Prosegue la corsa del rame. Sul London Metal Exchange, i contratti benchmark a tre mesi hanno toccato mercoledì quota 10.021 dollari la tonnellata, in rialzo dello 0,6% rispetto alla precedente chiusura. La quotazione ha superato i 10mila dollari per la seconda volta in meno di una settimana (era già successo giovedì scorso), attestandosi sui livelli più alti dal febbraio del 2011.
A spingere verso l’alto i prezzi del rame non è solo la congiuntura economica globale (con la ripresa post-pandemia che ormai da tempo sostiene il valore di quasi tutte le materie prime).
Il rialzo del conduttore per eccellenza è legato soprattutto al diffondersi delle strategie di conversione all’elettrico fra le principali economie del pianeta. Una tendenza che alimenta la domanda dei prodotti necessari alla transizione energetica, di cui il rame è una componente essenziale.
In una recente nota, Bank of America afferma che, anche per il basso livello delle scorte, nei prossimi mesi il rame potrebbe arrivare a sfondare quota 13mila dollari la tonnellata.
“Al momento e nel lungo periodo, le prospettive per il rame sono molto positive – conferma Nitesh Shah, analista di WisdomTree citato dall’agenzia di stampa Reuters – La domanda crescerà ulteriormente nei prossimi due anni, sostenendo i prezzi”.
Secondo l’International Copper Study Group, “dopo tre anni in cui è rimasta sostanzialmente invariata, la produzione mondiale delle miniere di rame dovrebbe aumentare di circa il 3,5% nel 2021 e del 3,7% nel 2022”. Un incremento che porterebbe il mercato globale del rame a un surplus di 79mila tonnellate quest’anno e di 109mila tonnellate nel 2022. D’altra parte, gli analisti di Commerzbank sottolineano come “questa valutazione dell’Icsg sia in netto contrasto con quella di molti altri operatori, secondo cui il mercato del rame sarà caratterizzato anche quest’anno dalla grave insufficienza delle scorte”.