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La guerra in Ucraina può costare all’Italia una sovrattassa da oltre 110 miliardi di euro sull’import

Secondo l’Osservatorio sui conti pubblici italiani, l’inflazione raggiunta a marzo può far quasi triplicare il conto per le importazioni pagato dall’Italia nel 2019

La guerra in Ucraina può costare all’Italia una sovrattassa da oltre 110 miliardi di euro sull’import

Importazioni: la guerra in Ucraina può costare all’Italia una sovrattassa da oltre 110 miliardi di euro

La guerra impone all’Italia una “tassa” sulle importazioni che potrebbe superare i 110 miliardi di euro. I prezzi dei beni alimentari e delle materie prime – a cominciare da quelle energetiche – erano in salita già prima che la Russia invadesse l’Ucraina, ma con il conflitto l’inflazione ha accelerato notevolmente. E così, sul fronte dell’import, il conto si fa sempre più salato.

Importazioni italiane: di quanto possono aumentare i prezzi?

In una recente analisi, l’Osservatorio sui conti pubblici italiani dipinge due scenari:

  1. il rincaro rispetto al 2019 sarebbe di 75 miliardi, facendo più che raddoppiare il totale, a 144 miliardi, nell’ipotesi (poco probabile) che i prezzi si stabilizzassero sui livelli di gennaio 2022 (quindi subito prima della guerra);
  2. se invece, come pare più verosimile, il quadro geopolitico dovesse mantenere i prezzi ai livelli particolarmente alti raggiunti a marzo, l’aumento del costo delle importazioni italiane potrebbe arrivare a 113 miliardi di euro, spingendo il totale a 182 miliardi, ovvero quasi il triplo del 2019.

La correzione delle stime precedenti

L’Osservatorio corregge così, con una netta revisione al rialzo, le stime iniziali diffuse subito dopo l’inizio della guerra, che parlavano di un maggior costo nell’ordine di 57-66 miliardi di euro.

“La principale causa di questo aumento – spiega l’Osservatorio – riguarda la revisione verso l’alto operata dall’Istat dei prezzi all’importazione del gas naturale per tutta la seconda metà del 2021, quasi triplicati rispetto alla stima iniziale”.

Il termine di paragone è sempre il 2019 perché il 2020, a causa della pandemia, è stato caratterizzato da un livello d’importazioni insolitamente basso.

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