1995, 26 anni fa, mentre la cucina italiana era tutta rivolta a percorrere strade innovative, a sperimentare nuove cotture e accostamenti, mentre si cercava di stupire una platea attenta a provare nuove sensazioni e contaminazioni, a Milano, un ex barman scopertosi Chef per passione apriva un ristorante al quale dava un nome inconsueto – in tempo di esotismi e anglismi di ogni genere – che però era tutto un programma: “Tano passami l’olio”. Lui è Tano Simonato, lombardo fino al collo, figlio di ristoratori e di una mamma cuoca di cui però non seguì le orme attirato più dal mixology al punto di aprire un suo bar, il Tanus Bar.
Lentamente però sotto la cenere si alimentava e andava sviluppandosi un fuoco sacro per l’olio, per una cucina naturale, attenta a materie prime esaltate nella loro originalità in parallelo con una idiosincrasia sviluppata nel tempo contro il burro (usato forzatamente parsimoniosamente e limitatamente alla mantecatura di alcuni piatti a freddo), il soffritto di cipolla, quello di aglio, perfino quello di scalogno e, ovviamente, la panna.
Mentre tutto ciò avveniva in giro per l’Italia Gaetano Simonato aveva elettivamente fondato una sua religione quella di una mediterraneità che doveva tradursi in piatto leggero, delicato, armonioso senza spigoli che desse il senso della natura.
È con questo vangelo gastronomico che nacque “Tano passami l’olio” una scelta coraggiosa antesignana della conversione salutista che decenni dopo e soprattutto recentemente dopo i gravi effetti della pandemia avrebbe fatto molti adepti fra i suoi colleghi. Una scelta che la Guida Michelin apprezzò da subito assegnando allo Chef milanese una prestigiosa stella che ha continuato a rimanere appuntata sul petto per tutti questi anni.
“Dimenticate l’atmosfera modaiola e chiassosa dei Navigli – si legge ancora sulla Guida Rossa – qui si mangia in sale ovattate dove L’eleganza classica degli ambienti fa spazio ad una cucina decisamente più originale che si distingue per inusitati accostamenti e raffinate presentazione oltre che naturalmente per gli ottimi Oli che arrivano a guarnire i piatti nel corso della cena”.
E sì perché lo Chef di oli extravergine di oliva di tutta Italia vi inonderà per tutto il corso della cena dagli aperitivi in poi. E non è un caso se nel 2016, A.I.R.O. (Associazione Internazionale Ristoratori dell’Olio) ha premiato Tano passami l’olio come miglior ristorante per l’uso di olio extra vergine d’oliva
Ovviamente l’olio che sta sull’insegna non è solo celebrazione del più puro estratto di olive è anche la sintesi della sua filosofia culinaria frutto di appassionate ricerche e studi sulla importanza della naturalità in gastronomia, sulle materie prime che devono essere interpretate e valorizzate senza mai alterarne il sapore e il significato, sul benessere che si costruisce a tavola mangiando con equilibrio senza rinunciare al sapore, quello che passa la stagione. Sembra facile a dirsi, molto meno a realizzarlo mettere in pratica questa filosofia richiede tempo, impegno e disponibilità al sacrificio.
Ma, come Tano Simonato ama sempre ripetere: ci sono due modi di mangiare. Uno per nutrirsi e l’altro per divertirsi. La cosa bella è che il secondo non elimina il primo.
Allo chef Simonato Mondo Food ha chiesto una ricetta che rappresenti i sapori autunnali. La risposta non poteva che ricadere sui funghi, che troneggiano in questo momento nelle cucine di tutti i grandi chef stellati e no, che si portano appresso il sapore e il profumo di boschi, di natura incontaminata, di passeggiate in montagna. E su tutti il più diffuso, il Fungo porcino, che soddisfa il palato ma per le sue proprietà nutraceutiche anche il corpo e per questo molto amato dallo chef.
Gli antichi romani chiamavano questi funghi Suillus per il loro aspetto generalmente tozzo e massiccio, e il termine porcino ne è l’esatta traduzione.
Alcuni dicono che si chiami così perché di elevato gradimento dei maiali. Altri invece dicono che è perché gli individui giovani assomigliano tanto a porcellini grassottelli.
Nella Roma antica se ne consumavano grandi quantità, soprattutto secchi: si usava essiccarli al fuoco dopo averli tagliati a fette e infilzati con tralci di giunco in ampie ghirlande, che poi venivano vendute al mercato.
