Il Bitcoin ha ripreso il volo e sfiora ormai i 24mila dollari. Ma è veramente differente questa volta, oppure ci si deve preparare a un nuovo crollo? Sebbene le voci preoccupate non manchino, ci pare di poter dire che al momento prevalgono le previsioni positive. Dopo la fiammata dell’autunno 2017 che in poche settimane lo portò a moltiplicare per dieci il suo prezzo, sfiorando i 20mila dollari, il Bitcoin subì un crollo quasi altrettanto repentino che lo fece sprofondare verso i 3mila dollari. Molti esperti ne paragonarono la parabola a quella delle bolle speculative classiche, come la famosa bolla dei tulipani, se non al drammatico precipitare di Icaro.
Negli anni successivi il prezzo della più nota criptovaluta continuò nelle sue oscillazioni. Ma ormai era caduto nel dimenticatoio e pochi avevano notato che a metà 2019 il Bitcoin era tornato verso 12mila dollari, così come non richiamò grandi commenti la seguente nuova caduta verso i 7mila dollari a dicembre 2019. E poi, quando lo shock da COVID-19 colpì i mercati finanziari, pure il Bitcoin parve soccombere: tra metà febbraio e metà marzo 2020 perse quasi metà del suo valore, da 10.200 a 5.300 dollari circa. Perciò, ha dello spettacolare vedere che il suo valore è ora oltre quattro volte quello che aveva toccato ai minimi di marzo 2020.
Vari osservatori si interrogano se sia un altro fuoco di paglia, come nel 2017, oppure se stia in effetti cambiando qualcosa che può oggi rendere sostenibile l’arrampicata della criptovaluta. L’ipotesi benevola è sostenuta, ad esempio, da Jason Potts ed Ellie Rennie su The Conversation. Gli autori argomentano che vi sarebbero tre solide ragioni per il vigoroso apprezzamento del Bitcoin: l’avvento delle monete digitali; la maturazione della tecnologia sottostante; il riconoscimento da parte delle istituzioni.
Primo, l’avvento delle monete digitali sarebbe ora favorito dalla crisi pandemica in due modi diversi: i) la risposta alla crisi ha portato le banche centrali a una massiccia creazione di base monetaria e la ricerca di beni rifugio porta gli investitori a guardare anche alle criptovalute; ii) il boom del commercio online e dei pagamenti virtuali ha anch’esso accelerato l’interesse per le monete digitali, e va aggiunto che anche le banche centrali hanno avviato progetti di creare loro monete digitali.
Secondo, sta maturando la tecnologia che supporta le criptovalute: un progetto di Ethereum dovrebbe drasticamente ridurre i consumi di energia – inizialmente elevatissimi – per i calcoli di veridicità delle transazioni e, inoltre, si va diffondendo la Decentralized Finance (DeFi) che usa il Blockchain – il veicolo del Bitcoin – per costruire mercati finanziari del tutto digitali e automatizzati.
Terzo, i grandi asset manager e investitori istituzionali, che inizialmente non ne vedevano l’utilità, paiono essersi convinti che l’innovazione delle valute digitali sia vantaggiosa.
Naturalmente, non tutti concordano con la visione benevola. Un commentatore fa notare che il forte apprezzamento recente sembra essere guidato da grandi operatori, come evidenziato dalla dimensione media delle transazioni. Un altro osserva che il Bitcoin può soffrire per la chiusura di posizioni ad alta leva nei mercati dei derivati. Un’ultima nota di cautela da ricordare è l’estrema volatilità del Bitcoin: ad esempio, il 26 novembre la criptovaluta ha perso in un giorno oltre il 15% del valore che aveva il giorno prima. In altri termini, il prezzo del Bitcoin deve stabilizzarsi e se cresce farlo gradualmente, altrimenti non può svolgere in modo adeguato il ruolo di bene rifugio.