“Oggi portiamo a termine un’operazione che ci vede tutti vincitori: grazie alla decisione – di cui siamo orgogliosi – del 90,2% degli azionisti di Ubi Banca di entrare a far parte di Intesa Sanpaolo, daremo vita a una nuova realtà in grado di rafforzare il sistema finanziario italiano e di ricoprire un ruolo di leader nello scenario bancario europeo”. Sono le prime parole del Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, dopo il trionfo dell’Opas (offerta pubblica di acquisto e scambio) lanciata a metà febbraio su Ubi Banca, che consolida la leadership italiana di Ca’ de Sass e ne fa il terzo gruppo europeo. Il risultato è oltre le previsioni, con il 90,2% di adesioni, e, per un pugno di titoli, renderà necessario il lancio dell’Opa residuale che permetterà a tutti gli azionisti Ubi di usufruire delle stesse condizioni (anzi, per certi versi, migliori) delle quali gode chi ha già consegnato le azioni all’offerente, che dovrà però accollarsi un esborso supplementare di circa 400 milioni.
Messina ha sottolineato i benefici che l’Opas genererà per azionisti, imprese e famiglie e che sempre di più farà di Intesa Sanpaolo “un fattore chiave nella competitività del sistema Italia sulla scena globale, sostenendo così la ripresa dell’occupazione, specie quella giovanile”. In cifre, il nuovo gruppo bancario frutto della fusione tra Intesa e Ubi Banca, che avverrà nei prossimi mesi, conterà su 100 mila dipendenti, su un ammontare di impieghi di oltre 450 miliardi di euro, su oltre 1,1 trilioni di euro di risparmio da gestire, su 21 miliardi di ricavi e su dividendi sempre molto alti.
Messina non ha mancato di riconoscere l’onore delle armi a Ubi Banca e in particolare al suo Ceo Victor Massiah, che per coerenza non ha consegnato all’Opas le sue 700 mila azioni e che lunedì potrebbe dimettersi.
Ormai comincia un’altra storia: non solo per Intesa Sanpaolo, ma per l’intero sistema bancario italiano, che si appresta a vivere una stagione di nuove aggregazioni.