Nonostante le incertezze legate a possibili nuove chiusure, filtra più di un elemento di positività dalle aziende venete per l’andamento del quarto trimestre dell’anno. Con grande cautela e misurando gli aggettivi lo conferma anche il presidente degli industriali veneti, Enrico Carraro, guardando soprattutto a quei comparti che stanno performando oltre le aspettative. Cautela d’obbligo visto che, guardando indietro solo di pochi mesi, in Veneto nel periodo marzo-aprile il 41,5% delle imprese ha visto ridursi di almeno il 50% il proprio fatturato.
“I prossimi mesi saranno decisivi per il futuro economico ed industriale del Veneto e del nostro Paese. Sarà fondamentale che le Regioni e le associazioni di categoria siano coinvolte dal governo nella definizione delle future politiche industriali. Penso in special modo alle risorse che diventeranno disponibili con i fondi del Recovery Fund e con gli altri programmi europei di sviluppo. Il mio messaggio alla politica è molto netto: lavoriamo assieme, facciamo tutti gli sforzi possibili per dialogare in modo costruttivo», osserva il presidente Carraro, di fatto lanciando un messaggio di massima apertura e collaborazione con il governo centrale e regionale.
Presidente Carraro, il capo della Confindustria nazionale Carlo Bonomi commentando le elezioni regionali ha ribadito: “Non ci interessiamo di politica, ne stiamo fuori. Facciamo politica economica”. La politica economica passa però per la politica: dal suo osservatorio veneto che messaggio prioritario vuole lanciare nel dibattito economico nazionale?
«Un messaggio di “metodo”: ci aspettano mesi difficili e scelte importanti, dobbiamo collaborare per portare fuori il Paese dalla crisi e scegliere assieme quali saranno le grandi aree di investimento dove mettere risorse e fondi».
Probabilmente si dovranno gestire ancora settimane, forse mesi, di emergenza sanitaria. Che dati vi arrivano su produzione e ordinativi per la fine dell’anno?
«Sicuramente dati eterogenei, registriamo comunque numeri molto incoraggianti per alcuni specifici comparti. Il settore arredo e la filiera del legno legata alla casa stanno performando molto bene, addirittura si segnalano dati migliori del 2019. Un segnale molto positivo arriva in questi settori anche dalla domanda interna, cosa assolutamente non scontata. Anche la meccanica e l’elettromeccanica stanno reagendo bene e alcune realtà contano di chiudere il 2020 con il “segno più”. Qualche spiraglio di luce si intravede inoltre per la filiera legata all’automotive. Soffre invece il settore moda, storicamente uno dei punti di forza dell’economia veneta, e ovviamente tutto l’indotto industriale che ruota attorno al turismo».
Sulle politiche attive del lavoro c’è stata una contrapposizione totale tra Confindustria e il governo. Il Veneto poi su queste tematiche fa storia a parte.
«Se parliamo di Reddito di Cittadinanza è nota la nostra posizione, ci è stato raccontato che sarebbe stato accompagnato da imponenti politiche di riqualificazione professionale e in realtà è stato una pura misura assistenzialistica. Assodato che le formule di sostegno al reddito devono essere mantenute e migliorate, noi auspichiamo che il Rdc venga superato. Detto questo oggi, pur in una grande incertezza, ci sono aziende che potrebbero già assumere nuove professionalità. Ma cosa è stato fatto, per esempio, per riqualificare chi è uscito dal mercato del lavoro e farlo “assorbire” in quei comparti industriali che oggi richiedono nuovi ingressi?».
Sul capitolo investimenti: in Veneto cosa servirebbe dal vostro punto di vista?
«Le infrastrutture sono in grado di generare un importante volano di crescita, vale lo stesso ragionamento per quanto riguarda l’edilizia. Il Veneto avrà nei prossimi anni una serie di grandi opportunità per rendere ancora più competitiva la nostra Regione, penso per esempio a tutto quello che riguarda l’Alta Velocità e la mobilità sostenibile».
Ci sono aspettative notevoli per la grande partita dei progetti legati al Recovery Fund, lo strumento che dovrebbe far ripartire l’economia europea nel post–Covid.
«La mia preoccupazione riguarda le tempistiche, finita l’emergenza sanitaria bisogna avere i progetti ben definiti. Non possiamo perderci in dibattiti politici infiniti e poi non avere la minima idea di dove andare a mettere le risorse. La politica veneta, per rimanere nella nostra Regione, ha una opportunità enorme: dobbiamo essere pronti e in prima linea per richiedere e attirare gli investimenti».
La pandemia ha messo ancora una volta alle strette quelle aziende, di solito piccole o piccolissime, con “taglie” finanziarie ridotte. Sono le più esposte alle tensioni lungo la catena produttiva e le più fragili dal punto di vista degli equilibri finanziari. Ci sarà una altra grande riorganizzazione a Nordest come in parte è avvenuto dopo il 2008?
«Concordo in parte, l’aspetto dimensionale è importante ma non sempre determinante. Certo, affrontare mercati sempre più complessi richiede sforzi notevoli per le aziende piccole, così come la riorganizzazione di alcune filiere imporrà dei cambiamenti rilevanti. Ci sono spiragli di positività anche per le Pmi: le “lavorazioni intelligenti” o le produzioni ad alto valore aggiunto possono ritornare prima di quanto si immagini qui nei nostri distretti. Questa crisi darà invece una accelerazione notevole ai cambiamenti che ci impone il paradigma della sostenibilità ambientale».