Mario Merz nasce a Milano il 1 gennaio 1925 da famiglia di origine svizzera e cresce a Torino. Durante la guerra lascia la Facoltà di Medicina e si unisce al movimento antifascista “Giustizia e Libertà. Nel 1945, imprigionato per un anno alle Carceri Nuove di Torino, esegue disegni sperimentando un tratto grafico continuo, senza mai staccare la punta della matita dalla carta. Nel 1954 tiene la prima personale presso la Galleria La Bussola a Torino, dove espone disegni e quadri i cui soggetti rimandano all’universo organico e dai quali emerge la conoscenza dell’Informale e del linguaggio dell’Espressionismo Astratto americano. Nel 1959 sposa Marisa, artista che diventerà sua compagna inseparabile e nell’agosto del 1960 nasce la figlia Beatrice. La coppia si trasferisce in Svizzera, poi a Pisa, per tornare a Torino dove Merz realizza una serie di “strutture aggettanti”, opere volumetriche intese come possibile fusione dei mezzi espressivi di pittura e scultura. Partecipa a mostre collettive in Italia e all’estero inclusa la Societa’ Promotrice delle Belle Arti a Torino.
A metà degli anni sessanta iniziò ad abbandonare la pittura per sperimentare materiali diversi, come i tubi al neon, con cui perforava la superficie delle tele per simboleggiare un’infusione di energia, oppure il ferro, la cera e la pietra, con cui sperimentava i primi assemblaggi tridimensionali, le “pitture volumetriche”. Un percorso che lo porta nel 1967 a far parte del movimento dell’Arte Povera, tenuto a battesimo dal critico Germano Celant, di cui fanno parte tra gli altri Michelangelo Pistoletto, Giuseppe Penone, Luciano Fabro, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Giulio Paolini. Un gruppo – scrive Laura Scattoni – che nasce dalla comune opposizione verso il sistema capitalistico e lo sviluppo industriale. Gli artisti vogliono tornare all’essenza delle cose, mostrare gli oggetti per ciò che sono, nella loro genuinità e vengono scelti materiali poveri allo stato puro, prima di qualsiasi forma di contaminazione, come il vetro, il ferro, la terra, il legno. Nel 1968 l’istinto creativo di Merz , che amava definirsi “manipolare e alchista”, da vita ai primi igloo che diventano una costante fissa nelle sua produzione artistica, così come le serie di Fibonacci. Una delle prime è l’Igloo con albero del 1968-69, la semisfera richiama ai primi modelli di abitazioni primitive ma non solo, ricorda anche la concezione primordiale che l’essere umano aveva della volta celeste, una grande sfera sopra le nostre teste.
Con l’adozione della forma dell’igloo, intorno al 1968, avviene lo sganciamento definitivo dal piano bidimensionale della parete. I primi igloo vengono presentati al Deposito d’Arte Presente a Torino. Negli anni produce ciascun esemplare utilizzando i materiali più vari, sviluppando ogni volta nuove relazioni con i contesti incontrati. “Per mio padre l’igloo era un luogo di condivisione – racconta Beatrice Merz, figlia dell’artista e presidente della Fondazione Merz – e il messaggio che voleva trasmettere era quello del rapporto dell’uomo tra l’interno e l’esterno, tra uno spazio intimo come quello casalingo e uno più ampio come quello della natura o quello urbano. Tutti gli elementi che compongono gli igloo sono legati, infatti, anche al lavoro umano: dalla terra alla fabbrica, dall’architettura alla poesia”.
