Le piante carnivore sono pronte a… mangiarsi il Muse. Dal 6 aprile al 1 maggio infatti la serra tropicale del museo di Trento ospiterà alcune tra le piante più curiose e insolite del regno vegetale che, da sempre, suscitano interesse e meraviglia. Sono piante di varie tipologie che però hanno un comune denominatore, che da sempre affascina studiosi e curiosi: hanno trasformato parte o tutte le proprie foglie in vere e proprie trappole, capaci di catturare e digerire lentamente insetti e, in alcuni casi, anche piccoli mammiferi. Questa strategia è stata sviluppata per sopperire alla mancanza di nutrienti azotati, molto scarsi nelle zone umide e nelle paludi dove – solitamente – si rinvengono queste specie.
Il Muse ha riprodotto il loro habitat e per circa tre settimane i visitatori potranno osservare molti generi di piante carnivore – dalle più piccole di pochi cm alle più grandi che possono arrivare anche a 2 m di altezza – e capire come funzionano i diversi tipi di trappole, con un approfondimento particolare sul genere Nepenthes, che comprende tra le 70 e le 100 specie originare dell’Asia Tropicale di cui il museo ospita una delle collezioni europee più ricche.
Le trappole delle piante carnivore sono di varie tipi e possono funzionare in modi diversi: ad esempio, possono essere delle sorte di “pozzi a caduta” (ascidi) come in Sarracenia dove le foglie costituiscono la trappola per la cattura delle prede. L’ascidio ha la forma di un lungo tubo verticale con, all’estremità superiore, un opercolo che ne copre parzialmente l’apertura e funge da coperchio. Gli insetti sono attratti verso l’apertura della trappola dall’opercolo grazie a colori e odori particolari e al nettare che si trova nell’ascidio; una volta entrati, a causa delle pareti cerose, cadono verso la parte inferiore dove restano bloccati e vengono digeriti e assorbiti.
In Nepentes, la foglia sviluppa invece il pozzo come appendice terminale della foglia, mentre in Drosera e Pinguicula l’intera foglia può trasformarsi in una superficie vischiosa e adesiva. Nel genere Dionea si può individuare una vera e propria “piccola prigione” costituita da una trappola a scatto realizzata grazie a rapidi movimenti dovuti a variazioni nell’idratazione di alcune cellule basali.
La serra tropicale: Udzungwa, una foresta pluviale Afromontana
Con una superficie di 600 metri quadrati, la serra tropicale ricrea al MUSE un lembo della foresta pluviale dei Monti Udzungwa, un centro di diversità ed endemismo dell’Africa Tropicale Orientale in Tanzania. Varcando la soglia della serra il visitatore viene accolto dall’abbraccio caldo e umido dei tropici, addentrandosi nelle foreste incontaminate dell’Africa tropicale, tra cascate e pareti verticali, tra acque turbinose e una rigogliosa foresta. L’itinerario parte dalla valle del Kilombero per proseguire nella foresta umida submontana, incontrando una caleidoscopica diversità di forme e colori appartenenti a piante e animali unici.
La serra ospita anche degli animali, uccelli come il Turaco di Livingstone (Tauraco livingtonii), e rettili come il camaleonte di Derema (Trioceros deremensis) e i camaleonti pigmei (Rampholeon acuminatus e altri).
L’ambientazione della serra ha l’obiettivo di far riflettere sui temi della globalità e della sostenibilità, illustrando i progetti di ricerca e di cooperazione internazionale per la protezione delle foreste e la lotta alla povertà, invitando il visitatore e sostenerli attivamente.