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Tod’s supera di poco il prezzo dell’Opa. Dopo Exor, continua l’esodo da Borsa italiana ma forse arriva Prada

La società di Della Valle ha superato il prezzo dell’Opa, pari a quello dell’Ipo del 2000 – Il listino italiano perde pezzi e vale lo 0,5% della capitalizzazione mondiale, dal 2,2% del 2005

Tod’s supera di poco il prezzo dell’Opa. Dopo Exor, continua l’esodo da Borsa italiana ma forse arriva Prada

Tod’s supera (di poco) in Borsa il prezzo dell’Opa lanciata da Diego Della Valle. E vale ricordare che il 18 giugno 2021 il titolo Tod’s, al culmine dell’effetto Chiara Ferragni, toccò un prezzo di 63,85 euro, quasi il doppio dei 32 euro registrati ad aprile, quando era stato annunciato l’ingresso della bionda influencer nel consiglio di amministrazione dell’azienda marchigiana.

Borsa, Tod’s supera di poco il prezzo dell’Opa

Questi numeri spiegano in parte la relativa delusione degli azionisti di fronte all’offerta della famiglia Della Valle: 40 euro per titolo Tod’s in Borsa contro 33,4 della quotazione di martedì 2 agosto. Un’offerta vantaggiosa, a giudicare dal rialzo del 20% abbondante, ma non troppo, come dimostra il fatto che le quotazioni si sono attestate a 40,24 euro, un filo sopra il prezzo dell’Opa Tod’s in Borsa, offerto alle minoranze nella speranza di un rilancio. Un prezzo tra l’altro pari a quello dell’Ipo dell’anno 2000. Ma negli ultimi mesi il titolo è scivolato a livelli infimi: 28,42 euro il 5 luglio scorso, assai meno della metà di quanto pagato in occasione dell’ingresso dell’influencer, il cui tocco magico stavolta non ha funzionato.

Opa Tod’s, Lvmh non aderità all’offerta

Resta della partita, invece, Lvmh che non aderirà all’offerta pubblica volontaria della famiglia Della Valle conservando quel 10% che vale come una possibile ipoteca in caso di vendita della maggioranza del gruppo che non è alle porte. Anzi, come già avvenne a suo tempo per Benetton group, il ritiro del titolo dal listino è motivato dalla “volontà di investire per il rilancio del gruppo, con un obiettivo di medio-lungo termine non compatibile con la pressione sui risultati di breve termine”. Un arrivederci, insomma, che ha il sapore dell’addio.

Borsa, Milano è piatta a metà giornata

Piazza Affari assiste con relativa indifferenza al nuovo passo indietro del listino milanese, pochi giorni dopo l’annuncio della prossima uscita di Exor: l’indice principale alle 12 e 30 è praticamente piatto +0,09%, sostenuto dal buon comportamento di Bpm, Bper e Finecobank dopo i conti. Anche lo spread è in calo a 216 punti.

Ma è evidente che l’ennesima uscita brucia. Anche perché è un nuovo colpo all’ambizione della piazza milanese di accreditarsi come polo dell’analisi finanziaria del settore lusso. Seppur subordinato a Parigi, la capitale di Euronext da cui dipende Borsa Italiana, provincia dell’impero importante per il reddito fisso, grazie al listino Mts, e senz’altro promettente per le piccole e medie imprese da avviare sul mercato Egm. Intanto, però, l’esodo dall’indice principale di Milano prende velocità.

Borsa, dopo Exor continua l’esodo da Borsa italiana

Piazza Affari valeva più del 2,20% del mercato borsistico mondiale nel 2005. Oggi, prima delle prossime uscite, appena lo 0,53%. Praticamente, la Borsa italiana è diventata marginale. E tale marginalità spinge chi è già quotato a guardarsi attorno, mentre tiene alla larga chi intende quotarsi o è alla ricerca di una nuova piazza in cui far negoziare il titolo.

Piazza Affari così è sempre meno rappresentativa della realtà dell’economia italiana, a partire dalle realtà più dinamiche e per questo più attente alle possibili fonti di finanziamento. Agli inizi degli anni Duemila la capitalizzazione a Piazza Affari arrivò al 51% del Pil, oggi è scesa a meno di un terzo e deve ancora recuperare le perdite accusate con la crisi finanziaria del 2008-09.

La sensazione è che, sul piano finanziario, l’Italia sia scivolata nelle posizioni di coda. È ormai tramontata la speranza di sviluppare la piazza, come sperato a cavallo del nuovo millennio da Tomaso Padoa Schioppa. Il risultato è la decadenza anche occupazione della City meneghina: l’Italia, mercato importante per il risparmio gestito, è più che mai dipendente sul piano della ricerca. 

Borsa, le altre società che pensano al delisting

E le prospettive non sono allegre. Dopo l’uscita annunciata di Exor, tappa decisiva del divorzio tra il gruppo Agnelli e la piazza borsistica italiana, è ad alto rischio la permanenza di Autogrill, avviata a confluire nell’elvetica Dufry, quotata sul listino svizzero. E non è escluso che Mediaset, ormai insediata ad Amsterdam, si avvii a seguire l’esempio di Exor. Si allontana intanto l’ipotesi di un dual listing di Essilor Luxottica, oggi quotata sono a Parigi.

Una vera e propria fuga, insomma. Anche se a rimpolpare il listino potrebbe contribuire Prada: Patrizio Bertelli, a fronte dei problemi di Hong Kong, potrebbe fare vela verso il listino di casa. Senza dimenticare la quotazione di Plenitude, la matricola Eni che, prima o poi, verrà ripresentata sulla piazza milanese. Troppo poco: dopo l’uscita di Tod’s, il morale è davvero sotto i tacchi.

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