Le risorse economiche ci sono, la capacità dei singoli Paesi di organizzarsi anche, il cuore verde non manca. La nuova Politica agricola europea ha messo d’accordo Consiglio e Parlamento europeo. Dal 2023 al 2027 si distribuiranno 340 miliardi di euro. Circa 40 andranno all’Italia. Resta da vedere ora la capacità concreta dei singoli Stati di saper stare dentro un progetto vero di rinascita di tutto il comparto. La battaglia politica è stata accesa. Tutti sanno che sulla filiera agricola e alimentare si gioca una partita decisiva per la ripartenza del vecchio continente.
L’Italia è guardata con straordinaria attenzione per aver molto insistito, durante i negoziati, sulla speciale autodeterminazione di ciascun Paese di fare bene da solo. Una sfida alla fine condivisa, ma che dovrà servire anche a rintuzzare le critiche ambientaliste ai firmatari dell’accordo accusati di non aver osato di più sulla missione green della Pac. La pandemia, per cominciare, dovrà essere un ricordo a condizione che si riuscirà a definire piani strategici nazionali all’altezza delle aspettative. Il Ministro Patuanelli si dice soddisfatto dell’accordo e come i suoi colleghi attende solo il voto dell’assemblea plenaria del Parlamento europeo. Ha il compito, tuttavia, di stimolare tutti i soggetti ad andare in una sola direzione. Sarebbe un grave errore trascurare le differenze territoriali e strutturali delle Regioni, delle produzioni autoctone e dei sistemi di lavorazione.
I piani strategici nazionali, oggetto del desiderio (conquistato) di vari Ministri sono la cifra della vocazione verde di ciò che avviene nei campi e degli effetti sulla catena alimentare. Averla verde, equa e sostenibile, la vocazione, equivale a non incorrere in sanzioni Ue, giacché lo scenario continentale è sempre il Green deal europeo. Ogni paese dovrà poi impiegare il 25% delle risorse per attività non in contrasto con il clima e l’ecosistema. Vedremo chi sarà più bravo ad arrestare fenomeni degenerativi. Su questo versante la riduzione di carburanti inquinati e lo spazio crescente dell’agricoltura biologica dovranno costituire nuovi modelli organizzativi per le aziende agricole. I cosiddetti ecoregimi che richiedono il 3% di terreni dedicati alla non produzione e al riconoscimento dei diritti dei lavoratori obbligano alcuni Paesi ad una vigilanza rafforzata sui territori. L’Italia ancora una volta può dare esempio di coerenza con gli obiettivi del PNRR.
Il contrasto al caporalato e allo sfruttamento senza diritti, fino a fenomeni gravissimi per la vita e l’incolumità, faranno da contrappeso a una nuova organizzazione del lavoro. L’ultima indagine di Terra! E(U)xploitation ha stabilito che Italia, Grecia e Spagna sono i Paesi dove è più diffuso il lavoro nero o grigio con scarsi controlli e pene non incisive. I commenti europei in queste ore sono orientati all’ottimismo perché ogni negoziatore ha potato a casa qualcosa di “proprio”. Il punto sarà l’armonia vera che i 27 dovranno ricercare e per 7 lunghi anni.