Ma quanta animazione si registra attorno al tema delle batterie, l’anima dell’auto elettrica. Le case automobilistiche stanno spingendo per ridurre la loro dipendenza dall’Asia per le batterie, mentre lanciano modelli completamente elettrici per soddisfare obiettivi di emissioni più severi nell’Unione Europea. Oltre a ridurre i tempi di ricarica e a migliorare la densità energetica si punterà a ridurre la quantità di materia prima necessaria nelle batterie per ottenere la stessa autonomia. Una sfida tecnologica molto complessa, ma attorno a cui si deciderà la vera leadership sul mercato delle quattro ruote.
In pole position si è già piazzata una società svedese, la Northvolt, fondata da due ex collaboratori di Tesla: il presidente Peter Carlson e Paolo Cerruti, ingegnere torinese, ex Renault, che guidano una pattuglia di ingegneri, chimici e manager di una settantina di Paesi. Una start up che oggi già vale circa 12 miliardi di euro di capitalizzazione, dopo l’ultima iniezione di fondi cui hanno partecipato, tra gli altri, Goldman Sachs e Volkswagen, forte del 20 per cento del capitale, che ha già sottoscritto commesse per 14 miliardi di euro per la realizzazione di 6 gigafactory, capaci di sostenere le forniture per le vetture elettriche del gruppo. Ma il colosso di Wolfsburg non è solo.
La settimana scorsa la casa svedese ha siglato un accordo con Volvo per la costruzione di un impianto in grado equipaggiare mezzo milione di vetture a partire dal 2026. Prima ancora la stessa Volvo, la prima casa ad aver annunciato di voler produrre solo auto elettriche dal 2030, si approvvigionerà presso l’impianto Northvolt che presto entrerà in attività ad un passo dal Circolo Polare Artico a Skelletea, la città (32 mila abitanti) più a nord del Paese, il primo nel Vecchio Continente costruito da una società a maggioranza europea.
“La sfida più difficile – confessa Carlson – è convincere la gente a venire a lavorare lassù”. Una scelta estrema ma che, ha spiegato Cerruti, nasce da un obiettivo strategico: la giga fabbrica funzionerà con la sola energia idroelettrica, senza impatti ambientali e potrà sfruttare la vicinanza a centri di lavorazione dei metalli oltre a materie prime e alla vicinanza di infrastrutture. Non solo. Di fianco alla fabbrica di Skelletea sorgerà un impianto dedicato esclusivamente al riciclo dei materiali con l’obiettivo di riutilizzare il 50 per cento delle materie prime.
Anche gli altri gruppi si stanno muovendo per attrezzarsi per la sfida elettrica. In settimana il presidente francese Emanuel Macron dovrebbe annunciare una partnership tra Renault e la cinese Envision riguardante le batterie: i due soggetti lavoreranno insieme per realizzare un grande impianto produttivo da 43 Gigawatt a Douai, la cittadina al confine con il Belgio dove Renault intende far nascere il polo dell’auto elettrica.
La scorsa settimana è stato annunciato un accordo tra Porsche e Customcells, una società tedesca specializzata in celle agli ioni di litio che mira a realizzare accumulatori con una maggiore densità di energia rispetto ai prototipi utilizzati nelle attuali auto elettriche. Il progetto conferma che il tema dell’elettrico è ormai centrale anche per il comparto del lusso, dopo gli annunci di Lamborghini, Aston Martin e della Ferrari decisa a recuperare, dopo l’iniziale perplessità, il terreno perduto.
La Rossa di Maranello ha promesso la sua prima vettura totalmente elettrica per il 2025, ma già oggi si trova ad affrontare i problemi della transizione dal motore che ruggisce ad un mezzo più silenzioso, una transizione in cui si rivelerà preziosa la competenza del nuovo ad Benedetto Vigna, un veterano nei chip applicati al mondo dell’auto, per 26 anni nelle fila di Stm.
Ci vorrà ancora tempo invece per capire se Stellantis sceglierà o meno l’Italia per realizzare il terzo impianto per le batterie, dopo quelli già decisi per Francia e Germania. Il governo preme, nella giusta convinzione che si tratti di un passo necessario per sostenere il futuro della filiera dell’auto. Intanto si profila un altro competitor: per un torinese come Cerruti che produrrà batterie nell’estremo Nord Artico c’è uno svedese, Peter Carlstrom, che si propone di produrre batterie al litio a Scarmagno, nell’ex sito Olivetti. Il piano, in attesa di finanziamenti pubblici e privati, va avanti. Chissà.