Parte in terreno positivo la settimana finanziaria in Asia: la spinta del Pil cinese ha in parte compensato i segnali di difficoltà emersi a fine settimana in Europa e Usa. Salgono ma non troppo i listini di Shangai e Shenzhen (+0,8%). Frenano le altre piazze, compresa Tokyo (-1%). Debole anche Seul (-2%) dopo che la Corte suprema coreana ha confermato la condanna a 30 mesi di reclusione di Jay Y Lee, l’erede dell’impero Samsung, colpevole di aver corrotto l’ex Presidente della repubblica.
EXPORT CINESE +18%
Nel giorno dell’anniversario della chiusura, un anno fa, di Wuhan, la culla della pandemia, l’economia del Drago dimostra di godere di buona salute. Da Pechino, che celebra la memoria del lockdown con la diffusione di un film-documentario sulla vita quotidiana nella città ai tempi del Covid, arrivano i dati sul formidabile recupero dell’economia cinese. Nell’ultimo trimestre del 2020, la Cina è cresciuta al ritmo del 6,5%, mezzo punto più previsto, facendo così salire il Pil degli ultimi dodici mesi del 2,3%. La crescita è stata trainata dall’export (+18%) e dalla produzione industriale (+7%): una performance che ha spinto al rialzo il renmimbi (per la prima vola dal 2018 sopra 6,5 sul dollaro) e il flusso di investimenti dall’estero sulle Borse attraverso Hong Kong (154 miliardi di dollari nel 2020).
Non sarà facile annoiarsi in questa settimana ricca di appuntamenti politici, economici e finanziari ad ogni latitudine. A partire dalle vicende di casa nostra, dominate dalla crisi che ancora non c’è.
CONTE OGGI ALLA CAMERA COMINCIA LA CONTA
Oggi e domani Giuseppe Conte andrà alla Camera e al Senato a chiedere la fiducia in un clima di incertezza sul suo futuro. Avrà o non avrà i numeri per andare avanti? Fino a notte si sono susseguite le riunioni, compreso il vertice di maggioranza. Per ora sia Cinquestelle che Pd sembrano intenzionati ad andare avanti senza provare a recuperare i renziani. Mentre il premier Conte prepara il discorso da pronunciare alla Camera, dove può contare la maggioranza, in attesa del confronto al Senato.
BCE ALL’ERTA IN ATTESA DEL DIRETTORIO
Da seguire l’andamento dello spread, finora tenuto a bada dal sostegno della Bce che giovedì terrà il suo primo vertice del 2021. Al centro della discussione ci saranno l’erogazione di maggiore liquidità e delle comunicazioni a tal fine. I rendimenti obbligazionari dell’Area Euro non dovrebbero quindi salire al di sopra dello zero. Un aumento dell’inflazione sarebbe accolto con favore, ma tale eventualità appare remota. Lo stesso vale per la Bank of England. Domani uscirà l’indice Zew sulla fiducia delle imprese tedesche. Venerdì toccherà agli indici Pmi manifatturieri dell’Eurozona.
SCOMPARE IN BORSA LA PAROLA FIAT DOPO 118 ANNI
Piazza Affari è intanto pronta a vivere una giornata davvero storica: scompare il titolo Fiat, che qui aveva debuttato nel 1903, lasciando poi il posto a Fiat Chrysler nel 2014. Oggi inizia l’avventura di Stellantis, frutto della fusione con Peugeot, che sarà celebrato in contemporanea a Milano e a Parigi. Ma l’attesa conferenza stampa di Carlos Tavares, il numero uno del colosso al quarto posto nella classifica mondiale dell’auto, si terrà domani pomeriggio alle 15,40 in forma digitale. Il simbolo borsistico della nuova holding sarà “Stla”.
DOMANI TAVARES SVELERÀ IL PIANO STELLANTIS
I titoli delle due società-madre si sono congedate dai mercati venerdì in ribasso: – 4,35% Fca, Peugeot – 4,21%. Fca pagherà ai suoi azionisti un dividendo straordinario di 1,84 euro legato alla fusione il prossimo 29 gennaio. I soci Fca vengono però compensati col 23% della società di componentistica Faurecia, controllata da Psa (nel cui capitale figura quindi anche lo Stato francese), fornitrice di Fca e di altri player dell’auto.
ACCONTO DIVIDENDO PER ENEL E SNAM
A Piazza Affari staccano stamane l’acconto dividendo Enel (0,175 euro pagato il 20 gennaio 2021) e Snam (0,0998 euro pagato il 20 gennaio 2021).
Non meno importante la giornata finanziaria internazionale, nonostante la chiusura di Wall Street per il Martin Luther King Day.
BIDEN CANCELLA L’OLEODOTTO DI KEYSTONE
In forte tensione la finanza Usa, alla vigilia della staffetta presidenziale più contrastata di sempre. Donald Trump ha fatto un ulteriore regalo al successore: il governo degli Stati Uniti ha revocato venerdì i permessi speciali che consentivano a Intel e ad altri fornitori di Huawei di vendere i loro prodotti. Ma Joe Biden non perde tempo. Il capo del suo staff ha fatto sapere che già mercoledì, prima ancora della cerimonia di insediamento di giovedì, la nuova amministrazione comincerà a smantellare le decisioni di Trump, a quell’ora già in volo verso i campi di golf della Florida. Lo staff di Biden ha annunciato il ritorno all’accordo di Parigi sul controllo del clima, la cancellazione del divieto di ingresso negli Stati Uniti da diversi Paesi musulmani, la cancellazione sui debiti degli studenti, la moratoria sui mutui non pagati, nonché l’obbligo della mascherina sui viaggi tra Stato e Stato. Inoltre ci sarà la cancellazione dell’oleodotto da nove miliardi di dollari che l’amministrazione Obama aveva fermato per ragioni ambientali e Donald Trump aveva riavviato. Il petrolio Brent è in ribasso dello 0,9%, a 54,6 dollari.
JANET YELLEN: NON VOGLIO UN DOLLARO DEBOLE
Il dollaro è in lieve apprezzamento su un paniere di valute di riferimento, dopo una settimana di rialzo. Il Wall Street Journal riporta che Janet Yellen non ha intenzione di fare alcunché per indebolire il dollaro: l’ex governatrice della Federal Reserve nominata da Joe Biden a capo della Segretaria del Tesoro lo dirà in modo esplicito al Senato, dove si recherà a breve per l’audizione che anticipa il voto di gradimento dei senatori.
E MACRON VIETA LA VENDITA DI CARREFOUR
Da segnalare la conferma del protezionismo di Emmanuel Macron. Il presidente ha posto il veto alla vendita di Carrefour al gruppo canadese Couche-Tard, che aveva presentato un’offerta da 16,2 miliardi di euro per rilevare il colosso della grande distribuzione alimentare transalpina con il pieno accordo dei tre maggiori azionisti (Bernard Arnault, la famiglia Moulin e il gruppo Galeries Lafayette), disponibili a vendere le loro quote, pari al 23% del capitale. La motivazione, grottesca, è quella di garantire l’indipendenza alimentare. In realtà, in un anno elettorale, Macron non vuole il passaggio di proprietà dell’impresa che vanta il maggior numero di dipendenti, nonostante l’impegno degli acquirenti a non tagliare l’occupazione e a investire tre miliardi.