A causa della pandemia, l’Italia produrrà debito pubblico aggiuntivo per quasi 500 miliardi di euro. Secondo i calcoli del Sole 24 Ore, con l’ultima legge di Bilancio e i decreti ristori il governo Conte 2 ha gonfiato il deficit di 426,8 miliardi negli anni che vanno dal 2020 al 2026. A questa somma si aggiungono i 40 miliardi del nuovo scostamento di bilancio che il governo Draghi sta per chiedere al Parlamento con il Def, più altri 30 miliardi (spalmati su cinque anni) da tenere come riserva per le misure che non troveranno spazio nel Recovery Plan. In totale, il conto ammonta a 496,8 miliardi: quasi due volte e mezzo i soldi destinati al nostro Paese con il Piano di resilienza e ripresa.
Risultato: il Documento di economia e finanza che il Consiglio dei ministri ha approvato contiene una stima del rapporto deficit/Pil 2021 nell’ordine del 11,8%, mentre il debito/Pil si attesterà sul 158-160% e la stima sul Pil sale al 4,5% (4,1% a politiche invariate). Il governo ha deciso oggi il nuovo scostamento di 40 miliardi, in parte destinato a costituire un fondo di 20 miliardi da spalmare in 8 anni a sostegno delle imprese e delle partite Iva. Il fondo ha un posto di primo piano negli obiettivi del governo Draghi e sarà oggetto di un successivo decreto dedicato appunto alle imprese che ricalcherà in parte il precedente Decreto Sostegni. Nel menù della riunione del Consiglio dei ministri ci sono anche nuovi aiuti su affitti, Imu del turismo, occupazione del suolo pubblico nonché i 6,7 miliardi per finanziare la transizione 4.0 e lo stop selettivo di una serie di scadenze fiscali e misure per la liquidità delle imprese. Prevista la proroga delle moratorie sui prestiti e il rinvio del Codice della crisi.
Per il momento i numeri di finanza pubblica non rappresentano un problema, perché il Patto di stabilità rimarrà sospeso perlomeno fino alla fine del 2022 e, nel frattempo, i rendimenti sui debiti sono tenuti bassi dalla Bce, che acquista titoli di Stato attraverso due programmi (il Quantitative easing ordinario e il Pepp legato alla pandemia).
Resta da capire cosa accadrà quando l’Eurotower ridurrà il sostegno monetario e soprattutto quando saranno applicate nuovamente le regole sui conti pubblici. Se il Patto di stabilità tornasse in vigore senza modifiche, imporrebbe manovre di rientro insostenibili non solo per l’Italia, ma anche per tutti i Paesi costretti in questi anni a indebitarsi più di quanto abbiano mai fatto prima.
Per questo il commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, proporrà in autunno una riforma del Patto. I punti cardine dovrebbero essere un alleggerimento dei vincoli sul debito e la possibilità di scomputare dal conteggio del deficit gli investimenti per ambiente e digitale (che già rappresentano il cuore del Recovery Fund).
Su questo tema andrà in scena un nuovo scontro fra Paesi mediterranei (Italia, Francia, Spagna e Grecia) e frugali (Austria, Finlandia, Danimarca, Svezia e Repubblica Ceca), con la Germania che – come sempre – dovrebbe fare da ago della bilancia. E l’esito di questo confronto non è affatto scontato, soprattutto perché alla guida del governo di Berlino non ci sarà più Angela Merkel.
Nel frattempo, non è escluso che – una volta diventato operativo il Recovery Fund – in Europa si apra un’altra partita: quella per rendere strutturale l’utilizzo degli Eurobond, attualmente previsti solo per finanziare il piano straordinario da 800 miliardi.