Nel 1949 le sorelle Charlotte e Nelly Dornacher chiesero al pittore di decorare il seminterrato della loro villa a Zollikon nei pressi di Zurigo.
La stanza successivamente cadde in disuso. Il progressivo decadimento dell’ambiente rese necessario un intervento di strappo e restauro dei singoli elementi che costituivano quest’opera d’arte totale e immersiva.
Paolo Cadorin, cognato di Mušič, e al tempo direttore del dipartimento di restauro del Kunstmuseum di Basilea, si adoperò per ricreare l’unità dell’opera seguendo il trasferimento dei frammenti su pannelli di materiale leggero e facilmente riposizionabili. L’intervento di Cadorin non si limitò al recupero delle tele ma curò la riproduzione degli arredi e degli oggetti come la tovaglia dipinta dall’artista stesso.
Ciò che possiamo ammirare ora negli spazi di Palazzo Fortuny è una ricostruzione della stanza con i dipinti originali. L’illuminazione è stata studiata in modo da rispecchiare quella del passato grazie a lampade in carta giapponese dotate di dimmer regolabili. Ogni dettaglio è studiato per preservarne l’atmosfera autentica.
L’opera racchiude l’intera iconografia del pittore dai cavallini e asinelli fino ai motivi dalmati. La stanza è circondata da una selezione di opere realizzate dall’artista tra il 1947 e il 1953provenienti da collezioni private e dall’archivio Mušič. Completano il percorso alcuni scatti di paesaggi realizzati dall’artista e le riproduzioni fotografiche di altri autori che immortalarono vari momenti della vita del pittore.
Mušič nacque nella Gorizia austro-ungarica del 1909, figlio di un regno il cui inno veniva cantato in undici lingue divenne italiano solo nel 1918 e passò la sua giovinezza tra Austria, Dalmazia e Slovenia.
Il ritorno a Venezia nel dopoguerra, dopo gli anni di prigionia nel campo di concentramento di Dachau, segnò un ritorno alla vita e all’amore. Fu qui che Mušič rincontrò Ida Barbarigo, figlia dell’artista Guido Cadorin, pittrice con cui divise lo studio e di cui si innamorò restandogli accanto per il resto della vita.
In Venezia Mušič ritrovò l’oriente e l’occidente “intimamente fusi”. Questa dualità biografica e artistica si ritrova oggi in mostra a Palazzo Fortuny negli ocra oro degli acquerelli veneziani, nei grigio-verdi dei paesaggi muontuosi, negli azzurri tenui dei cavallini e nelle trame grezze dei supporti di faesite.
La città appare come un fantastico miraggio quasi privo di contorni, irradiata da una luce che fonde i palazzi con l’acqua e il cielo. A fianco sta Zurigo rappresentata nell’acquerello del 1949 in mostra, che emerge, quasi priva di colore, dai profili neri degli edifici, attraversata da un fiume piatto che non produce riverbero di luci.