“Il Recovery Plan deve passare attraverso le filiere e i distretti produttivi”. A pochi giorni dall’approvazione in Parlamento del piano di aiuti europei, Carlo Messina, CEO di Intesa Sanpaolo, lancia la candidatura della prima banca italiana a diventare “l’infrastruttura finanziaria del Paese, la cintura di collegamento tra fondi e progetti e le imprese e le famiglie italiane. Intesa Sanpaolo è la banca dei distretti, nessun operatore in Italia è presente quanto noi nel contatto con le imprese del territorio. E i distretti sono l’infrastruttura produttiva che trascina la crescita italiana, sulla quale puntare per la ripresa. Solo accelerando sulla crescita il debito può mantenere una sostenibilità. Abbiamo stimato – ha proseguito Messina – che quando andrà a regime il piano europeo, entro il 2026, saremo in grado di erogare 270 miliardi di euro alle imprese coinvolte nei diversi moduli del Recovery Plan. Abbiamo anche un plafond di 140 miliardi per finanziare i mutui delle famiglie, sempre legati al piano, come ad esempio l’edilizia green”. In totale quindi oltre 400 miliardi al sistema Paese.
L’intervento del CEO di Intesa Sanpaolo, che riconosce nei distretti e nelle filiere territoriali italiane “un punto di forza assoluto del Paese, siamo unici in Europa”, arriva non casualmente a conclusione della presentazione del 13° Rapporto sull’Economia e la Finanza dei Distretti Industriali nel 2020, l’ultimo della Direzione studi della banca, dal quale è emersa una conferma: le imprese distrettuali resistono meglio alla crisi delle altre, soprattutto in questa fase di emergenza sanitaria globale, che ha messo in difficoltà le catene di fornitura internazionali. E’ proprio in questa fase infatti che la centralità del territorio, che la vicinanza dei fornitori assumono un ruolo ancora decisivo, anche per rendere il “made in Italy” ancora più “in Italy”: molti comparti in difficoltà, in particolare quello della Moda, sono sempre più “costretti” ad accorciare la filiera produttiva, rivolgendosi a imprese del proprio distretto e meno all’estero (soprattutto Cina).
Il dato pre consuntivo delle imprese distrettuali nel 2020 parla di un crollo purtroppo atteso del 12,2%, che sarà solo in parte compensato dal rimbalzo dell’11,8% previsto quest’anno. Lo studio di Intesa Sanpaolo ha elaborato i dati di 20.000 imprese distrettuali, confrontandoli con quelli di circa 60.000 imprese non distrettuali, per un fatturato complessivo di 769 miliardi di euro, di cui 254 miliardi relativi ai distretti. “Abbiamo constatato – ha commentato il chief economist della banca Gregorio De Felice – che i distretti stanno reagendo meglio, sono più resilienti grazie soprattutto a due fattori: la capacità di accumulare liquidità e patrimonio negli anni passati, e la competitività sui mercati internazionali”. Lo studio infatti rileva che il 25% delle imprese dei distretti hanno registrato perdite nel 2020: il 15% delle grandi, il 27% tra le piccole o micro, ben il 34% nel settore della Moda, uno dei più colpiti se non il più colpito.
Tuttavia le imprese dei distretti sono state “formiche”: “Il 50% di quelle in perdita – ha illustrato De Felice – ha una liquidità interna adeguata per sopravvivere, cioè superiore al cash flow negativo del 2020. Addirittura l’80% di quelle in perdita aveva un patrimonio netto sufficiente per far fronte all’erosione del fatturato. Inoltre queste aziende confermano un buon posizionamento competitivo internazionale”. Bastano due dati su tutti: il 63,6% delle imprese distrettuali esporta, contro il 53,5% di quelle non distrettuali; le imprese non distrettuali producono 49 brevetti ogni 100 aziende, contro i 72,6 ogni 100 delle omologhe dei distretti. A proposito di Recovery Plan, che si poggia in buona parte su green e digitale, i distretti hanno dimostrato – secondo Intesa Sanpaolo – maggior sensibilità anche su questi temi.
Il digitale sta ad esempio trascinando la meccanica, uno dei nostri punti di forza, dal quale è atteso un buon rimbalzo nel 2021 grazie anche al miglioramento tecnologico che porta benefici sulla qualità e sul contenimento dei costi di produzione. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, sul totale dei brevetti dei distretti industriali depositati dal 1998 al 2018, il 5% è un brevetto green, mentre ormai 12 imprese distrettuali su 100 sono energeticamente autonome grazie all’autoproduzione di energia rinnovabile.