Si può passare un’intera serata con lui a parlare solo del fungo del Carrubo, una rarità di quest’area remota della Sicilia, dal sapore unico che richiama la carne di maiale – ne ha quasi anche la consistenza – talmente raro che alcuni contadini quando lo vedono spuntare sui tronchi dei carrubi – si mettono di guardia vicino agli alberi fino a che possono coglierlo, o delle erbe selvatiche dei monti Iblei, o del Cuturro, una sorta di polenta di origine araba che deve il suo nome, che significa grossolano in italiano, al fatto che in tempi di magra i contadini per non pagare le tasse del macinato, lavoravano in casa questo grano pestandolo fra due pietre ricavandone una farina molto sminuzzata grossolanamente ma anche molto saporita.
Perché Claudio Ruta, Chef del ristorante La Fenice di Ragusa, stella Michelin, è un uomo profondamente innamorato della sua terra e non si stancherebbe mai di parlarne. Lo fa con molto entusiasmo, coinvolgendovi nei suoi racconti ma anche con molto garbo, attento sempre a non avvinghiarvi troppo nelle sue affabulazioni, che in realtà, invece, sono molto piacevoli.
E’ un uomo che si è fatto da sé e questo non lo dimentica al punto che la stella Michelin non lo ha cambiato minimamente di carattere, e in cucina ama creare un clima di allegra brigata con i suoi collaboratori, in cui ci si confronta, si discute, si intuiscono, si scoprono, si studiano sapori, si correggono, si realizzano nuovi percorsi culinari, mantenendo sempre i piedi saldamente in questa straordinaria terra ragusana patrimonio Unesco dell’umanità e nei suoi prodotti.La sua storia è abbastanza lineare. Da ragazzo al termine della scuola dell’obbligo sente che il percorso scolastico non fa per lui, serve troppo tempo per raggiungere un risultato nella vita, e la vita corre come un fiume…bisogna coglierla. Per questo si iscrive a un corso professionale ricordandosi con quanto piacere da piccolo seguiva la madre preparare i piatti nella grande cucina di casa. Ha quattordici anni ma tanta voglia di fare e il suo superattivismo non sfugge a qualche occhio interessato. Il corso prevedeva, infatti, lezioni di pratica in un ristorante, nei paraggi. E i titolari del ristorante che lo hanno visto all’opera, a fine corso gli propongono di andare a lavorare da loro. Doveva essere un esperimento, è durato tre anni. Claudio ricorda con piacere quella prima esperienza in un ambiente di lavoro gradevole e molto giovanile. Ma c’è sempre il problema dell’acqua del fiume che corre… e francamente quell’esperienza dopo tre anni gli aveva offerto tutto quello che poteva offrirgli. Comincia guardarsi attorno. E caso vuole che un giorno venga contattato da un signore che dirige un villaggio di lusso in Sardegna, proprietà francese, che cerca un assistente organizzativo.
A 17 anni responsabile factotum di un club in Sardegna
“Te la senti di provare?” Un po’ spaventato ma anche eccitato dalla proposta, Ruta risponde, con l’umiltà che gli è rimasta sempre attaccata alle pelle: ”Se posso essere idoneo e rispondere alle loro esigenze….” E parte con il direttore per il villaggio di Budoni in provincia di Olbia. Era marzo aprile all’inizio della stagione. “Ricordo come se fosse ieri, abbiamo proprio aperto le porte del villaggio che aveva 250-300 posti. Arrivano le derrate alimentari, mai vista tanta roba insieme… mi sono arrivati una volta due Tir di merce, mi sono confuso. Avevo solo 17 anni, ma il direttore fu molto comprensivo e partimmo”. Finita l’esperienza Ruta se ne torna a casa, nella sua amata Ragusa accanto ai genitori. Ma gli si prospetta subito una nuova avventura. A Pesaro cercano un cuoco per il ristorante di un albergo a tre stelle, dove la proprietaria si occupava direttamente della cucina. Dario parte, si presenta alla proprietaria che lo squadra e vendendolo così giovane rimane basita, non è quello che si aspettava. La situazione è imbarazzante: “Se le posso essere utile ben volentieri, altrimenti – la rassicura il giovane Dario – non si faccia problemi mi dia uno due giorni per organizzarmi e tolgo il disturbo”. Ma la cosa va al punto che la proprietaria diffidente è costretta a ricredersi, il ristorante è in buone mani e arriva la proposta per ritornare l’anno successivo. Arriva l’inverno e Dario è di nuovo a Ragusa dai suoi. Non riesce a stare troppo lontano dalla sua terra. Ma arriva il grande momento che segnerà definitivamente il corso della sua vita da chef.