Erano dunque amati, ma pure temuti, perché anche allora provocavano pericolose intossicazioni che conducevano alla morte, la più celebre delle quali fu quella dell’imperatore Tiberio Claudio, avvelenato proprio con boleti velenosi dalla moglie Agrippina.
l primo autore che descrisse dettagliatamente caratteristiche e qualità dei funghi fu Plinio il Vecchio, nella sua grande opera Naturalis historia (Storia Naturale) del 77-78 d.C. e il suo contemporaneo Marco Gavio Apicio ne codificò una lunga serie di ricette nel De re coquinaria.
Ma già molti secoli prima, in Cina, i funghi erano chiamati “cibo degli dèi” e avevano un posto d’onore sulle mense degli antichi egizi e dei Babilonesi.
Per molto tempo si è creduto che i funghi fossero un alimento povero di sostanze nutritive ma gli studi scientifici hanno viceversa accertato che hanno numerose proprietà: sono ricchi di selenio e quindi il loro apporto nutrizionale è considerato importante per rafforzare le difese immunitarie.
Sono inoltre una fonte di carboidrati, proteine, sali minerali e vitamine. Tra i sali minerali presenti nei funghi troviamo calcio, ferro, manganese e selenio. I funghi contengono inoltre vitamine del gruppo B, B2 fondamentale per la produzione dei globuli rossi, B3 che contribuire al buon funzionamento del sistema nervoso e inoltre sono inoltre una fonte di sostanze antiossidanti utili per la prevenzione dell’invecchiamento e dei danni causati al nostro organismo dai radicali liberi.
Tano Simonato ne offre una originalissima versione caramellata, anzi due: la sua classica e l’altra impreziosita, visto che siamo in autunno, dal tartufo nero. E le spiega così: “Partiamo dal fatto che in un mio piatto devono esserci sempre sei cose: Consistenza, morbidezza, croccantezza, sapidità, acidità e dolcezza. E che comunque abbiano tutte un equilibrio. Questo porcino nasce dall’idea di un taglio a mo’ di bistecca, il fatto che sia caramellato, è quanto sopra, e per chi è vegano, non ci metta il lardo, mangia bene lo stesso…”
La ricetta n 1: Porcini caramellati al forno con lardo d’oca affumicato indivia e confit di mela con il suo caramello al Caldiff.
Ingredienti: per 4 persone
8 porcini
Lardo d’oca affumicato o lardo bianco con dadini di speck
2 mazzi di insalata indivia
2 mele granny smith
Caldiff o Calvados
Olio evo medio (Marche, Campania)
Zucchero
Sale e pepe.
Preparazione:
Pelare le mele, togliere il torsolo, tagliare a spicchi di ½ cm e lessare, tenendo al dente gli spicchi di mela. Fare una glassa di zucchero con gli scarti delle mele. Raggiunta la densità voluta, spegnere il fuoco e fare raffreddare.
Mettere sul fuoco una padella con 3 etti di zucchero far brunire leggermente e aggiungere 100 ml. d’acqua, restringere un po’ e aggiungere 100 ml. di Caldiff, restringere nuovamente a densità voluta.
Ora, dopo avere pulito bene i porcini, tagliarli a fette con spessore 1 cm e ½, cospargere dell’olio evo e coprirli di zucchero, salare qb. Mettere in forno a 250° per 7-8 min. circa.
Lavare e tagliare finissima l’indivia, condirla leggermente.
Presentazione:
Mettere nel piatto di portata l’indivia al centro, intorno il confit di mela porre sopra l’indivia i porcini caramellati, tagliare delle fettine sottili di lardo d’oca affumicato e porle al di sopra dei funghi, cospargere con un biberon dei fili di caramello al Caldiff ed infine un filo d’olio medio.
Ricetta n.2: Porcini caramellati al forno con lardo d’oca affumicato, aceto balsamico e tartufo nero.
Ingredienti: per 4 persone.
8 porcini
Lardo d’oca affumicato o lardo bianco con dadini di speck
Aceto balsamico 12 anni
Tartufo nero
Olio evo medio (Marche, Campania)
Zucchero, sale e pepe.
Preparazione:
Pulire bene i porcini, tagliarli a fette con spessore 1 cm e ½, cospargere dell’olio evo e coprirli di zucchero, salare qb.
Mettere in forno a 250° per 7-8 min. circa.
Mettere nel piatto di portata e coprire con lardo d’oca affumicato o lardo bianco con dadini (brunoise) di speck, aggiungere l’aceto balsamico ed infine piallare il tartufo nero.