Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia e candidata premier del centrodestra, vuole impedire che il Governo Draghi, pur avendone i poteri, venda Ita, la nuova compagnia aerea sorta sulle rovine di Alitalia. Fermi tutti, ha intimato la Meloni, perché “al rilancio della nostra compagnia di bandiera penserà chi governerà” dopo le elezioni del 25 settembre.
Naturalmente Mario Draghi non è tipo da farsi spaventare dagli ultimatum di Meloni, e perciò le procedure per vendere Ita alla cordata italo-tedesca Msc-Lufthansa o a quella franco-americana Certares-Air France-Delta andranno avanti, anche se i tempi sono stretti ed è improbabile che l’operazione di vendita raggiunga il traguardo entro la fine di settembre, lasciando perciò gli ultimi adempimenti al futuro Governo.
La destra ha già affondato Alitalia due volte
Ci deve essere però una sindrome Alitalia nel Dna della destra. Non è la prima volta che si occupa della compagnia aerea nazionale e ogni volta che è successo il conto è stato presentato ai contribuenti. C’è da sperare che anche stavolta non sia Pantalone a pagare per Ita, ma i precedenti non sono incoraggianti.
Agli inizi del 2000 furono i predecessori di Meloni (allora raccolti in An) a mandare in fumo la nuova tappa della privatizzazione di Alitalia e di conseguenza l’alleanza con Air France Klm, che forse avrebbe tolto dai guai Alitalia e le avrebbe garantito un più glorioso futuro. Ma An scatenò in Parlamento l’ala laziale del partito, così chiamata perché capeggiata dall’ex pilota ed ex terzino della Lazio di Maestrelli, Luigi Martini, che affondò il Dpcm sulla nuova parziale privatizzazione di Alitalia, allora guidata dall’Ad Francesco Mengozzi (l’unico degli ultimi vent’anni che abbia saputo portare in attivo i conti della compagnia) e l’alleanza con i francesi naufragò.
Alitalia: il flop di Berlusconi che chiamò a raccolta i capitani coraggiosi
Ma di delitti contro Alitalia la destra ne ha consumati altri e il più celebre fu quello di Silvio Berlusconi nel 2008 che, in nome della cosiddetta italianità e attraverso il concorso inqualificabile dei sindacati, affondò il progetto di alleanza della compagnia italiana con Air France e Klm (di nuovo loro) e poi chiamò a raccolta i cosiddetti capitani coraggiosi, una ventina di imprenditori italiani che entrarono in Alitalia e ne presero la guida senza riuscire né a risanarla né a rilanciarla, come documenta inequivocabilmente Gianni Dragoni, giornalista finanziario di punta del Sole 24 Ore, nel suo libro “Capitani coraggiosi. I venti cavalieri che hanno privatizzato l’Alitalia e affondato il Paese”. Speriamo che la destra non compia il capolavoro di affondare l’ex Alitalia per la terza volta e soprattutto che non tocchi ancora una volta allo Stato, e cioè ai contribuenti onesti, pagare i danni.