La grande occasione si chiama Hotel Airone a Venezia sulla spiaggia di Sottomarina l’albergo da cui è partita la grande avventura imprenditoriale della famiglia Boscolo.
Claudio Ruta vi approda a 18 anni, lavora in albergo, lavora in cucina ma soprattutto Rossano Boscolo che ha aperto la prima scuola italiana di formazione e perfezionamento professionale, l’oramai mitica Boscolo Etoile che ha sfornato nella sua storia migliaia di cuochi oggi sparsi per il mondo gli chiede di dargli un mano per organizzare i corsi.
Da lì pian piano sono passati otto anni. Per Dario che non si risparmia fra Albergo Airone, il ristorante e i corsi, è una esperienza unica.
L’esperienza all’Etoile gomito a gomito con i grandi chef francesi
“Lavoravo 36 ore al giorno, ricorda, ma lavorare con Rossano era straordinario, mi lasciava liberta à a 360 gradi, una persona speciale in tutto e per tutto, come tutta la famiglia Boscolo alla quale devo molto”. In quegli otto anni, infatti, per i corsi di formazione professionale sono passati diversi docenti, grandi chef francesi innanzitutto, che portarono una vera e propria rivoluzione nelle tecniche di cucina, (“era come se lavorassimo in Francia, e dalla Francia assorbivamo molto “) ma anche italiani, come Giorgio Nardelli una vita trascorsa nella formazione culinaria, chef al Park Hotel Laurin di Bolzano, rettore dell’ordine professionale maestri di cucina, o Cristian Beduschi, campione del mondo di pasticceria a Lione nel 1997 con la torta setteveli, o Beppo Tonon vincitore della coppa del mondo di gelateria nel 2006.
“E’ stata una gavetta a volte dura, ma straordinaria. Pensate cosa possa aver voluto dire assistere a 10-15 corsi di formazione all’anno per 8 anni di seguito, e lavorare accanto ai più grandi nomi della ristorazione che venivano dalla Francia, dalla Spagna, dall’Italia. Se non è fortuna con la F maiuscola questa…”
Ma all’improvviso le cose a casa si complicano. Motivi di salute in famiglia. Claudio si congeda da Rossano Boscolo, e ritorna a Ragusa.
Si apre un nuovo capitolo. La famiglia Malandrino, imprenditori nel ramo della pasticceria, della ristorazione, del turismo alberghiero, non se lo lascia sfuggire. I Malandrino dopo la pasticceria fondata dal capostipite Gino, e un ampio locale dedicato al banqueting, Al 318, intende dare un colpo d’ala al ristorante La Fenice inaugurato nel 2002 all’interno del ristorante Villa Cartlotta, e chiama Claudio Ruta. Il nostro si butta a capofitto nell’impresa. I Malandrino gli hanno chiesto di volare alto e lui non si tira certo indietro. E’ troppo orgoglioso delle sue origini, della sua terra, della sua famiglia dalle quali in realtà nelle sue perinegrazioni non si è mai allontanato mentalmente e filosoficamente.
