale è particolarmente legato. “Il piatto – racconta – nasce dopo una breve vacanza a Parigi dove la cultura delle terrine è molto radicata, da lì l’idea di trasformare il pesto dei cappelletti in una vera e propria terrina, ascolta nella pancetta di maiale. In questa ricetta ancora di più anche il legame del territorio in abbinamento all’aceto Balsamico tradizionale di Reggio Emilia e le meravigliose cipolline di Boretto”
La ricetta della Terrina di ripieno dei cappelletti, Aceto balsamico tradizionale di Reggio Emilia, zucca candita e cipolle borettane
Ingredienti per 6/8 persone
2 piccole cipolle
50 g di burro
200 gr carne di manzo
70 g di prosciutto
160 g di polpa di maiale
90 g di vitello
1 salsiccia
50 gr di mortadella
1/2 spicchio d’aglio
Noce moscata
Panna 100 gr
1 uovo
Parmigiano Reggiano 150 gr
Lardo 300 gr
Cipolle borettane 200 gr
Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia100 gr
Per la zucca candita:
150 gr di zucca
70 gr di glucosio
Procedimento:
Tagliate la zucca a cubetti, mettetela sottovuoto con il glucosio e portate a cottura a 87° per 35 minuti. In un tegame fate sciogliere il burro con cipolla, sale e pepe. Tagliate a pezzi la carne e versate nel burro, fate cuocere lentamente con coperchio. Quando i pezzi saranno cotti, tritate finemente il tutto unendo il prosciutto, la mortadella, un uovo intero, il parmigiano e la panna. Stendete la pellicola sul tavolo, posizionate il lardo poi il ripieno dei cappelletti arrotolate per formare un cilindro regolare. Confezionate sottovuoto e cuocete a 85° per 1 ora.
Cuocete le cipolle borettane tagliate nell’ aceto balsamico, sottovuoto a 87° per 30 minuti
Impiattamento:
Tagliate alcune rondelle della terrina di ripieno dei cappelletti, disponetele nel piatto con le cipolle borettane marinate, la zucca candita e l’Aceto Balsamico tradizionale di Reggio Emilia
Ristorante Ca’ Matilde
Loc. Rubbianino 14,
42020 Quattro Castella (Reggio Emilia)
Vai al sito web
tel: +390522889560