Molti ricordano la Grande Depressione del 1929, o ancora più nitidamente, perché molto più recente, la crisi finanziaria legata ai mutui subprime, esplosa nel 2008 con la celebre bancarotta della banca Lehman Brothers. Ma una delle prime bolle speculative americane, il cosiddetto “Panico del 1837”, è esplosa la bellezza di 184 anni fa, il 10 maggio proprio del 1837. La città era sempre la stessa: New York, e in quel caso il “panico” fu scatenato da una febbre speculativa. Successe che all’inizio della presidenza di Martin Van Buren (l’ottavo presidente degli Usa, del Partito democratico, eletto due mesi prima) tutte le banche della City, che già allora era il centro finanziario di riferimento, bloccarono tutti i pagamenti in monete (d’oro e d’argento). Al panico seguirono cinque anni di depressione, con il fallimento delle banche e livelli record di disoccupazione.
Come si arrivò a quella crisi? Intanto, gli Usa venivano da anni di grande espansione economica, legata soprattutto allo sviluppo delle grandi infrastrutture nazionali, in particolare la rete ferroviaria. Il governo federale incoraggiò la speculazione vendendo milioni di acri di terreni demaniali in stati dell’ovest come Michigan e Missouri, principalmente a speculatori con denaro contante a loro disposizione; questi rivendevano e compravano nella speranza di accaparrarsi appezzamenti di terra ben posizionati che sarebbero aumentati di valore, una volta che canali e le promesse ferrovie avessero portato all’ovest i coloni in cerca di terra. Il tesoro degli Stati Uniti stava accumulando un surplus di bilancio, ma non fu una cosa positiva. Il Congresso infatti pensò bene di immettere risorse nell’economia reale, e nel frattempo riuscì anche a ripianare il debito pubblico.
Però l’amministrazione precedente, quella del presidente Jackson, era ideologicamente legata alla moneta, ovvero i pagamenti in monete d’oro e d’argento, e diffidava della cartamoneta e dei titoli di credito emessi dalle banche locali. Nel 1836 dunque, nell’intento di ridurre la speculazione sulle terre, Jackson e il suo Segretario del Tesoro, Levi Woodbury, emanarono la Circolare sulla moneta, ordinando che dal 15 agosto 1836 il Tesoro statunitense accettasse solo monete in oro o argento come pagamenti per le terre demaniali, rifiutando la cartamoneta e altri titoli di credito. Molte banche di stato e piccole banche locali non avevano monete per ripagare le banconote. Come risultato, le vendite di terreni crollarono a un quarto del livello dell’anno precedente, le compagnie iniziarono a pagare i loro lavoratori con certificati, iniziarono a circolare cambiali, e i pagamenti in moneta crollarono.
La domanda di moneta ad Ovest si trasferì rapidamente a New York, generando quindi la bolla del 10 maggio 1837. Nel giro di due mesi i fallimenti nella sola New York ammontavano a quasi cento milioni di dollari in valore: di 850 banche negli Stati Uniti, 343 chiusero completamente, 62 fallirono parzialmente.