Mario Merz si definiva un’artista “vagabondo”, quindi l’igloo – sottolinea Laura Scattoni – idealizza l’abitazione perfetta per questo stile di vita nomade. Solitamente Merz amava arricchire queste strutture di elementi autoctoni caratteristici del luogo in cui venivano realizzate. Nel 1970 inizia il suo interesse per il grande matematico pisano, del XIII secolo, Fibonacci e per formule da lui inventate inerenti la successione matematica, dove ogni numero corrisponde alla somma di quelli precedenti. L’artista è riuscito a fare apprezzare all’osservatore la particolarità di questo calcolo. Per rappresentare le teorie dello scienziato medievale, Merz usa la successione dei numeri e la forma energetica della spirale. Inserisce poi nelle sue opere motociclette, giornali, tavolini e elementi figurativi come animali e personaggi tratti dalla mitologia. A Berlino, dove soggiorna per un anno nel 1973, ospite del Berliner Künstlerprogramm, indirizza la propria ricerca sul tema dei tavoli, intesi quali elementi unificanti, fondamentali per la costruzione di una possibile “Casa Fibonacci”.Nel corso degli anni Ottanta il repertorio pittorico si arricchisce di immagini di animali primitivi, “terribili” e notturni.
Più volte invitato alla Biennale di Venezia, a Documenta Kassel e a importanti rassegne italiane e strniere, i suoi lavori sono presenti nelle più prestigiose collezioni pubbliche e private internazionali ed esposte nei musei di mezzo mondo. Ha ricevuto numerose onorificenze,tra le quali la Laurea honoris causa dal Dams di Bologna (2001) e il Praemium Imperiale dalla Japan Art Association, considerato l’Oscar dell’arte contemporanea nel 2003. Muore a Milano nel novembre 2003
Attività espositiva
Le principali collettive includono Kunsthalle, Berna (1969), Biennale di Tokyo (1970), Kunstmuseum, Lucerna (1970), Documenta 5, Kassel (1972), Biennale di Venezia (1972). Tiene la prima personale negli Stati Uniti presso il Walker Art Center, Minneapolis (1972). La prima personale in un museo europeo è alla Kunsthalle di Basilea, seguita dalla mostra all’Institute of Contemporary Art, Londra (1975). Partecipa alla Biennale di Venezia (1976 e 1978). Si susseguono importanti retrospettive in musei internazionali tra cui Museum Folkwang, Essen, Stedelijk van Abbemuseum Eindhoven (1979) Whitechapel, Londra (1980), ARC/Musée d’Art Moderne de la Ville, Parigi (1981), Kunsthalle, Basilea (1981), Moderna Museet, Stoccolma, Palazzo dei Congressi, San Marino (1983), Kunsthaus Zurigo (1985) e tra le collettive partecipa alle Biennali di Sydney (1979), Documenta 7, (1982), Biennale di Venezia (1986). I riconoscimenti includono il premio Arnold Bode, Kassel (1981) e il premio Oskar Kokoschka, Vienna (1983). I suoi scritti vengono pubblicati in Voglio fare subito un libro (1985), raccolta curata da Beatrice Merz.
Realizza numerose installazioni in spazi esterni a Torino, Parigi, Ginevra, Sonsbeck e Münster e opere di grandi dimensioni al Museo di Capodimonte, al CAPC Musée d’art contemporain, Bordeaux e alla Chapelle Saint-Louis de la Salpêtrière, Parigi (1987). I riconoscimenti internazionali includono personali al Guggenheim Museum, New York (1989), al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, al Centro Luigi Pecci, Prato (1990) e alla Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Trento (1995) e proseguono gli inviti a realizzare installazioni per spazi pubblici, tra cui la metropolitana di Berlino, la stazione ferroviaria di Zurigo, la linea tramviaria di Strasburgo. Altri importanti appuntamenti di questi anni includono Documenta IX Kassel (1992), Biennale di Venezia (1997).
In nuove mostre personali sviluppa il tema “Casa Fibonacci”, come nell’esposizione alla Fundação Serralves, Porto (1999). Ampio rilievo viene dato alla pratica del disegno, che diventa protagonista di una serie di installazioni di grandi dimensioni. Espone al Carré d’Art Musée d’art contemporain, Nîmes (2000) ed espone per la prima volta in America Latina con la mostra personale alla Fundación Proa, Buenos Aires (2002). Partecipa a Zero to Infinity: Arte Povera 1962-1972 (2001), la prima antologica sull’Arte Povera nel Regno Unito organizzata dalla Tate Modern di Londra e dal Walker Art Center di Minneapolis. Il 6 novembre 2002 viene inaugurata l’installazione permanente Igloo fontana per il Passante Ferroviario della Città di Torino.
