La conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 26) di Glasgow ha ribadito l’urgenza d’intervento per ridurre la dipendenza energetica dalle fonti fossili e sviluppare invece quelle rinnovabili. Un proposito che, nella sostanza, richiede una pianificazione su scala globale per essere efficace. Ed è ancora più necessaria per una nazione come l’Italia, che importa oltre il 73% di energia per soddisfare il proprio fabbisogno interno, (prodotta soprattutto tramite gas naturale e petrolio), e si trova in una situazione di fragilità, confermata dalla vertiginosa crescita dei prezzi di queste materie prime e dal conseguente caro bollette. Eppure, esistono tecnologie mature e basate sulle fonti rinnovabili pronte all’uso. A cominciare dal fotovoltaico. “Serve una volontà politica per accelerare la transizione energetica e supportare le imprese che si stanno impegnando su questo fronte” dichiara Michele Appendino, Ceo di Solar Ventures, società che si occupa della realizzazione e della gestione di grandi impianti fotovoltaici. “Il sole è una centrale energetica attiva da qualche miliardo di anni e destinata a funzionare per molto altro tempo. Eppure, si continua a puntare su risorse destinate a esaurirsi” aggiunge il manager piemontese.
Alla luce della crisi energetica che stiamo vivendo, l’energia solare è una scelta ragionevole per il futuro?
“Basta osservare quanto accaduto soltanto pochi mesi fa. Il governo italiano ha dato il via libera per un intervento da oltre tre miliardi di euro, in modo da contenere il ‘boom’ dei costi delle bollette di luce e gas causato dall’aumento dei prezzi delle materie prime di origine fossile. Da queste risorse dipende in larga parte il nostro Paese ma non si può pensare che, in caso di ulteriori rincari, si potrà sempre ricorrere a fondi straordinari. L’emergenza potrebbe, verosimilmente, diventare cronica. Per questo il fotovoltaico è una soluzione a portata di mano. Si basa su una tecnologia comprovata e modulare, permettendo di coprire il fabbisogno di un utente privato fino alla grande azienda. Senza scordare che già oggi è competitiva economicamente rispetto ai combustibili fossili ed entro il 2030, i costi di produzione dovrebbero diventare persino inferiori”.
In termini concreti, quali sono i vantaggi dell’energia solare? E perché bisognerebbe incentivare questa tecnologia?
“Si può partire da un punto che credo sia fondamentale. Si riducono le emissioni di gas climalteranti, in linea con le politiche governative nazionali e internazionali, evitando l’utilizzo dei combustibili fossili. Si incrementano i risparmi economici nel medio e lungo termine, poiché un impianto fotovoltaico può generare un rendimento annuo del 20-25%, con un ritorno sull’investimento entro pochi anni. E non bisogna dimenticare il tema dell’indipendenza energetica. Il fotovoltaico apre le porte per l’approvvigionamento ‘direttamente’ dal sole, senza intermediazione. Peraltro, l’Italia gode di un’elevata quantità di soleggiamento annuo (oltre 2500 ore in diverse aree del Mezzogiorno), cosa che potrebbe aiutare il paese a divenire un polo di riferimento per l’energia solare”.
Senza un sistema per immagazzinare l’energia prodotta dai pannelli solari, una buona parte di questa va praticamente persa. I sistemi di accumulo per impianti fotovoltaici possono aiutare a ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza energetica?
“Le batterie permettono di ‘conservare’ l’energia prodotta dagli impianti e non consumata immediatamente, preservandola per una successiva erogazione. Al momento, gli accumulatori con le prestazioni energetiche ed economiche migliori disponibili sul mercato sono quelle agli ioni di litio e, grazie alla ricerca, nuove formule chimiche permetteranno di incrementarne la densità energetica e le prestazioni. Comunque, l’abbinamento tra sistemi di accumulo e impianti fotovoltaici vede già sperimentazioni di successo, anche per le realtà utility scale, ovvero i grandi impianti. Ad esempio, in California, sono in fase di sviluppo diversi progetti in cui impianti con potenze nell’ordine di 50-100 MW sono associati a batterie con capacità intorno a 400-500 MWh”.
Negli ultimi anni si è posta molta attenzione al tema del consumo di suolo, inteso come perdita di biodiversità e degrado paesaggistico con effetti negativi sulla qualità della nostra vita. Cosa ne pensa?
“Serve un approccio razionale e con una visione d’insieme sugli aspetti energetici e di tutela ambientale. La strategia politica ed economica dovrebbe portare l’Italia a diventare leader dell’energia pulita, sostituendo le fonti fossili. Quest’operazione è compatibile con la necessità di tutelare il patrimonio naturale e architettonico, poiché richiederebbe di dedicare meno dello 0,5% del suolo nazionale per massimare l’utilizzo dell’energia solare. E bisogna ricordare che in Italia ci sono più di 3,5 milioni di ettari di terreni inattivi. Una risposta per valorizzare questi terreni potrebbe arrivare dall’agrovoltaico, coniugando la produzione di energia elettrica con le attività agricole”.
Al fine di garantire il rispetto dei target europei ed una transizione verso la decarbonizzazione bisogna incrementare l’uso delle rinnovabili. Il PNRR è la soluzione giusta per reindirizzare gli investimenti nel settore energetico?
“Sicuramente è un punto d’inizio, dal momento che offre una strategia e fondi per rilanciare l’economia in ottica sostenibile. Lo dimostrano i quasi 60 miliardi di euro destinati per la ‘Rivoluzione Verde e Transizione ecologica’. Più in dettaglio, ci sono 3,3 miliardi di euro per lo sviluppo delle comunità energetiche e dell’agrovoltaico. Oltre agli aspetti prettamente economici, è altrettanto importante che il piano ponga l’attenzione su quelli regolatori. Servono infatti riforme sui meccanismi autorizzativi per la costruzione e l’esercizio degli impianti utility scale, analogamente a quanto sta accadendo in Spagna. La burocrazia efficiente sarebbe un volano per la diffusione del fotovoltaico, considerando che l’Italia è passata da 100 MW a circa 21,6 GW installati in poco più di 12 anni. E dovremmo arrivare almeno a 52 GW nel 2030. La realizzazione di nuovi impianti servirebbe anche per potenziare e digitalizzare la rete elettrica e le infrastrutture, facilitando un uso più razionale dell’energia e la distribuzione ‘intelligente’ in funzione della domanda. Certo non bisogna girarci intorno: in pochi anni bisogna fare enormi progressi, ma gli strumenti per effettuarli ci sono tutti”.