“Nel decennio passato ci siamo disabituati all’inflazione, mentre ci siamo abituati ai tassi a zero, se non addirittura negativi, perlomeno fino ai 5 anni di scadenza per le obbligazioni. Da qui in avanti si apre però uno scenario molto diverso, per vari fattori”. È quanto afferma Alessandro Fugnoli, strategist della società d’investimento Kairos, nell’ultimo episodio del suo podcast mensile “Al Quarto Piano“.
“Il primo fattore è la volontà politica – continua Fugnoli – Le Banche centrali ci dicono che il loro obiettivo effettivo non sarà più il 2, ma sostanzialmente il 3%, un livello d’inflazione che peraltro sarà già raggiunto molto probabilmente quest’anno, se non superato. La Bundesbank ci dice che la Germania – sempre attentissima ai livelli d’inflazione – arriverà al 3% quest’anno. Un livello analogo sarà raggiunto anche negli Usa, dove questa soglia potrebbe addirittura essere superata (se non quest’anno, il prossimo). È bene quindi ricominciare a pensare all’inflazione, perché prendere poco più di zero come tassi e avere il 3% di inflazione per 10 anni significa perdere un terzo del potere di acquisto. Quindi qualcosa di molto significativo”.
Come organizzarsi? “La prima cosa da fare – spiega l’analista – è evitare i titoli a tasso fisso molto lunghi, dai 10 anni in poi. È bene concentrarsi invece sui titoli indicizzati all’inflazione, perché anche se verranno penalizzati dal bear market obbligazionario, riusciranno comunque a difendere il potere d’acquisto molto meglio dei titoli a tasso fisso. Si tratterà allora di concentrarsi su obbligazioni di società, obbligazioni ad alto rendimento, bond bancari (stando ben attenti a quello che si compera), evitando comunque anche in questo caso le scadenze troppo lunghe. Sarà poi opportuno concentrarsi su beni reali, a cominciare dalle materie prime, che avranno dalla loro le politiche monetari e fiscali ultra-espansive a sostegno del ciclo economico”.
Una difesa tradizionale dall’inflazione è rappresentata dal mercato immobiliare, “ma bisognerà fare molta attenzione – precisa Fugnoli – Ad esempio, il mercato degli uffici, dei centri commerciali, dei capannoni industriali risentirà dell’abitudine al lavoro da casa che si è andata diffondendo durante l’epidemia e che per alcuni aspetti si manterrà anche nei prossimi anni. Gli investimenti nel mercato residenziale, invece, andranno concentrati nei Paesi che crescono in modo rilevante e costante, soprattutto in Asia. In Europa, invece, con una demografia stagnante, un’abbondanza di offerta e Pil nominali in crescita bassa, le opportunità saranno meno”.
Continueranno invece a esserci invece buone opportunità “sui mercati azionari – conclude Fugnoli – che pure sono su livelli già alti e che potrebbero risentire un po’ dell’aumento dell’inflazione sotto forma di multipli che in teoria dovrebbero contrarsi, ma per effetto esclusione avranno invece nei prossimi anni flussi in entrata positivi importanti. E quindi dovrebbero come minimo mantenere i livelli attuali e probabilmente aumentarli per effetto delle politiche monetarie e fiscali che continueranno a rimanere espansive. Qui bisognerà concentrarsi soprattutto sui settori legati alle nuove politiche energetiche (in quanto sostenuti con sussidi da parte dei governi), su quelli legati all’innovazione e alle nuove tecnologie e anche su alcuni settori legati al valore, in particolare banche e assicurazioni. Se tutto andrà bene e l’inflazione si manterrà intorno al 3%, riusciremo a smaltire in questo modo una parte del consistente debito che si è accumulato nei decenni passati e manterremo un livello di crescita più vivace di quello che abbiamo visto nel decennio scorso. Con ogni probabilità, varrà la pena pagare il prezzo di un’inflazione un po’ più elevata”.