Ci vorranno mesi per individuare il nome del successore di Louis Camilleri alla guida di Ferrari. Il cda della Rossa, riunito in conclave lunedì pomeriggio, si è limitato a passare le deleghe del manager al presidente John Philip Elkann in attesa che venga effettuato un “approfondito” esame dei possibili successori.
Tanta cautela non è solo la conferma che le dimissioni di Camilleri, probabilmente legate alle conseguenze della pandemia, sono state un fulmine a ciel sereno, ma anche del cambio di passo che, per l’occasione, verrà chiesto a Maranello. E’ molto probabile che l’uomo che andrà ad occupare la scrivania che fu di Sergio Marchionne e prima ancora del Drake, il mitico Enzo Ferrari, non provenga dal mondo dei motori bensì da quello del lusso in linea con la metamorfosi di questi anni.
Ormai, del resto, Ferrari tratta in Borsa a multipli assai più simili a quelli di Lvmh che non a quelli del mercato a quattro ruote; in termini di giro d’affari (888 milioni -3% rispetto al settembre 2019) e di redditività (222 milioni, solo-2% nel terzo trimestre) la differenza si è andata ampliando ai tempi del Covid-19. Ma il nuovo leader dovrà affrontare sfide complesse, sia sul piano tecnologico che sul quello del marketing. Camilleri, che in un anno ha lanciato cinque nuovi modelli e superata la soglia delle diecimila vetture, era appena all’inizio di una nuova sfida, quella del Suv “Purosangue” che entrerà in produzione nel 2022.
L’azienda, insomma, sta per varcare una soglia delicata, quella che separa il lusso esclusivo riservato ai pochi ed un lusso più inclusivo indirizzato alle legioni dei nuovi ricchi che emergono in giro per il pianeta, sollevando così problematiche di tipo nuovo per chi frequenta le officine.
Forse è per questo che Elkann ha subito escluso il nome di Mike Manley, il vero protagonista del successo di Jeep, dalla rosa dei possibili successori. Ferrari, nella visione del numero uno del gruppo Agnelli, è la chiave per accedere a pieno titolo alla conquista di nuovi mercati più redditizi. Affidata la gestione di Fiat Chrysler nelle mani di Peugeot (ovvero di Carlos Tavares) Exor gioca la carta Ferrari per diventare un protagonista assoluto nel mondo del lusso. I nomi dei papabili non mancano di sicuro, Anzi, è nel lusso che operano i manager italiani di successo. Purché per la Rossa si pensi ad un italiano, tanto per garantire il marchio tricolore da sviluppare peraltro in chiave globale. Magari al fianco di Hermès, da cui ha rilevato una partecipazione in una promettente griffe cinese, oppure assieme a Lvmh: Delphine Arnault figura già nel board di Ferrari. Un altro segno di quel legame Italia-Francia sempre più stretto.