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Big Pharma, l’agghiacciante caso degli oppiacei scuote gli Usa

Una sentenza clamorosa, un indennizzo da 4,5 miliardi per risarcire mezzo milione di vittime: i Sackler perdono Purdue Pharma ma si salvano dalle accuse più gravi sul farmaco killer. Ecco cosa è successo

Big Pharma, l’agghiacciante caso degli oppiacei scuote gli Usa

La famiglia Sackler,  tra le più ricche d’America, proprietaria dei laboratori farmaceutici Purdue, ha comprato l’immunità più cara della storia: 4,5 miliardi di dollari per liberarsi delle conseguenze dell’epidemia degli oppiacei che negli ultimi vent’anni ha fatto più di mezzo milione di morti negli Stati Uniti. Scende così, forse, il sipario su una delle vicende più drammatiche (e vergognose) della recente storia americana: la diffusione degli oppiacei distribuiti a piene mani alle fasce più povere della popolazione, assistite da polizze assicurative a basso costo, con effetti devastanti per la salute.

Una delle società che hanno tratto più profitti da questo business (almeno dieci miliardi di dollari) è quella dei laboratori Purdue, posseduta dalla famiglia Sackler, una dinastia di mecenati cui, fino a pochi anni fa, era intitolata un’ala del Louvre che ospitava i tesori dell’arte antica graziosamente donati dalla dinastia.  Con la sentenza di ieri, mercoledì 1 settembre, i laboratori Purdue finiscono, secondo lo schema mutuato dal Chapter 11, sotto il controllo di un trust. Escono di scena invece i Sackler. Ma non è detto perché già i procuratori di due Stati hanno annunciato ricorsi contro la sentenza che assolve la famiglia, comunque ricchissima, dalle proprie responsabilità. Un finale che non soddisfa l’opinione pubblica, a partire dalle vittime dell’Oxycontin, il farmaco killer che per anni (attestano 30 milioni di e mail) è stata la droga più pubblicizzata e venduta negli States, spesso l’unico rimedio alla portata delle tasche degli Americani più poveri, compresi i reduci da Afghanistan ed Iraq, afflitti da malanni fisici e mentali. 

Una sorta di tragedia nazionale con un finale iniquo.  “I Sackler – scrive il New York Times – resteranno una delle famiglie più ricche d’America, forte di una protezione che la legge offre in genere alle società in bancarotta ma non ai loro proprietari, come avviene in questo caso”. Un risultato he suscita indignazione perché, scrive il Washington Post, “i Sackler  hanno finora evitato di riconoscere le proprie responsabilità”.  Richard, l’ex presidente, ancora un mese fa ha negato ogni responsabilità nella gestione del dossier, altri membri della famiglia si sono detti “inorriditi”. Solo David, già dirigente del gruppo, ha riconosciuto una “responsabilità morale” della famiglia, ma l’ha fatto sotto la protezione dello scudo garantito alla famiglia dopo che per due volte, un’analoga offerta era stata rifiutata dal tribunale.  

“Lo confesso: è un risultato davvero modesto. Ma non sono riuscito a far di meglio: la rete dei conti offshore che protegge il patrimonio dei Sackler si è rivelata inestricabile”. Così, con un certo imbarazzo, il giudice Robert Drain del tribunale fallimentare di White Plains che ha firmato la sentenza, ha commentato il verdetto che, alla fin fine, si traduce in ben poca cosa per le vittime: 3.500 dollari a testa per i danni minori fino ad un massimo di 48 mila per i parenti delle vittime, stroncate da overdose di farmaci. Magra consolazione: da oggi i profitti dei laboratori Purdue saranno interamente destinati a combattere gli effetti degli oppioidi, a partire dal Fentanyl, la tremenda droga sintetica che, recitano le accuse, rappresenta lo sbocco quasi scontato per i drogati da Oxycontin, l’unico farmaco che le assicurazioni “cheap”, in ottima forma a Wall Street, hanno distribuito ai loro clienti più poveri.
E i Sackler? Hanno un problema. Non solo il Louvre ma anche la Tate Gallery ed il Metropolitan hanno rifiutato le opere d’arte offerte in dono. 

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