C’è uno spazio fisico nel quale le parole di Mario Draghi in Parlamento su transizione ecologica e Mezzogiorno si possono incontrare in una nuova prospettiva di sviluppo: i luoghi dell’energia rinnovabile. Quattro regioni – Molise, Puglia, Basilicata e Calabria – da qualche tempo producono energia che non consumano, trasferendola automaticamente fuori dai propri ambiti territoriali. La revisione del Recovery plan che Draghi si è impegnato a compiere entro i tempi giusti per la presentazione a Bruxelles potrebbe trovare una concreta applicazione nello sfruttamento delle fonti pulite a vantaggio della parte più deficitaria del Paese. Dall’Europa arrivano buoni segnali nella direzione di produrre energia dai rifiuti. Un punto, in verità, su cui insistono da tempo le industrie italiane del settore ma con scarsi risultati operativi.
Il nuovo governo dovrà dimostrare minori timidezze e contrarietà verso la creazione di nuovi impianti, recependo la necessità di rilanciare una filiera delicata, che va resa più moderna oltre che redditizia. Le competenze non mancano, a partire – guarda caso – da lavori concepiti anche in Italia.
Il progetto Rifiuti per le Reti (elettriche o gas) – strutturato da Enea, Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, Università di Danimarca e dal gruppo Solidpow – ha messo a punto un sistema basato sulla tecnologia delle Celle a Combustibile a Ossidi Solidi Reversibili. Dispostivi elettrochimici che producono energia pulita con processi di separazione di fattori naturali. Il risultato finale è elettricità da rifiuti con utilizzo di quella in eccesso per avere gas da impiegare nei trasporti o da immettere nelle reti di distribuzioni del gas naturale.
Da parte italiana, lo studio ha preso a modello le Regioni del Mezzogiorno che nella transizione ecologica potranno giocare un ruolo decisivo. Entro il 2030 le quattro Regioni avranno un incremento di rinnovabili non programmabile.
«Ma – spiegano Alessandro Agostini e Claudio Carbone dell’Enea – con la progressiva penetrazione di eolico e fotovoltaico nel mix energetico nazionale, la sovrapproduzione diventerà sempre più complessa da gestire, con il rischio di rallentare la diffusione e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili».
Con una giusta strategia, dunque, il sistema delle celle a combustibile permetterebbe di utilizzare al meglio questa sovrapproduzione che combinata con lo sfruttamento dei rifiuti organici, produrrebbe biometano. Un’inversione di tendenza rispetto ai no a strutture e processi industriali fino a ieri. In pochi anni migliorerebbe l’intera gestione del sistema elettrico italiano utilizzando fonti non inquinanti.
Lungo la strada dell’economia circolare non si potrà omettere la complicata gestione dei rifiuti. Il governo dovrà tenere conto che il tasso di riciclo nel 2020 al Sud è stato del 39% contro il 45% della media nazionale. Differenze da zona a zona con costi di smaltimento in aumento, piuttosto del recupero virtuoso dell’energia ottenibile. Il progetto europeo anche su questo rilancia, chiarendo che la sua attuazione spingerebbe sugli obiettivi Ue del 32% di mix energetico per singolo Paese. L’Italia sceglierà.