Giorni cruciali per il Canada e per il suo premier, Justin Trudeau, in carica dal 2015, ma ormai più popolare all’estero, dove è considerato un’icona progressista e ha un’ottima intesa con i colleghi del G8, che in casa propria. Il 49 enne liberale, che nel 2015 aveva stravinto le elezioni, nel 2019 è stato invece rieletto a fatica: il suo partito è sempre il più rappresentato in Parlamento (155 seggi contro i 119 dei conservatori) ma guida un governo di minoranza, visto che la soglia della maggioranza assoluta è a 170 seggi. Per questo motivo, e tentando di cavalcare i successi della gestione dell’emergenza sanitaria e della campagna vaccinale, Trudeau ha improvvisamente a metà agosto convocato elezioni anticipate per lunedì 20 settembre: vuole che siano i canadesi a decidere se affidargli o meno il post-Covid. E a quanto pare l’esito potrebbe non essergli favorevole, visto che il rivale conservatore Erin O’Toole, che strizza l’occhio ai No Vax e che vorrebbe rivedere il divieto di possedere armi da fuoco (voluto dal premier in carica dopo le stragi in Nuova Scozia), lo insidia nei sondaggi.
In questa breve ma intensa campagna elettorale di fine estate, a Trudeau è persino capitato di essere aggredito fisicamente: è successo in un piccolo centro dell’Ontario, dove è stato accolto a sassate. Eppure ben poco si può imputare al premier sulla gestione della pandemia: il Canada l’ha contenuta decisamente meglio dei vicini Stati Uniti, con 27.000 decessi, 1,5 milioni di casi totali (su una popolazione di 38 milioni), e soprattutto con una campagna vaccinale particolarmente efficace. Nel Paese nordamericano il 67% della popolazione è completamente immunizzato e secondo alcuni sondaggi l’80% dei cittadini approverebbe l’istituzione di un Green Pass sul modello europeo. Il problema per Trudeau è casomai il costo economico della pandemia: il debito pubblico, che già stava crescendo negli anni precedenti, è ora schizzato oltre i 720 miliardi di dollari, anche se il rapporto debito/Pil è attualmente intorno al 48%, il più basso tra i Paesi del G7. Tuttavia il premier ha promesso un piano di rilancio da 78 miliardi in cinque anni, che i conservatori giudicano eccessivo, proponendone uno da 52 miliardi, con l’obiettivo del pareggio di bilancio.
Più che sulla sanità, la partita elettorale si sta dunque giocando sul costo della vita e in particolare sul mercato immobiliare, che in Canada è andato fuori controllo. L’inflazione è salita oltre il 4% ad agosto (il massimo da 18 anni), anche se la Banca centrale ha assicurato che dovrebbe scendere a un più gestibile 2% nel 2022. Intanto però i canadesi stanno vedendo aumentare i prezzi di generi di prima necessità come alimentari (soprattutto carne e verdure), vestiti, bollette e benzina. Un sondaggio della CIBC, una delle principali banche canadesi, ha indicato che il 60% dei cittadini è preoccupato per il rialzo dei prezzi, soprattutto quelli delle case. Secondo i dati di The Economist, dal 2015 il costo delle case a Vancouver è aumentato in media del 44%, mentre a Toronto è balzato del 38%: in confronto, i prezzi delle case di Londra sono aumentati del 9%, a New York del 13% e a Tokyo del 6%. Se l’aumento del valore della proprietà è stato un vantaggio per gli attuali proprietari di case, è invece un enorme problema per le famiglie più giovani, tant’è vero che secondo un rilevamento BBC il “cost of life” è al primo posto tra le preoccupazioni dei canadesi con il 62%, davanti alla sanità col 47% e all’ambiente con il 46%.
La ricetta di Trudeau è drastica: aumentare di 3 punti percentuali le tasse per tutte le banche e assicurazioni che realizzino almeno 1 miliardo di dollari di utili, e con quei soldi (stimati in 2,5 miliardi l’anno tra il 2022 e il 2026) agevolare l’acquisto della prima casa per le famiglie under 40. Ai giovani verrebbe dunque proposta l’esenzione dalle imposte sui risparmi fino a 40.000 dollari, accompagnata dall’esplicito divieto per i cittadini stranieri di comprare immobili in territorio canadese per i prossimi due anni, in modo da garantire ampia disponibilità sul mercato ai residenti. “Le banche sono andate alla grande negli ultimi tempi, è arrivato il momento di chiedere loro qualcosa in più”, ha detto il premier lanciando questa sorta di “dividendo della ripresa”, ma la formula ovviamente non convince il mondo finanziario, che attraverso l’associazione dei bancari ha già fatto notare al leader liberale che dal 2019 le grandi banche hanno versato allo Stato 12,7 miliardi di dollari. A questa ricetta si oppone anche il candidato di destra O’Toole, che nei sondaggi è passato a sorpresa in vantaggio, anche se di pochissimo.
Il testa a testa, che si deciderà quasi sicuramente al ballottaggio, si gioca infine sull’ambiente. Il Canada viene infatti da una estate allarmante, segnata da ondate di caldo mai registrate prima, che hanno provocato oltre 700 morti in una sola settimana a luglio, un dato tre volte superiore al normale. Senza contare gli incendi che hanno devastato intere foreste e le simulazioni dell’Environment and Climate Change Canada, che pronostica – nel caso in cui le emissioni restassero ai livelli attuali – 75 giorni di caldo estremo all’anno a Montreal, una città dove di solito la temperatura media diurna a luglio, il mese più caldo dell’anno, è di 26 gradi. Trudeau si presenta come un ecologista della prima ora, ma i suoi ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 al 2030 (-45% rispetto al 2005) si stanno rivelando probabilmente irrealizzabili e anche su questo il premier viene duramente incalzato dall’opposizione, che suggerisce di ripiegare su un più prudente obiettivo del -30%, che poi sarebbe quello minimo stabilito dagli Accordi di Parigi sul clima.