I Maneskin hanno vinto l’Eurovision Song Contest 2021, riportando in Italia una vittoria che mancava da 31 anni. Un successo storico per il nostro Paese arrivato grazie al gruppo rock romano che a marzo aveva conquistato Sanremo con la sua performance di “Zitti e Buoni” e che con l’esibizione alla finale di Rotterdam è riuscito a convincere giuria e pubblico. La notizia ha fatto il giro del mondo e, tralasciando le tanto infondate quanto infamanti accuse rivolte al cantante della band, ha riportato la musica italiana in cima al mondo.
La vittoria dei Maneskin porta con sé anche un altro importante risultato: nel 2022 sarà l’Italia a organizzare il festival della musica internazionale che ogni anno, per la finale, inchioda davanti alla Tv una media di 200 milioni di spettatori. Un evento live di portata globale che darà lustro al Paese e per organizzare il quale si dovrà partire con largo anticipo.
EUROVISION: QUANTO COSTA ORGANIZZARLO?
Ma quanto costa organizzare l’Eurovision? Da due giorni questa domanda circola in lungo e in largo. E allora possiamo rispondere che una cifra fissa non c’è, ma per capire cosa ci aspetterà l’anno prossimo possiamo fare due paragoni: uno con il Festival di Sanremo, l’altro con i costi che gli altri Stati si sono sobbarcati negli ultimi anni.
Partiamo da Sanremo 2021. Tra conduttori, ospiti, scenografia, convenzione annuale da versare al Comune di Sanremo e via dicendo, il costo totale di Sanremo 2021 è stato pari a 17,4 milioni di euro. Una cifra alta, ma decisamente ben spesa dato che negli ultimi anni i ricavi, diretti e indiretti, prodotti dal festival hanno sempre superato i costi. Quest’anno, per esempio, solo dalla pubblicità sono arrivati 38 milioni di euro, 1 milione in più rispetto al 2020. Un risultato arrivato nonostante l’emergenza Covid-19 abbia messo a dura prova l’organizzazione e reso possibile grazie a un’audience tradizionalmente molto elevata: secondo l’elaborazione dello Studio Frasi su dati Auditel, l’audience media si è attestata a quota 8.433.199 con share del 47,72 per cento.
Passiamo invece alle ultime edizioni dell’Eurovision. Per organizzare l’edizione del 2021 a Rotterdam, i Paesi bassi avevano preventivato una spesa di 26,5 milioni di euro. A questa cifra bisogna però aggiungere costi per 6,7 milioni derivanti dalla cancellazione dell’Eurovision Song Contest 2020, saltato a causa della pandemia di Covid-19. Negli ultimi dieci anni a spendere la cifra più alta è stato l’Azerbaigian, che nel 2012 ha sborsato 51 milioni di euro per il festival, 9 milioni per gli eventi collaterali e addirittura 100 milioni per la costruzione della Baku Crystal Hall. Molto più economico invece l’Eurovision organizzato l’anno successivo dalla Svezia, costato in totale 15 milioni di euro. Facendo una media tra le varie edizioni, possiamo dire che i costi complessivi viaggiano in media attorno ai 20-25 milioni di euro.
RICAVI DA CAPOGIRO
Come detto, la Rai è riuscita a incassare 38 milioni di euro di pubblicità, forte di un’audience pari a 8,4 milioni di spettatori. La serata finale dell’Eurovision negli ultimi anni è stata vista da 200 milioni di persone, circa 25 volte in più. I potenziali ricavi derivanti dalla raccolta pubblicitaria sono dunque enormi. E a questi occorre aggiungere il fatturato proveniente dai biglietti, le ricadute in termini di turismo e immagine per la città organizzatrice e per l’intero Paese. Se organizzato bene dunque, i profitti potrebbero essere molto ingenti.
EUROVISION 2022: 4 LE CITTÀ ITALIANE IN CORSA
Di fronte a cifre di questa portata è facile comprendere come ogni città sia disposta a fare carte false per aggiudicarsi l’evento. La vittoria dei Maneskin fa sì che spetti al nostro Paese l’onere di ospitare l’Eurovision nel 2022 e a 48 ore dalla fine del festival è già partito il “totocittà”.
Fino ad oggi l’Italia ha ospitato due edizioni dell’Eurovision, quella del ‘65 organizzata a Napoli e quella del ‘91, tenutasi a Roma.
In pole per organizzare la prossima edizione sembrano esserci 4 città: Milano, Roma, Torino e Bologna.
Ricordiamo infatti che sulla scelta peseranno i collegamenti che la città è in grado di garantire, la capacità ricettiva del luogo che sarà chiamato ad ospitare migliaia di turisti, ma anche la presenza di una struttura abbastanza grande (almeno 10mila posti) per accogliere delegazioni e spettatori. La battaglia tra città è già partita, ma per il momento rimaniamo ancora tutti “Zitti e Buoni” per un po’.