Il 23 ottobre del 1915 andò in scena negli Stati Uniti una delle manifestazioni più iconiche della storia del femminismo. Quel giorno di 105 anni fa, a New York, circa 30mila donne (le stime più attendibili oscillano fra 25 e 33mila) marciarono lungo la Fifth Avenue per chiedere il suffragio universale. Erano di tutte le età, indossavano vesti bianche e tenevano in mano cartelli con slogan come “un voto di suffragio è un voto di giustizia”, o “ti fidi di noi con i bambini, fidati di noi con il voto”.
A guidarle era l’attivista Alice Paul, leader storica della branca statunitense delle Suffragette, movimento nato nel XIX Secolo in Gran Bretagna per ottenere la parità fra uomini e donne non solo sotto il profilo politico, ma anche giuridico ed economico.
La marcia del 1915 fu un momento simbolicamente molto importante per la battagli delle suffragette, ma non segnò una vera e propria svolta. La vittoria finale del movimento arrivò soltanto cinque anni più tardi, nel 1920, quando il Congresso approvò il diciannovesimo emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti, che garantì il diritto di voto alle donne in tutto il territorio della Federazione.
Fra la marcia e la ratifica dell’emendamento, le suffragette organizzarono ancora decine di manifestazioni, scioperi fiscali, picchetti davanti alla Casa Bianca (con le militanti che si incatenavano ai cancelli o si stendevano sul selciato).
Non solo. Quelli furono anche gli anni della Prima Guerra Mondiale, che portò al fronte centinaia di migliaia di uomini, obbligando le donne ad assumere ruoli e responsabilità (nella vita pubblica come in quella privata) che fino ad allora erano stati tipicamente maschili. In questo senso, il conflitto si rivelò un importante acceleratore di mutamenti sociali avviati nei decenni precedenti e assestò un duro colpo alla mentalità patriarcale dell’epoca, che di certo non fu sovvertita, ma registrò comunque cambiamenti significativi in un arco di tempo relativamente breve.