In una delle ore più buie della sua storia recente, squassata dai venti di crisi dell’Ucraina, dall’inflazione che sale e dal prezzo del gas, l’Unione europea tarda a rialzarsi e sembra prigioniera di logiche appartenenti a un passato remoto. Quello dei grandi allargamenti ad Est della Ue del 2004 e del 2007 quando il dibattito si concentrava soprattutto sulle questioni dell’approfondimento o dell’annacquamento dell’Unione. Il vertice Ue di Praga che si è aperto giovedì ha visto infatti per la prima volta riunito il formato “monstre” a 44 Paesi della cosiddetta Comunità Politica Europea. Prima dovevano essere solo i 27 più i Paesi candidati, quindi 36 in tutto. Poi sono stati inseriti oltre a Regno Unito e ai Paesi Efta anche Azerbaijan, Armenia e Turchia con il presidente ucraino Zelenski in videocollegamento da Kiev.
Così era stato deciso al Consiglio Europeo del 23-24 giugno per dare seguito alla cosiddetta “Wider Europe” ma la presidenza della Repubblica ceca (forse in cerca di qualche risultato tangibile) ha accelerato i tempi e convocato il vertice in concomitanza con il tradizionale Consiglio informale dei capi di Stato e di Governo che si tiene sempre nelle capitali dei Paesi Ue che hanno la presidenza di turno.
Vertice di Praga a 44: voluto da Macron, esclusa la Russia
Il vertice Ue di Praga a 44 si tiene cinque mesi dopo che Emmanuel Macron ha presentato la Comunità politica come risposta alla guerra della Russia in Ucraina. Un formato, viene spiegato, che avrebbe lo scopo di venire incontro a quei Paesi candidati all’adesione all’Unione Europea. Richieste in alcuni casi “superate” dalla domanda di adesione di Ucraina e Moldova all’indomani dell’invasione della Russia. Lo stesso Macron sottolineava che la Comunità politica europea non sarà un’alternativa all’adesione ma una cooperazione più profonda con i Paesi democratici in tutto il continente. Il presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michel ha difeso il formato: “Condividiamo lo stesso continente e affrontiamo le stesse sfide – ha detto – abbiamo l’occasione di capire come possiamo migliorare la cooperazione e il coordinamento per avere più stabilità, più sicurezza, più pace”.
Ma un vertice inevitabilmente condizionato dalla guerra in Ucraina, motivo dell’esclusione per due Stati che, almeno geograficamente, dovrebbero rientrare nel club ossia Russia e Bielorussia. Il primo ministro belga Alexander De Croo è stato chiaro sul punto: “L’intero continente è qui tranne due Paesi, Bielorussia e Russia: questo mostra quanto siano isolati questi due Paesi”. Ma da qui a prendere deicisoni a 44 ce ne corre. Manca una struttura organizzativa e un segretariato. In sostanza si è trattato di una grande photo opportunity.
Per dare parvenza di contenuti due tavole rotonde parallele: “Energia, clima e economia” e “Pace e sicurezza”. Alla prima ha partecipato il premier italiano Mario Draghi che ha insistito su una risposta unitaria per il prezzo del gas. “Dobbiamo lavorare insieme per affrontare la crisi energetica – ha detto Draghi – possiamo anche farlo in ordine sparso, ma perderemmo l’unità europea”. L’obiettivo al quale si lavora è ripristinare una corretta dinamica dei prezzi tenendo così sotto controllo anche l’inflazione. È stato evidenziato anche come, grazie al contributo di alcuni Paesi non Ue, si sia riusciti ad espandere rapidamente le fonti di approvvigionamento di gas naturale, accelerando la diversificazione dei mix energetico.
Vertice di Praga: l’Italia presenta la proposta sul price cap gas
La proposta italiana (condivisa da Polonia, Grecia e Belgio) prevederebbe una sorta di “corridoio dinamico. Si tratterebbe di stabilire un valore centrale per questo corridoio e rivederlo regolarmente tenendo conto di parametri di riferimento esterni (ad esempio, i prezzi del greggio) e consentendo fluttuazioni (ad esempio del 5%) intorno al valore centrale all’interno del corridoio”. Qualcosa che ricorda il serpente monetario con le fasce di oscillazione.
Nel documento si prevede infatti che l’applicazione di questo “corridoio dinamico” abbia un un valore centrale che rappresenterebbe un limite massimo che può essere posto a un hub di riferimento (come il Ttf) o può essere posto su più hub (Peg, Psv, Zee, per evitare l’arbitraggio), o può coprire tutte le transazioni (sia in Borsa che Otc). Inoltre sarebbero possibili fluttuazioni intorno al valore centrale per fornire segnali di prezzo per lo spostamento del gas attraverso gli Stati membri, nel caso in cui più hub raggiungano il tetto massimo”.
La proposta è contenuta in un documento (formalmente “non paper”) fatto circolare dall’Italia in queste ore nelle istituzioni europee e inviato alla Commissione. Se ne discuterà anche oggi venerdì 7 ottobre nella riunione informale dei capi di Stato e di Governo a 27 ma soprattutto al Consiglio del 20 e 21 ottobre a Bruxelles. Per ora si pensa soprattutto ai formati allargati. Ma un vero accordo sul gas è ancora lontano.