Con la sua brigata alla scoperta dei sapori della tradizione
La cucina, è per lui territorio di ricordi e di ingredienti, di tradizioni, di recupero di vecchi sapori e di vecchie culture che il tempo non ha mai cancellato del tutto, è soprattutto riproposizione di materie prime che da queste parti sono uniche e che non si possono confondere con nessun altra. Ma in tutto questo giuoca un ruolo fondamentale l’azzardo, accorto, l’abbinamento imprevedibile, l’esperimento che non è sperimentalismo, la nota nuova che non è mai stonata con il passato, perche dice “questa terra non si può tradire”. E’ così innamorato della sua terra che spesso e volentieri chiude tutto per mezza giornata, prende tutti i ragazzi, non solo quelli della brigata di cucina ma anche gli altri, i commis di sala e quelli addetti alla lavanderia, e se li porta in giro a scoprire prodotti del territorio, dagli agricoltori, dai casari, dagli allevatori di bestiame, dagli olivicoltori, dai vignaioli, perché “la Sicilia offre un microcosmo unico di ingredienti, sia di terra che di mare, offre profumi, colori e calore che nei piatti si trasformano in una esplosione tremenda”. Una escursione emozionale che coinvolge tutti, ma che poi può essere raccontata e trasmessa anche alla clientela del suo ristorante
Mai stravolgere la materia prima, ma lavorarla con grande tecnica
Ai suoi collaboratori raccomanda sempre: la nostra cucina deve essere semplice con pochissimi passaggi, con pochi tempi di cottura per rispettare religiosamente la materia prima, allo stato puro, senza che gli abbinamenti ne alterino il significato. Come assaggio un piatto in fase sperimentale con i miei ragazzi devi capire ingrediente per ingrediente poi lo puoi assaggiare per come e stato concepito rispettare. “La mia cucina è tecnica, poi ricercatezza delle materie prime e poi territorio”. Il suo credo è “ semplicità nel piatto, nella lavorazione degli ingredienti, non stravolgere la materia prima, non snaturarla, ma lavorarla con massimo rispetto e servirla nel modo più semplice possibile ma con tanta tecnica”. Nascono così veri e propri capolavori di equilibrio come Ravioli di ricotta con sugo rosso di agnello, cioccolato amaro, placchette di zucchero e spezie, un piatto antichissimo delle campagne ragusane o come la Gallina a rotolo, cipollotti verdi al forno, purè di favette verdi alla cannella e cialda di focaccia profumata di Tonda Iblea piatto delle origini povero e semplice che veniva preparato nelle campagne ragusane quando nei campi esplodeva la primavera, attraverso i suoi colori e le verdure di stagione. E visto che si parla di territorio che dire di un Arancino di Cuturro ripieno di Ragusano primo sale, sanapo, pane raffermo al cioccolato amaro con salsa di pomodoro verde, che sembra una passeggiata immersa nei profumi di un campo di grano?
Gli piace considerare la sua cucina come un laboratorio sperimentale, dove si sperimenta, si inventa, si osa, si studiano mille preparazioni si assaggiano e si armonizzano. Così capita, e non di rado, che un piatto di successo nasca da un confronto corale in cui ognuno dei partecipanti fornisce il suo apporto, la sua esperienza, la sua fantasia le sue sensazioni.
Doveva volare alto e c’è riuscito. Nel 2008 è Medaglia d’argento al Concorso Europeo Catering Cup a Mulhouse, Francia, unico chef scelto a rappresen-tare l’Italia. Nel 2010 partecipa al “Bocuse d’Or”, ma soprattutto nel 2010 arriva il grande riconoscimento della stella Michelin, sempre mantenuta fino ad oggi. “Quando arriva una legittimazione importante come questa, ti rendi conto che la figura e la professionalità dello chef sono molto importanti – afferma con la generosità che gli è propria – al pari dell’intera brigata e dello staff di sala: solo il connubio perfetto di tutti i protagonisti consente il raggiungimento di importanti traguardi. Obiettivi che è stato possibile centrare grazie alla lungimiranza di Mauro Malandrino che ha subito intuito la necessità di dare una nuova identità alla struttura, indirizzando La Fenice verso importanti traguardi da tagliare, così come è stato”. E ora? Non resta che aspettare gli altri traguardi.