Il pericolo di vedere un patrimonio italiano del valore di circa 2 miliardi composto da 623 antichi marmi originali greci e romani, da una collezione etrusca, da alcuni dei palazzi storici di Roma nelle mani di collezionisti internazionali ha innescato la guerra per l’eredità di una delle più note famiglie della capitale, i Torlonia.
Sulla collezione di statue e sui palazzi come Palazzo Torlonia in via della Conciliazione, Villa Albani su via Salaria e Villa Delizia a Castel Gandolfo, è stato disposto il sequestro giudiziario ieri, mercoledì 21 novembre, da parte del giudice Fulvio Vallillo dell’VIII sezione del Tribunale civile di Roma.
È stato proprio l’erede di Alessandro, il primogenito Carlo Torlonia, a rivolgersi al tribunale per chiarire la vicenda e a opporsi ai suoi fratelli Paola, Francesca e Giulio. Assistito dall’avvocato Adriana Boscagli, il principe Carlo Torlonia ha affermato di essere stato allontanato dal padre nei suoi ultimi anni di vita: ho “scoperto le carte della malattia, conti correnti chiusi poco prima della morte, scatoloni chiusi e pronti per essere spediti altrove”, si legge nel ricorso di cui sono stati pubblicati ampi stralci da Il Messaggero.
Il testamento impugnato risale a novembre 2016, quando il primogenito di Alessandro “non riusciva a raggiungere il padre nemmeno con comunicazioni telefoniche – prosegue il principe – che venivano filtrare dalla secondogenita o dalla segretaria, che riferivano uno stato di salute ottimo. Solo casualmente dalla stampa sono venuto a conoscenza che era stata costituita una Fondazione Torlonia, in cui né io né i miei figli avevamo alcun ruolo e che aveva assunto in comodato la gestione di tutte le collezioni di opere”.
Alcune opere della collezione Torlonia provengono dagli scavi archeologici eseguiti nei possedimenti della famiglia, mentre altre sono state acquistate da case nobiliari in difficoltà e secondo gli esperti il valore complessivo della serie di opere d’arte è superiore a quello della collezione dei Musei Capitolini e dei Musei Vaticani.
Carlo Torlonia ha spiegato: “Mi piacerebbe che queste opere d’arte potessero fare parte di un museo a mio nome, per esempio a Palazzo Giraud-Torlonia per tutti i cittadini del mondo”. Perché sì, si tratta di una serie di opere private, ma che rappresentano una ricchezza artistica tutta italiana, invece dagli atti è emerso “il tentativo di vendere all’estero le opere”. In particolare, secondo quanto denuncia Carlo Torlonia “la collezione di marmi della famiglia sarebbe stata oggetto di trattativa di vendita – poi non andata a buon fine – tra la Fondazione, il Paul Getty Museum di Los Angeles e il ministero. I miei fratelli stanno depauperando il patrimonio”.
Il patrimonio dei Torlonia comprende anche diverse aziende agricole e quote societarie della Banca del Fucino, di cui Alessandro Torlonia è stato presidente fino al giorno della sua morte nel dicembre 2017. La vicenda potrebbe durare a lungo “per la necessità di una articolata attività istruttoria” in attesa che tutte le opere siano inventariate, catalogate e stimate, per poi essere divise equamente tra gli eredi.
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