I prezzi dell‘agroalimentare continuano ad aumentare, con i prodotti di qualità, eccellenza del Made in Italy, tra i più penalizzati. Molti mercatini rionali di Milano, Roma, Napoli, Torino vedono calare vendite giorno dopo giorno con una condizione sociale che non si vedeva da anni: produttori e consumatori sulla stessa sponda. L’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) ha accertato che in tre mesi i costi agricoli sono lievitati di oltre il 18%.
Un settore in crescita dell’economia italiana continua, insomma, ad essere massacrato dal costo dell’energia, dal prezzo dei fertilizzanti e delle sementi. Un corto circuito economico che fa a pugni con tutte le buone pratiche per rendere i prodotti della terra competitivi e vincenti. Ismea ha condotto un’indagine su un campione di 795 aziende del settore primario e 586 imprese di prima e seconda trasformazione alimentare.
I dati rilevati partono da un +6% di fatturato del 2021, ma immaginarsi un analogo trend di crescita in meno di 90 giorni si è trasformato in un incubo. Le note vicende internazionali – e non solo per la carenza di grano – e la difficoltà delle imprese agricole di sostenere da sole la congiuntura danno il quadro di ciò che vive l’Italia. Gli aumenti dei costi e le prospettive per le imprese saranno riportati in uno specifico Report tra qualche giorno.
Costi agricoli: gli aumenti maggiori su energia e fertilizzanti
Le anticipazioni parlano di costi sostenuti dagli agricoltori di circa il 20,4% per le colture vegetali. Le voci che pesano di più sono salari, prodotti energetici, fertilizzanti. Il colpo più duro, però, a tutto l’agroalimentare l’ha dato comunque l’energia rincarata in questo 2022 del 50,6%. I fertilizzanti di qualità sono aumentati invece del 36,2%. Lo smacco degli aumenti proietta ombre sull’intera Politica Agricola Comunitaria pronta a partire. Gli aumenti seppur con intensità differente a seconda della combinazione dei fattori produttivi- dice l’Ismea- risultano più accentuati nel caso delle coltivazioni industriali, dei semi oleosi e delle colture cerealicole. Colpita anche la zootecnia, con gli esborsi degli allevatori aumentati del 16,6% che hanno avuto come conseguenza gli incrementi dei prezzi degli animali da allevamento e dei mangimi.
Nelle settimana scorse sulla spesa agroalimentare c’erano state le denunce delle organizzazioni di categoria, ma evidentemente dobbiamo prepararci ad un periodo lungo di innalzamento dei prezzi. La dinamica dei prezzi di vendita – meglio dire il caro vita generalizzato – ha dimostrato di non essere sempre in grado di assorbire i maggiori costi, esponendo gli allevatori all’erosione dei margini.
Cosa fare? Una risposta netta ancora non c’è. Sicuramente il quadro di queste settimane si configura “come un evento di portata straordinaria”. Ma oltre alle prese di distanza dei consumatori si fanno i conti anche con un calo della fiducia degli operatori accentuato dal marcato pessimismo delle aziende agricole, rispetto alle industrie. Rendere il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei, è il parere di Coldiretti che prevede l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari fino al 2024.