Simon Hantaï lasciò la sua nativa Ungheria con sua moglie Zsuzsa nel 1948 per stabilirsi a Parigi. Espone molto rapidamente con i pittori americani Joan Mitchell e Sam Francis, poi alla galleria À L’Étoile scellée di André Breton. Se poi prende le distanze dal surrealismo, mantiene come metodo la ricerca di un dipinto cieco, in cui il caso rivela ciò che è sepolto. Negli anni ’50, il gesto del pittore determinò sulla tela il confine tra il buio e il chiaro, il segreto e il rivelato.
Quindi, con i primi Mariales, dipinse sulla superficie di una tela stropicciata, lasciando che le forme nascessero senza controllo, a pieghe casuali. Questa invenzione pittorica rende la tela un materiale attivo, in parti uguali con il pittore. Apre un percorso in cui i giovani artisti si precipitano alla ricerca di nuovi mezzi per la pittura. Difeso dalla Jean Fournier Gallery, Simon Hantaï diventa il centro di gravità di un’intera generazione di artisti, in un momento in cui la pittura deve reinventarsi di fronte alla nascita di nuove pratiche. Fu durante la sua permanenza a Varengeville-sur-Mer nel 1963 che nacque la serie Catamurons. Trincerato in quasi silenzio dal 1982, l’anno in cui prese la decisione di smettere di produrre, morì nel 2008.
Tra il 2009 e il 2016, dodici dipinti di Simon Hantaï si sono uniti alla Gandur Foundation for Art. Questa straordinaria voce risponde alla convinzione che l’artista, sebbene ancora in gran parte sconosciuto, è una delle figure essenziali nel rilancio dell’arte astratta del dopoguerra. All’interno della collezione, i dipinti di Simon Hantaï competono per numero e importanza con quelli di Martin Barré e Jean Degottex, due corpora contemporanei riuniti insieme con la stessa preoccupazione per la qualità e la rappresentatività.