Nell’ottobre 2018 i quasi 6 mila metri quadrati dell’HangarBicocca di Milano sono letteralmente invasi da trenta igloo provenienti da alcune delle istituzioni più importanti del mondo:il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid, la Tate Modern di Londra, l’Hamburger Bahnhof di Berlino e il Van Abbemuseum di Eindhoven. Una straordinaria esposizione che ha fatto rivivere la grande personale curata da Harald Szeemann nel 1985 alla Kunsthaus di Zurigo.
Mercato e Prezzi
Se per cercare di comprendere il mercato di Mario Merz ci limitassimo ai pur brillanti risultati delle aste internazionali non faremmo un buon lavoro. Le opere del grande Maestro scomparso nel 2003, protagonista di punta del Movimento dell’Arte Povera seguono altri percorsi, che passano principalmente dalle sue storiche gallerie di riferimento con l’occhio vigile e attento della Fondazione guidata dalla figlia Beatrice (“È evidente che la reputazione della nostra fondazione influisce sulle variabili di mercato”). Secondo Artprice, dal 2000 ad oggi sono quasi 500 i lavori di Merz delle varie tipologie andati all’incanto con una percentuale di venduto superiore all’80%. I fatturati sono di tutto rispetto, mediamente sempre sopra i 2 milioni di dollari l’anno ( il 2014 è stato l’anno top con 2,5 milioni). Ma esaminando l’elenco delle opere passate in asta si scopre che sono ben pochi i lavori storici battuti e che quei pochi hanno realizzato cifre milionarie. Per acquistare uno di questi lavori, molti dei quali sono in mano a enti e fondazioni pubbliche private, c’è una lunga lista d’attesa di collezionisti presso le gallerie di riferimento dell’artista. Ad ART Basel nel 2015 la Galleria Gladstone di New York sfoggiava con orgoglio due igloo, il soggetto più ricercato dai collezionisti sul mercato. Prezzi assolutamente riservati ma i soliti bene informati parlavano di due milioni di euro. Da Konrad Fisher, di Dusseldorf e Berlino, era offerti due dipinti di Merz degli anni ’50 (antecedenti alla “svolta” poverista). Il primo (Benzinaro) è stato venduto a 180mila euro, l’altro (Senza titolo) a 250mila euro. La stessa galleria nel 2010, sempre ad Art Basel, presentava un igloo a 1 milione di euro.
Gallerie: Gladstone di New York,Sperone Westwater con sedi a New York e Lugano, Konrad Fisher di Dusseldorf e Berlino, Pace di Londra.
Top Price in asta: Untitled (Fibonacci) – Installazione (Caiman Crocodylia – replica, neon tubing, wire, glass and transformer) realizzata dall’artista nel 1977 è stata venduta a 1.335.674 euro (diritti compresi) da Christie’s New York nel novembre 2017, quasi il triplo della stima. Piccolo caimano, Installazione luminosa (taxidermied caiman crocodilus and neon) del 1979 è passata di mano da Christie’s a Londra a 1.302.455 euro (il doppio della stima) nell’ottobre 2015. Sempre da Christie’s London, nel febbraio 2005, “Igloo Objetcache-toi”, datato 1968-1977 – Installazione luminosa (aluminium, c-clamps, mesh, glass, neon, transformer) ha fermato il martello del banditore a 1.150.855 euro, raddoppiando le stime.
Immagine di copertina:
Mario Merz.
Igloos. Exhibition view at Pirelli HangarBicocca, Milano 2018
Courtesy Pirelli HangarBicocca, Milano.
Photo Renato Ghiazza © Mario Merz