Per la Juve piove sul bagnato. L’ultima tegola è arrivata dalla Uefa, con cui il club bianconero è ai ferri corti da quando lanciò insieme al Real Madrid e al Barcellona, il progetto di Superlega. Ieri il Times di Londra ha rivelato che ci sono almeno una ventina di società europee nel mirino della Uefa per presunta violazione delle regole del fair play finanziario nella stagione 2020-2021, tra cui le italiane Juve, Inter, Milan e Roma. Il rischio è di subire multe e sanzioni. Ma, di questi tempi, non sono le minacce della Uefa la principale fonte di preoccupazione dei bianconeri. La verità è che, come si è visto nel corso del mediocre pareggio rimediato lunedì contro la Samp, la Juve è l’ombra di quella squadra che fino a tre anni fa collezionava scudetti e trofei. Non ha un gioco, non ha idee, non vince e non diverte. Ma come si spiega un così vistoso appannamento di una delle squadre più titolate del campionato italiano?
Sul piano contingente pesano certamente gli infortuni eccellenti: ogni squadra, in questo momento iniziale della stagione, ha i suoi guai ma perdere di colpo campioni come Pogba e Di Maria, senza dimenticare che Chiesa è ai box da mesi, fa certamente la differenza. Non è un alibi ma è un elemento da non sottovalutare come non si possono mettere tra parentesi le assenze di Zaniolo e Wijnaldum nella Roma che sabato affronterà a Torino proprio la Juve in uno dei primi big match del nuovo campionato.
Ma le vere ragioni del malessere della Juve, al netto delle ragioni contingenti, sono due: l’effetto Paratici con la sua coda di acquisti fatti solo per le plusvalenze e di acquisti che si sono rivelati del tutto sbagliati e l’appannamento di mister Allegri che sembra aver perso la smalto dei giorni migliori in cui vinceva scudetti (ben cinque di fila) a ripetizione. Esaminiamo nel dettaglio le due questioni.
EFFETTO PARATICI: ACQUISTI SBAGLIATI E OPERAZIONI FATTE SOLO PER INCASSARE PLUSVALENZE
L’ex direttore sportivo della Juve, Fabio Paratici, oggi al Tottenham con Antonio Conte in panchina, resterà negli annali bianconeri come il manager che ha portato a Torino Cristiano Ronaldo, campionissimo dal gol facile ma anche dagli ingaggi stratosferici che non poco hanno contribuito a mandare in tilt i bilanci della società. L’operazione CR7 si può giudicare come si vuole ma meritava di essere tentata per dare l’assalto alla Champions: è andata male. Le mosse di mercato di Paratici che ancora oggi pesano sulla Juve sono però altre. Sono soprattutto il disastroso scambio col Barcellona tra Pjanic e Arthur che ha rifilato al club bianconero un regista che non è mai entrato in partita e che pesa sui bilanci della Juve per un ingaggio di 5 milioni l’anno, cosa che ne rende difficile la cessione, e – altro acquisto a parametro zero ma con un ingaggio di 7 milioni annui – l’arrivo di Rabiot, che ha ampiamente deluso le aspettative e che ha messo in difficoltà la Juve rifiutando il ricco trasferimento al Manchester United. Ma si potrebbe continuare, ricordando ad esempio la folle operazione Kean o quella di Romero e altre ancora. Il risultato dell’effetto Paratici, che – questo va ricordato – è sempre stato sostenuto dal presidente Andrea Agnelli e dal vicepresidente Pavel Nedved è che la Juve si trova un bilancio appesantito da ingaggi e da valori di mercato insostenibili e una squadra gravata da fardelli rappresentati da giocatori palesemente non all’altezza della fama del club.
ALLEGRI NON E’ PIU’ LUI? POCHE IDEE, SCHEMI VECCHI E SCARSA FIDUCIA NEI GIOVANI TALENTI
L’altra principale causa del malessere juventino è la finora deludente gestione di Max Allegri, prima assurdamente cacciato dopo aver vinto cinque scudetti di fila e poi riabbracciato con un contratto quadriennale di 7 milioni l’anno ma senza che per ora siano tornati vittorie e bel gioco. La gestione attuale di Allegri è molto deludente e solleva un interrogativo impietoso: ma Allegri, finora certamente uno dei migliori allenatori europei, è ancora lui o ha inevitabilmente imboccato il viale del tramonto? Chissà, in fondo si diceva così anche di Carletto Ancelotti quand’era al Napoli, salvo doversi clamorosamente ricredere di fronte ai suoi trionfi al Real Madrid.
Allegri, dunque. E’ vero che, come diceva l’indimenticabile presidente Giampiero Boniperti, “alla Juve vincere non è la cosa più importante ma l’unica cosa che conta”. Ma anche l’occhio vuole la sua parte e i tifosi, oltre alle vittorie, si aspettano il bel gioco, che non vedono più da tempo. Oggi non ci sono le vittorie e men che mai il bel gioco. Vista contro la Samp, ma anche nel pre-campionato contro il Real e contro l’Atletico, la Juve è una squadra senza idee e con una povertà di schemi impressionante. Guardarla annoia e se, nell’intervista rilasciata sabato a FIRSTonline, un maestro del giornalismo sportivo come Roberto Beccantini profetizzava al massimo un quarto posto per la Juve, vista dopo la Samp quale miracolo dovrebbe accadere per permettere alla squadra di Allegri non di lottare per lo scudetto ma almeno di entrare in Champions? Un bilancio del genere è chiaramente insostenibile per un club ambizioso come la Juve ma anche per un allenatore della fama di Allegri, del quale colpisce soprattutto la mancanza di idee e di schemi (ma perchè giocare sempre con la difesa a 4 se non hai terzini all’altezza?) e soprattutto la riluttanza a scommettere sui giovani di talento. Allegri ha perfettamente ragione nel rilevare che solo con i giovani non si va lontano ma, di fronte all’inguardabile mediocrità dell’attuale centrocampo, perchè non provare con continuità non solo Miretti ma anche Rovella e Fagioli, tanto per fare qualche nome?
Il calcio è strano e magari sabato sera dopo il big match Juve-Roma, questi giudizi verranno del tutto ribaltati ma le ragioni di fondo del malessere bianconero restano e non sarà un Milik qualunque a risolverle. Per ora il verdetto sulla Juve e su Allegri è impietoso.